Finalmente mi è arrivata dalla Biblioteca Nazionale Francese l’ODE di Gaudenzio Brunacci di Montenovo (Ostra Vetere).
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Essa si trova catalogata al n. YD-844.
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La riporto qui di seguito in pdf. ed anche trascritta.
Non sono sicuro, però, di averla trascritta senza errori.
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In pdf. cliccare su: ODE DI GAUDENZIO.
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TRASCRITTA DAL SOTTOSCRITTO:
Interessante è che Gaudenzio firma la sua ODE con "CLIO",
cioè con il nome della MUSA della STORIA.
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ODE DI GAUDENZIO BRUNACCI
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Nella Nascita Augustissima del Primogenito
di Leopoldo I e Margherita d’Austria
Imperatori Gloriosissimi
ODA
di Gaudentio Brunacci
consacrata alle Suddette Maestà
in Venetia, 1667
presso Giovan Pietro Brigonci
con Licenza de’ Superiori
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SACRE CESAREE
MAESTA’
Ecco finalmente quel Giorno altrettanto fortunevole, quanto sospirato, che ha ravvivato l’Austria, consolato la Germania, rallegrato l’Europa, e sollevato il Mondo Cattolico.
Fra le Pubbliche acclamazioni di tanti Sudditi, e di tante Provincie, e fra il Canto soave di tanti Cigni, che applaudiscono a sì repentina felicità, ha avuto ardire di farsi sentire pur anche col suo rauco suono un Alcione Palustre, che non si cura d’arrossire, purchè palesi la sua ossequiosa Devozione. (1)
Ma chissà, che appunto in questi giorni non meglio convenga, che il Canto di un Alcione, poscia che sono si cangiati in Calma i Marosi di una instabil Fortuna.
E veramente non mai più che in questo punto con evidenza si è veduto, che la Religiosissima Casa d’Austria è sopra d’ogni altra protetta dal Cielo; onde non è stupore se verificasi in Lei le proprietà dell’Aquila suo felicissimo Stemma, mentre che siccome questa, quanto egli è più turbata l’Aria di Nembi, tanto più intrepida in alto sorvola, così ella sorge alle Grandezze.
Anzi di più mi detta l’ossequio del Cuore, che siccome l’Aquila è il Volatile di Giove, a cui tiene apprestati i Fulmini per atterrare de’ Titani l’orgoglio: così l’Augustissima Casa d’AUSTRIA sia quella riserbata dal vero Giove per solo mezzo d’abbattere i Nimici del Cielo. E resto
Di V.V.Sac.Cef. Maestà
Venetia li 20. Ottobre 1667
Humilissimus Divotissimus Ossequiosissimus Servus
Gaudentio Brunacci
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ODA
Ch’è una gran parte della Felicità l’aver Figli.
Io chiamo te da l’immortal Permesso
Lodatrice d’Heroi,
Cui serpeggia sul Crine aureo Monile.
Bella Clio; per te sol mi sia permesso
Fin’à l’Arto, e à gl’Eoi
Che vada à rimbombar mio Canto Humile.
Tu di Cirra gentile
I numeri canori al fen m’ispira;
Indi reggendo il suon tempra la Lira.
Ma sospendi la Lira! E pria, che scocchi
Contro Lethe nemica
Da l’Arco eburno armoniche Saette;
V’è Heroe deh dinne à cui la gloria tocchi
In sen di sorte Amica
Non mai fruir qua giù gioie intercette?
O se fortuna infette
Di Tosco reostilla l’Ambrosie, e come
Suona felice hoggi d’Augusto il nome?
Primo Splendor de’ Cesari, del Mondo
Debellatore invitto
Fortunato Regnante altri l’acclama.
Hor ne l’Attiaco Agon Nereo profondo,
Hor l’arenosa Egitto,
Hora il Sicambro espugnatore il chiama.
La bellicosa Fama
Narra sue glorie ad Hespero, & adora
Lui, pria che’l Sol, la stupefatta Aurora.
Lauri à lui nutre Pindo, e Palme Idume.
Ma s’aprirem sinceri
Lumi, e chi sel credea con occhio asciutto?
Orbo di Prole in agitate Piume
Si de’ sudati Imperi
Vivente ancor mirar disperso il frutto.
Tal secondo di lutto
Languia’l Talamo Augusto, e ben che ambiti
Non udiva il Tarpeo Regij Vagiti.
Hor prendi pur l’aurea faretra, e’l Canto
Sciogli ò Castalia Arciera
E d’Austria il Ciel sia scopo a’ dardi nostri
Ne la famosa Reggia in egual Vanto
Merto, e fortuna impera
Frà i riveriti rai di Palme, e d’Ostri.
Gran LEOPOLDO son vostri
Si bei Trionfi, e con non finta laude
A voi mia Musa humiliata applaude.
Voi Progenie d’Heroi, Sangue di Regi
D’Avi sublimi, e invitti,
inclito figlio, e non minor Nipote;
Crescete à i lor Trofei Palladij fregi,
Hor che con ferrei Editti
Il Trono Imperial Marte non scuote;
V’inchinan di Boote
Le si temute Sponde, e sete solo
Il Giove voi del più gelato Polo.
Tentò forza Flegrea di Tracia Luna
Già da Liburni Campi
Sparger per tutta l’Austria i suoi furori.
Di tanti Bronzi sospirò Fortuna
A i fumicosi vampi
Fatta suddita homai d’altrui rigori.
Sciti, Tartari, e Mori
Tutto tentar, ma la Cesarea mano
Pria gli represse, e poi distese al piano.
E portava su’l Nilo, e su’l Scamandro
L’Armi trionfatrici
Ne fora hor più Gerusalem captiva.
Già novello Alessandro
Con l’insegne Vittrici
Fin’à gl’Indi passare ogn’un v’udiva.
Ma’l Lauro in verde Uliva
Cangiossi, e d’Ahi negò fatal contrasto
Al Cattolico Mondo un tanto fasto!
Ma chi contar può di fiorito Campo
Le baldanzose Pompe
O di notturno Ciel gl’Ostri lucenti?
Confusa è Clio di tanti pregi al lampo
L’alta Impresa interrompe,
e su’l labro cantor torpon gl’accenti.
Silenti riverenti
Son pari à l’opra, ove esaltar si denno
Stretti in rara Amistà Valore, e Senno.
Sferziam dunque altre Corde, e à le sestine
Voci, ond’Istro rimbomba
Accoppiam noi, ben che mal noto il suono.
Ecco l’Etra ammolcir Cetre giulive
Freme Armonica Tromba
E l’Aure scosse Echi di Gioia hor sono.
Miste a confuso Tuono
Vomitan fiamme accesi Bronzi, e mille
Volano per lo Ciel fauste faville.
Tutto è tua gloria alfin Gran MARGHERITA
Che’l Talamo fecondo
A’l Austriaco Emisfero in forte hai dato.
O quai strani Portenti ecco n’addita, hor che disserra al Mondo
Le Porte d’Or su’l più bel Polo il Fato.
Il Mare, il Sol turbato
Produce Arabe Perle, & hora è Prole
D’una PERLA d’Iberia Artico Sole.
CLIO