La ricerca sulle Famiglie Consalvi e Bavari di Supino, ed il loro legame con il Card. Ercole Brunacci Consalvi, si arricchisce di altri due elementi, trovati nel sito a “San Cataldo”, patrono di Supino.
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http://www.sancataldosupino.com/supino_san_cataldo_e_la_ciociaria.html
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In questo sito si legge:
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IL ”BRACCIO DI SAN CATALDO”
Una data memorabile nella storia di Supino che ha eletto S. Cataldo a suo Celeste Avvocato, è quella del 19 aprile 1653. Quel giorno fra Filippo Foglietta cappuccino, valente oratore e concittadino, consegnò alle autorità religiose e civili una reliquia estratta dal braccio di San Cataldo, concessagli dopo ripetute istanze da mons. Tommaso Caracciolo, allora arcivescovo di Taranto, la città che conserva il corpo del Santo rinvenuto nel 1050 dietro una scia di profumo che da esso si sprigionava. Detta reliquia è custodita in una teca d’argento a forma di braccio che termina con mano benedicente ed è una squisita opera d’oreficeria.
Essa fu donata nel 1715 (o ‘19) dall’arciprete Meschini. L’artistico reliquiario è conservato oggi nella insigne collegiata di Santa Maria Maggiore.
Il grande avvenimento della consegna della preziosa reliquia si legge in un documento che, pur nei termini curiali dell’epoca, ci manifesta il fervore del sacerdote cappuccino predicatore ed insieme la sua gioia dì aver dotato il suo paese natale di si gran privilegio.“Nel pontificato di Nostro Signore Papa Innocentio Decimo – cosi esordisce il documento – nell’anno octavo et inditione sexta 1653, addì 20 aprile giorno di domenica in Albis; essendo me io frà Felippi de Supino… conferito nella città di Taranto e per Divina Grazia con le mie istanze più volte fatte con Monsignore Illustrissimo Aricuescouo di detta Città ho auto un pezzo di Braccio.., e, uolendo perciò procedere mchemodo si abbia a conseruare la detta Santa Reliquia per ogni bon respetto, decoro e deuozione fu fatto scriuere gli infrascritti capitoli da osservarsi in perpetuum nella Terra di Supino mia Patria…”.
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Il documento continua disponendo che la Reliquia venga affidata alla chiesa di Santa Maria “arbitrio del Signor Abate (allora don Gerolamo Consalvi) e Signori Officiali” di Supino; che siano fatte due chiavi per la “cassa doue si conserverà la Reliquia”. Nello stesso atto leggiamo infine che la consegna della reliquia avvenne “nella casa di Zasciurella a Capo Alli Prati uicino la strada della Mola e quella che va a privato, signor gauernatore di Supino il signore D. Alessandro Masille di Morolo e signore Benedetto Torto da Frosinone”.
La reliquia viene portata in processione l’8 marzo “dies natalis” del Santo, festività che il popolo ama chiamare “San Cataldino”. La processione del “Braccio di S. Cataldo” si ripete nei giorni 9 e 10 maggio, con il “gran concorso” dei pellegrini provenienti da ogni parte. Chi si reca a visitare il Santo non può non rimanere preso da un senso di austerità e di dolcezza insieme che emana dalla statua.
Lo sguardo di S. Cataldo “protettore” è come sospeso tra cielo terra, quasi per dire che San Cataldo è vicino ai sofferenti e pronto, nel medesimo, a elevare gli occhi al Cielo, desiderosi solo di intercedere. La statua che si venera oggi è quella ricostruita su disegno dì Ernesto Biondi, ancor quindicenne.Un incendio, provocato dall’incuria di un chierico, aveva distrutto, nel 1870, l’antico simulacro. Il grave fatto costernò i numerosissimi fedeli. Era il tempo del Concilio Vaticano I e lo stesso arcivescovo di Taranto, mons. Giuseppe Rotundo, trovandosi a Roma ed informato dell’accaduto, volle raggiungere il nostro santuario e in seguito fece dono di una reliquia per la nuova statua.
