IL MUSEO UNIVERSALE
DAL 16 DICEMBRE 2016 AL 12 MARZO 2017
SCUDERIE DEL QUIRINALE – ROMA
Sottotitolo: " dal sogno di Napoleone a Canova"
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DAL 16 DICEMBRE 2016 AL 12 MARZO 2017
SCUDERIE DEL QUIRINALE – ROMA
Sottotitolo: " dal sogno di Napoleone a Canova"
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A cura di Valter Curzi, Carolina Brook e Claudio Parisi Presicce
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Finalmente oggi, 24 gennaio 2017, sono riuscito ad andare ad ammirare alle Scuderie del Quirinale la mostra su alcune opere d'arte che Napoleone fece requisire su tutto il territorio italiano e trasferire in Francia.
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Parte di queste opere tornarono in Italia dopo la sconfitta di Napoleone.
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Ma lasciamo la parola ai curatori della mostra. Nell'opuscolo si legge:
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"Nel 2016 ricorre un anniversario di fondamentale importanza per la storia civile e culturale dell'Europa e, in particolare, dell'Italia.
Risale infatti al 1816 il rientro a Roma dei capolavori artistici e archeologici dello Stato Pontificio requisiti dai napoleonici.
Questo episodio fu preceduto e accompagnato dal recupero da parte di altre amministrazioni della penisola di molti degli oltre 500 dipinti che, tra il 1796 ed il 1814 nel corso delle campagne militari francesi, erano stati prelevati dai territori italiani, inviati a Parigi e selezionati per essere esposti nel nascente Museo del Louvre.
Contemporaneamente al rientro delle opere migrate in Francia, l'Italia tutta si troverà a interrogarsi per la prima volta sul destino di migliaia di opere d'arte che avevano abbandonato chiese e conventi a seguito della soppressione degli ordini religiosi nei primi anni dell'Ottocento.
La fortuna del Museo del Louvre come museo universale, le perdite di alcuni capolavori rimasti in Francia, ma soprattutto la demanializzazione di una vera e propria massa di opere d'arte accumulatesi in depositi improvvisati, alimentarono un dibattito vivace sul valore pubblico del patrimonio artistico, favorendo l'apertura di musei ancora oggi tra le realtà più significative del Paese: è il caso, ad esempio, della Pinacoteca di Brera, delle Gallerie dell'Accademia di Venezia o della Pinacoteca di Bologna.
E all'interno di questi come di altri musei, in Italia e all'estero, i quali osservarono con interesse l'esperienza del Louvre, che procedette a una rivisitazione della storia dell'arte con avanzamenti significativi sia sul piano critico, sia nella valorizzazione del patrimonio culturale.
L'interesse della mostra è dunque quello di ripercorrere le tappe salienti della vicenda storica, ma soprattutto di restituire una lettura critica in grado di sensibilizzare oggi il pubblico al valore che assunse allora il patrimonio culturale nazionale, visto per la prima volta come strumento principe di educazione del cittadino e, insieme, perno di una comune identità europea.
Tale lettura è sembrata ancora oggi di stringente attualità, per cui l'esposizione si pone anche come occasione per riflettere sul patrimonio culturale come terreno privilegiato per la definizione di una lingua comune dell'Europa."
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A completamento di quanto scritto dai curatori, riporterò poi qui di seguito alcuni link di ricerche precedentemente effettuate dal sottoscritto, le quali serviranno a dare una migliore informazione sulle opere portate dai napoleonici "non solo a Parigi" e del perchè non siano tutte ritornate in Italia.
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Ma andiamo avnti, prima, con la mia visita alla mostra.
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Mentre attendo che aprano le porte delle Scuderie del Quirinale, osservo la bellissima piazza del Quirinale.
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Al centro della piazza si trova il grande gruppo scultoreo della Fontana dei Dioscuri, chiamata anche Fontana di Monte Cavallo, di età imperiale, proveniente dalle Terme di Costantino, raffigurante i gemelli Castore e Polluce, i Dioscuri, che tengono per le redini i loro cavalli. Inserito nel gruppo un obelisco che si trovava nel Mausoleo di Augusto. Coincidenza vuole che questa Fontana dei Dioscuri fu restaurata proprio dagli artefici del ritorno delle opere d'arte dalla Francia, ovvero Pio VII, a cui essa è dedicata, e Ercole Consalvi, suo Segretario di Stato.
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Finalmente oggi, 24 gennaio 2017, sono riuscito ad andare ad ammirare alle Scuderie del Quirinale la mostra su alcune opere d'arte che Napoleone fece requisire su tutto il territorio italiano e trasferire in Francia.
