25 agosto 2007
Tornando da Tuscania per prendere la superstrada per Orte e tornare a casa, decido per la prima volta di cercare la “Strada della Quercia”, dove Domenico Brunacci, gesuita, nel 1661 possedeva una casa ed un podere, che decise di donare al Convento dei Gesuiti di Viterbo.
Rimango sorpreso dalla bellezza di questa strada, la quale termina nella Frazione della Quercia. Sullo sfondo vedo la Chiesa della Madonna della Quercia.
Entro e mi rivolgo al parroco, il quale, su mia richiesta, mi scrive su un foglietto il nome di uno storico viterbese, a cui mi sarei dovuto rivolgere. Prima di andare via, il parroco mi invita a prendere un notiziario dove avrei potuto leggere la storia della Chiesa.
Tornato a casa, incuriosito, prendo il foglietto sul quale il parroco aveva scritto il nome del prof. Gianfranco Cipriani. Nel “foglietto” viene riportata la storia di questa Chiesa.
Leggo che nel 1417 un tale Battista Juzzante fece dipingere su una tegola (un embrice romano) da Mastro Martello, detto il Monetto, l’immagine della Madonna col Bambino e la incastonò sull’alto di una quercia a protezione del suo podere.
Leggo che le cronache popolari elencano una serie di prodigi miracolosi legati alla sacra immagine, non ultimo quello di aver debellato la pestilenza che infestò le campagne viterbesi nel 1467.
Leggo che il 20 settembre di quell’anno i Priori viterbesi accompagnati da una folla di ogni ceto sociale si recarono sul posto per il solenne ringraziamento.
Leggo che fu il sigillo di un patto d’amore tra i viterbesi e la Madonna che favorì nel 1468 la costruzione di una chiesetta, affidata ai gesuiti e, successivamente, del complesso monumentale che oggi ammiriamo, consegnato con bolla pontificia di Paolo II ai Domenicani.
Torniamo un attimo alla Famiglia Brunacci di Viterbo. Come ho scritto precedentemente: Il 26 giugno 1441 un Breve del Pontefice Eugenio IV ordina che la casa di Brunaccio da Pisa sia attribuita al Capitolo di S.Angelo in Viterbo (perg. 1538 S.Angelo).
I Brunacci erano arrivati a Viterbo da Pisa nel secolo precedente. Quindi quel giorno del 20 settembre 1468 anch’essi erano lì presenti.
Continuo a leggere che la Chiesa fu terminata e consacrata dal Card. Giovan Francesco De Gambra, Vescovo di Viterbo, l’8 aprile del 1577.
Non passano che pochi anni e Giovanni Brunacci si ammala gravemente. Egli si affida alla Madonna della Quercia e guarisce. Subito dopo la sua guarigione, avvenuta nel 1640 circa, egli fece fabbricare una cappella. Questo Giovanni è la stessa persona che fece costruire la colonna, che ancora oggi si può vedere nel cortile della Chiesa di S. Sisto a Viterbo.
Ma, torniamo alla Cappella di Giovanni Brunacci. Il prof. Gianfranco Ciprini mi ha inviato il testo originale del documento in cui è raccontato l’avvenimento e che io riporto qui di seguito:
Così, abbiamo scoperto che Giovanni aveva un figlio di nome Girolamo.
Passano ancora una 20.ina d’anni e Domenico Brunacci nel 1661 regala la sua casa, che possedeva sulla Strada della Quercia, al Convento dei Gesuiti di Viterbo.
Passo a leggere il notiziario che mi aveva dato il parroco e leggo che proprio quest’anno, la domenica dell’11 marzo 2007, è stata ripristinata l’antica denominazione “Strada Madonna della Quercia”, aggiunta a “Viale Trieste”.
A pagina 3 dello stesso notiziario mi colpisce un articolo di Don Angelo Massi (sarà lo stesso parroco con cui ho parlato?), il quale cita le ricerche del prof. Gianfranco Ciprini riguardanti una certa Santa Rosa Venerini.
Leggo che il dott. Gottifredo Venerini, padre di Rosa, era medico del suddetto Convento (ovvero del Convento domenicano di S. Maria della Quercia).
Leggo le date di cinque documenti che dimostrano ciò: 1664, 1665, ancora 1665, 1667 ed ancora 1667.
Solo ora mi accorgo che Domenico Brunacci era contemporaneo alla piccola Rosa Venerini.
Leggo che in quegli anni Rosa aveva da 8 a 11 anni.
(Vedere i documenti nella Galleria fotografica)