Tuttora questa reliquia si vede nel fermaglio che sorregge il piviale del Santo Vescovo. L’incendio del 1870, fu, un pò la “provvida sventura”: i Supinesi e i devoti del Santo poterono riavere la statua del loro taumaturgo più bella, forse, della precedente. Ernesto Biondi, al quale si aprirono da allora probabilmente le porte della celebrità, fu salutato dal grido di giubilo di un popolano: “Avviva Ernesto Biondi! Avviva San Cataldo!”.E’ lo stesso Biondi che narra l’occasione e le vicende che portarono alla ricostruzione della statua di San Cataldo. “Un giorno ero accoccolato accanto al fuoco e ascoltavo la mamma che mi raccontava come venivano puniti all’inferno i ragazzi impertinenti, quando si presentò a noi l’arciprete Colonna “Questi, afflitto per la perdita della statua e non sapendo a… qual santo rivolgersi per dotare il suo paese natìo di una nuova, entrò in casa di Angelo Biondi per accertarsi se il figlio di questi era in grado di disegnare il volto di San Cataldo. Era qualche anno che il ragazzo non aveva più avuto occasione di rivedere l’effigie, ma ciò non impedì alla sua facile e felice mano di riprodurre il volto “così com’era”, Il racconto dell’Artista cosi continua: “il giorno dopo la festa di San Cataldo, disegnata da me, faceva il giro di Supino. Tutti la trovarono somigliante, e tutti ringraziarono il Santo, che si era degnato di farsi ritrovare da un ragazzo…”Premio alla bravura del ragazzo, un viaggio a Roma, dove il futuro scultore morolano andò tutto vestito a nuovo, e a differenza del Valentino pascoliano, con le scarpe nuove… “senza chiodi”!
Il comitato per la ricostruzione della statua presentò il disegno del Biondi a “un artefice che aveva bottega di scultore… in una via ora scomparsa, nei pressi di S. Andrea della Valle”.Le labbra dell'”artefice romano”, rimasto sconosciuto, si mossero ad un sorriso di compiacimento verso il ragazzo autore del disegno. Ma il vecchio non sapeva di sorridere al futuro scultore dei “Saturnali”! La statua in breve fu pronta con “sollievo di tutti”. Nei giorni della festa e delle maggiori solennità religiose, la statua viene adornata con una mitria in argento tempestata di pietre preziose, dono del card. Giacomo Antonelli, segretario di Pio IX. Altri oggetti di valore, di cui si fregia il venerato simulacro, furono donati dal vescovo di Ferentino, mons.Tirabassi il 5 marzo 1853 e sono una catena con una croce pettorale in oro, un anello pontificale e un pastorale. Il 10 maggio la statua vien portata solennemente in processione per le vie del paese su un pregevole trono costruito in legno dorato in stile neoclassico (art. Camillo De Paolis Foglietta). La processione di San Cataldo costituisce per i Supinesi e per i devoti l’avvenimento più grandioso del paese e uno dei momenti più alti della loro vita spirituale.Una interminabile doppia fila di pellegrini e di Supinesi recanti ceri votivi di ogni proporzione. precedono la statua del Santo, portata a spalle dagli incollatori in veste bianca che hanno fatto prima la loro spontanea offerta per ricevere l’onore di portare San Cataldo in processione. E i canti si susseguono ai canti, nel festoso rincorrersi delle campane le invocazioni di grazie prorompono dai cuori e le lacrime degli afflitti brillano, ai piedi del Santo. di fede e di amore. E’ un tripudio fatto di trepidante attesa, di fiduciosa speranza:”Viva, viva sempre viva San Cataldo protettore…”Raggiunto il piazzale di San Sebastiano (oggi piazzale Kennedy), i pellegrini rendono l’ultimo omaggio al grande Protettore e lasciano il paese con nel cuore tante novelle speranze.Un’altra commovente cerimonia, che risale a tempi molto lontani, è l’esposizione del caro simulacro alla venerazione dei fedeli. Essa avviene alle ore 4 del mattino del 9 maggio, vigilia della festa. Alba più bella il popolo di Supino non vive! La volta del tempio sembra crollare al grido degli evviva e di “grazia, San Catà”, che prorompe dalla trabocchevole folla, perché quelle supplici voci, senza interposizione di nessun ostacolo materiale, quale potrebbe essere la stessa volta, raggiungano il trono di Dio. Tali invocazioni si fanno ancor più vibranti nei momento in cui San Cataldo, deposto dalla nicchia, sembra “camminare” in mezzo al suo popolo. per raggiungere il trono processionale.
CULTO DEL SANTO IN CIOCIARIA.
La devozione, ormai secolare, a San Cataldo da Supino si è diffusa, per rimanere viva e sentita fino ai nostri giorni, per tutta la Ciociaria. Supino, oltre all’artistica statua e alla preziosa Reliquia, conserva nel Santuario, fra i su menzionati “ex-voto”, un calice d’argento donato dall’arciprete Merlini e dal Capitolo nel 1795, e un reliquiario, pure d’argento, offerto dalla nobile Famiglia Bavari (Vincentius Bavari – 1 Maji 1863).
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Quindi, abbiamo una prova che a Supino già nel 1715 era presente la Famiglia Consalvi, di cui faceva parte, appunto, l’Abate Don Gerolamo Consalvi.
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Leggiamo anche che la Famiglia Bavari era una Famiglia Nobile locale e, sicuramente, iscritta alla Nobiltà capitolina romana.