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Parte di queste opere tornarono in Italia dopo la sconfitta di Napoleone.
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Ma lasciamo la parola ai curatori della mostra. Nell'opuscolo si legge:
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"Nel 2016 ricorre un anniversario di fondamentale importanza per la storia civile e culturale dell'Europa e, in particolare, dell'Italia.
Risale infatti al 1816 il rientro a Roma dei capolavori artistici e archeologici dello Stato Pontificio requisiti dai napoleonici.
Questo episodio fu preceduto e accompagnato dal recupero da parte di altre amministrazioni della penisola di molti degli oltre 500 dipinti che, tra il 1796 ed il 1814 nel corso delle campagne militari francesi, erano stati prelevati dai territori italiani, inviati a Parigi e selezionati per essere esposti nel nascente Museo del Louvre.
Contemporaneamente al rientro delle opere migrate in Francia, l'Italia tutta si troverà a interrogarsi per la prima volta sul destino di migliaia di opere d'arte che avevano abbandonato chiese e conventi a seguito della soppressione degli ordini religiosi nei primi anni dell'Ottocento.
La fortuna del Museo del Louvre come museo universale, le perdite di alcuni capolavori rimasti in Francia, ma soprattutto la demanializzazione di una vera e propria massa di opere d'arte accumulatesi in depositi improvvisati, alimentarono un dibattito vivace sul valore pubblico del patrimonio artistico, favorendo l'apertura di musei ancora oggi tra le realtà più significative del Paese: è il caso, ad esempio, della Pinacoteca di Brera, delle Gallerie dell'Accademia di Venezia o della Pinacoteca di Bologna.
E all'interno di questi come di altri musei, in Italia e all'estero, i quali osservarono con interesse l'esperienza del Louvre, che procedette a una rivisitazione della storia dell'arte con avanzamenti significativi sia sul piano critico, sia nella valorizzazione del patrimonio culturale.
L'interesse della mostra è dunque quello di ripercorrere le tappe salienti della vicenda storica, ma soprattutto di restituire una lettura critica in grado di sensibilizzare oggi il pubblico al valore che assunse allora il patrimonio culturale nazionale, visto per la prima volta come strumento principe di educazione del cittadino e, insieme, perno di una comune identità europea.
Tale lettura è sembrata ancora oggi di stringente attualità, per cui l'esposizione si pone anche come occasione per riflettere sul patrimonio culturale come terreno privilegiato per la definizione di una lingua comune dell'Europa."
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A completamento di quanto scritto dai curatori, riporterò poi qui di seguito alcuni link di ricerche precedentemente effettuate dal sottoscritto, le quali serviranno a dare una migliore informazione sulle opere portate dai napoleonici "non solo a Parigi" e del perchè non siano tutte ritornate in Italia.
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Ma andiamo avnti, prima, con la mia visita alla mostra.
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Mentre attendo che aprano le porte delle Scuderie del Quirinale, osservo la bellissima piazza del Quirinale.
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Al centro della piazza si trova il grande gruppo scultoreo della Fontana dei Dioscuri, chiamata anche Fontana di Monte Cavallo, di età imperiale, proveniente dalle Terme di Costantino, raffigurante i gemelli Castore e Polluce, i Dioscuri, che tengono per le redini i loro cavalli. Inserito nel gruppo un obelisco che si trovava nel Mausoleo di Augusto. Coincidenza vuole che questa Fontana dei Dioscuri fu restaurata proprio dagli artefici del ritorno delle opere d'arte dalla Francia, ovvero Pio VII, a cui essa è dedicata, e Ercole Consalvi, suo Segretario di Stato.
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Il lato est della piazza, è delimitato dal Palazzo della Consulta, già tribunale dello Stato Pontificio, poi Ministero dell'Africa Italiana, ora sede, dal 1955, della Corte Costituzionale. Osservo che davanti al Palazzo della Consulta, dove nel 1824 morì proprio il Consalvi, (come ben lo conferma la Dr.ssa Maria Gemma Paviolo) vi sono varie postazioni televisive in attesa della sentenza della Consulta sulla nostra legge elettorale, detta l'Italicum.
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Finalmente, alle ore 10,00 in punto, si apre il portone e entro … per primo!
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Mi dirigo al primo piano dove intravedo subito il Gruppo del Lacoonte, che fu dissotterrato ben 500 anni fa in una vigna romana. Mi accorgo, però, quasi subito che per avere almeno quasi 2000 anni la statua mi sembrava fin troppo pulita e bianca. Mi rivolgo ad un addetto, il quale mi fa notare che si tratta di una copia in gesso. Quindi, sono andato a vedere una copia in gesso! Anche un'altra statua lì vicino è una copia in gesso, per cui passo oltre.
