Necrologio
scritto dai colleghi professori universitari della Sapienza
A Roma, sposo da dieci mesi, il 14 settembre 1919 moriva il dott. BRUNO BRUNACCI, docente di Fisiologia ed aiuto nell’Istituto Fisiologico della R. Università di Roma.
Una nefrite, acquisita, o, quanto meno, aggravata insidiosamente dal servizio militare, ne minò e troncò la esistenza, quando il giusto coronamento delle sue fatiche lo attendeva.
Era il fato tragico della famiglia, che in Lui – dopo il cognato, direttore del Manicomio provinciale di Macerata, perito a 35 anni, vittima eroica del dovere, nel dicembre 1911 (premio “Carnégie”) – e dopo l’adorato minor fratello Francesco (nato il 9.1.1882), tenente nel 1° artiglieria da montagna, invano scampato da prode in tutte le guerre libiche, per finir, pur esso vittima del dovere nel lontano desolato Fezzan (2 settembre 1914) – volle la terza giovinezza nel breve giro novennale.
Nacque a Potenza Picena, nel 19 dicembre 1879, da Cesare ed Giovanna Bocci e da famiglia antichissima, della quale una donna, Piera, fu cognata a Dante Alighieri, ed alla quale appartenne il celebre Cardinale Ercole Brunacci-Consalvi, ministro di Pio VII.
Nel luglio si laureò in Medicina e Chirurgia a Roma.
Dall’ottobre dello stesso anno al novembre 1912 fu assistente nell’Istituto di Fisiologia di Siena, ottenendo la docenza in fisiologia sperimentale.
Successivamente fu assistente, e quindi aiuto presso l’Istituto di Fisiologia di Roma.
Alla squisita delicatezza del sentire, unì bontà e nobiltà d’animo eccezionali, vivace intelligenza, vasta cultura, equilibrio, fermezza di carattere insospettata attraverso la sua mitezza.
Parco di parole, affidabile ed affettuoso nella intimità famigliare ed amichevole anche verso i più umili, ebbe raro il sorriso dopo la fine dell’adorato fratello Francesco, le cui ossa aride neppur ebbero conforto di sepoltura.
Amante della scienza e del vero scientifico, ne fu scrupoloso ricercatore, mai deflettendo da quella onestà di metodo, che deve esser vanto e dovere di ogni studioso, nè per miraggi di più rapida carriera, nè di più facili lucri.
Persuaso, che più uno studia più sa di saper poco, fu modesto nel valutare l’opera propria, ma giusto estimatore di quella altrui.
Lasciò vari gruppi di pubblicazioni, che riassumono i risultati di ricerche originali, ammirevoli per la precisa impostazione dei problemi, per la scrupolosa esattezza della tecnica e per il rigore logico delle conclusioni.
Pregevoli contributi egli portò specialmente alla conoscenza della secrezione parotidea e biliare nell’uomo, dell’adattamento degli anfibi all’ambiente liquido esterno mediante la regolazione della pressione dei loro liquidi interni, ecc.
Durante la guerra prestò l’opera sua in qualità di capitano medico, e trovò modo di dedicare la sua attività particolare a problemi attinenti all’alimentazione dei soldati.
Come già l’insigne antenato, il matematico Vincenzo Brunacci, Ispettore generale della Pubblica Istruzione, prof. di calcolo sublime a Pisa, Parigi e Pavia, che fu rapito nel fiore dell’età al mondo scientifico ed alla patria nel 1818, così anzi tempo, l’invida morte strappò all’affetto dei parenti e degli amici, alla stima dei colleghi e discepoli, all’ammirazione di quanti avevano potuto apprezzarne le doti, il professor Bruno Brunacci.
Vada alla sua memoria il saluto memore di quelli che lo amarono.
Con Bruno Brunacci è scomparsa un’austera figura di uomo e di scienziato da additarsi ad esempio alla gioventù non procacciante.
Torino – Stamperia dell’Unione Tipografico-Editrice Torinese – 1921