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Prima di passare oltre, però, leggo l'iscrizione posta vicino al Gruppo del Lacoonte, che mi manda per traverso la giornata. Qui leggo che fu il Canova a recuperare "politicamente" le opere d'arte portate in Francia da Napoleone.
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Con questa affermazione praticamente saltiamo il Congesso di Vienna, dove fu il Consalvi ad ottenere questo ed altro, per poi inviare il Canova a Parigi per conto dello Stato Pontificio e sotto le sue direttive. Per questo suo difficilissimo "lavoro" , visto che non sarebbe stato facile portarlo a termine, il Canova fu pagato e ricompensato (1). Del resto basta leggere la corrispondenza tra il Canova ed il Consalvi al riguardo.
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(1)
Ritornato a Roma la sera del 3 gennaio 1816, Canova fu prontamente ricevuto dal pontefice che, in segno di ringraziamento per aver recuperato le opere d'arte italiane trafugate in Francia, lo insignì del titolo di «marchese d'Ischia» e lo ascrisse nel libro d'Oro del Campidoglio.
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Passo oltre e vedo l'Apollo del Belvedere, che tanto farà impazzire il Feuerbach (2), padre del pittore Anselm o "Anselmo" (3), come lo chiamavano le sue due "muse romane".
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(2)
Der vaticanische Apollo. Eine Reihe archäologischästhetischer Betrachtungen
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Finalmente, alle ore 10,00 in punto, si apre il portone e entro … per primo!
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Mi dirigo al primo piano dove intravedo subito il Gruppo del Lacoonte, che fu dissotterrato ben 500 anni fa in una vigna romana. Mi accorgo, però, quasi subito che per avere almeno quasi 2000 anni la statua mi sembrava fin troppo pulita e bianca. Mi rivolgo ad un addetto, il quale mi fa notare che si tratta di una copia in gesso. Quindi, sono andato a vedere una copia in gesso! Anche un'altra statua lì vicino è una copia in gesso, per cui passo oltre.
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Prima di passare oltre, però, leggo l'iscrizione posta vicino al Gruppo del Lacoonte, che mi manda per traverso la giornata. Qui leggo che fu il Canova a recuperare "politicamente" le opere d'arte portate in Francia da Napoleone.
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Con questa affermazione praticamente saltiamo il Congesso di Vienna, dove fu il Consalvi ad ottenere questo ed altro, per poi inviare il Canova a Parigi per conto dello Stato Pontificio e sotto le sue direttive. Per questo suo difficilissimo "lavoro" , visto che non sarebbe stato facile portarlo a termine, il Canova fu pagato e ricompensato (1). Del resto basta leggere la corrispondenza tra il Canova ed il Consalvi al riguardo.
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(1)
Ritornato a Roma la sera del 3 gennaio 1816, Canova fu prontamente ricevuto dal pontefice che, in segno di ringraziamento per aver recuperato le opere d'arte italiane trafugate in Francia, lo insignì del titolo di «marchese d'Ischia» e lo ascrisse nel libro d'Oro del Campidoglio.
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Passo oltre e vedo l'Apollo del Belvedere, che tanto farà impazzire il Feuerbach (2), padre del pittore Anselm o "Anselmo" (3), come lo chiamavano le sue due "muse romane".
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(2)
Der vaticanische Apollo. Eine Reihe archäologischästhetischer Betrachtungen
by Feuerbach, Joseph Anselm, 1798-1851. Published 1855. Topics Apollo Belvedere, Sculpture, Greek
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(3)
Anselm Feuerbach (1829-1880), nato in Speyer in Germania e morto a Venezia, apparteneva a quella schiera di artisti, come il Goethe, il Winckelmann, e più recentemente l'Hartwig (che poverino chiese di essere sepolto a Roma nel cimitero acattolico), i quali nel '700 ed '800, innamorati dell’Italia ed in particolare di Roma, scendevano nella nostra penisola alla ricerca di ispirazione.
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La statua dell'Apollo è l'originale, ma "ancora per poco" – mi avverte la custode – "tra poco arriverà un'altra copia in gesso anche per l'Apollo"!
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Fortunatamente ho fatto in tempo ad ammirare anche l'originale della Venere Capitolina.
—
A questo punto, come avevo anticipato, allego qui di seguito altre informazioni sulle opere d'arte, trasferite in Francia da Napoleone e, soprattutto da suo zio il Card. Fesch, la cui collezione, come scrive Alessia Muliere, si dissolse nel nulla dopo la sua morte (ma a chi andò il ricavato della vendita? Vi sarà una lista dei compratori?).
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"All’improvviso un evento inatteso gratificante la vendita tra il 1840-5 deli 3000 quadri collezionati dal cardinale Fesch, zio di Napoleone, una vendita colossale, la più imponente che sia mai stata organizzata. Non c’è dubbio che essa sia paragonabile alla collezione Orleans quanto al numero dei capolavori messi sul mercato: si spaziava da Raffaello a Giorgione, da Leonardo a Michelangelo, da Rembrandt a Poussin e a Watteau. Il cardinale possedeva opere eminentissime e a volte del tutto ignorate e del pari la più strepitosa collezione di primitiva che sia mai esistita, fatta eccezione per quella di Solly. Non c’è dubbio, di conseguenza, che il fattore scelta svolgesse un ruolo primario. Dopo il 1845, con la dispersione della collezione Fesch, il volto del collezionismo europeo subì un cambiamento radicale, definitivo."
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In altre parole il Fesch, zio di Napoleone, disse al caro nipote: "uno a te, ed uno a me!". Mi riferisco ironicamente alle opere d'arte italiane che il Fesch trasferì nella sua "collezione privata"! Nessuno però ne scrive! Anzi, continuano ancora a chiamarlo benevolmente "collezionista"!
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– Il Cardinale Fesch
– Canova inviato a Parigi.
– Canova a Parigi, raccontato da Antonio Cederna.
- Canova a Parigi, racconntato dal prof. Tarcisio Turco.
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Prima di uscire dalle Scuderie del Quirinale, leggo uno scritto del Leopardi: "… e quelle opere immortali che erano e saranno sempre nostre dovunque la fortuna le sbalzi …" Giacomo Leopardi 1818
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(3)
Anselm Feuerbach (1829-1880), nato in Speyer in Germania e morto a Venezia, apparteneva a quella schiera di artisti, come il Goethe, il Winckelmann, e più recentemente l'Hartwig (che poverino chiese di essere sepolto a Roma nel cimitero acattolico), i quali nel '700 ed '800, innamorati dell’Italia ed in particolare di Roma, scendevano nella nostra penisola alla ricerca di ispirazione.
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La statua dell'Apollo è l'originale, ma "ancora per poco" – mi avverte la custode – "tra poco arriverà un'altra copia in gesso anche per l'Apollo"!
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Fortunatamente ho fatto in tempo ad ammirare anche l'originale della Venere Capitolina.
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A questo punto, come avevo anticipato, allego qui di seguito altre informazioni sulle opere d'arte, trasferite in Francia da Napoleone e, soprattutto da suo zio il Card. Fesch, la cui collezione, come scrive Alessia Muliere, si dissolse nel nulla dopo la sua morte (ma a chi andò il ricavato della vendita? Vi sarà una lista dei compratori?).
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"All’improvviso un evento inatteso gratificante la vendita tra il 1840-5 deli 3000 quadri collezionati dal cardinale Fesch, zio di Napoleone, una vendita colossale, la più imponente che sia mai stata organizzata. Non c’è dubbio che essa sia paragonabile alla collezione Orleans quanto al numero dei capolavori messi sul mercato: si spaziava da Raffaello a Giorgione, da Leonardo a Michelangelo, da Rembrandt a Poussin e a Watteau. Il cardinale possedeva opere eminentissime e a volte del tutto ignorate e del pari la più strepitosa collezione di primitiva che sia mai esistita, fatta eccezione per quella di Solly. Non c’è dubbio, di conseguenza, che il fattore scelta svolgesse un ruolo primario. Dopo il 1845, con la dispersione della collezione Fesch, il volto del collezionismo europeo subì un cambiamento radicale, definitivo."
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In altre parole il Fesch, zio di Napoleone, disse al caro nipote: "uno a te, ed uno a me!". Mi riferisco ironicamente alle opere d'arte italiane che il Fesch trasferì nella sua "collezione privata"! Nessuno però ne scrive! Anzi, continuano ancora a chiamarlo benevolmente "collezionista"!
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– Il Cardinale Fesch
– Canova inviato a Parigi.
– Canova a Parigi, raccontato da Antonio Cederna.
- Canova a Parigi, racconntato dal prof. Tarcisio Turco.
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Prima di uscire dalle Scuderie del Quirinale, leggo uno scritto del Leopardi: "… e quelle opere immortali che erano e saranno sempre nostre dovunque la fortuna le sbalzi …" Giacomo Leopardi 1818