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CASTELCHIODATO – Riepilogo

Riepilogo sulle
LE ORIGINI
DI CASTELCHIODATO
 
Da: “Università Agraria di Mentana, Memorie Storiche. 1912”:
Infatti nell’anno 1594, nel giorno 21 Luglio, Virginio e Fabio Orsini vendettero a Michele Peretti, marchese d’Incisa, pronipote di Sisto V, il Castello di Nomento, volgarmente detto Nomentana, col suo territorio, e che aveva per confini S.Angelo in Capoccia da un lato, Castel Deodato (oggi Castel Chiodato) dall’altro, e le terre del territorio di Monte Rotondo, la tenuta della Chiesa di S.Giovanni in Laterano, ossia la “Cesarina” e la strada romana.
Ricordo che Castelchiodato non ha sempre fatto parte del Comune di Mentana, anzi è sempre appartenuto fin dalla sua nascita all’area di Palombara.
Nella piazzetta vecchia di Castelchiodato, una lapide tramanda, da oltre un secolo, l’annessione al Comune di Mentana avvenuta, esattamente, nel 1896.
PER VOLONTA’ DEI CITTADINI
PER DECRETO DI SUA MAESTA’
UMBERTO I RE D’ITALIA
AUSPICE FRANCESCO BROCCHIERI
IL GIORNO 1 GENNAIO 1896
QUESTA BORGATA SI AGGREGAVA ALLA STORICA MENTANA
CUI GIA’ DA SECOLI LA UNIVANO
VINCOLI DI GRATITUDINE E DI AMORE
Ricostruire la storia di Castelchiodato non è impresa facile, dovendo fare le ricerche presso l’Archivio dei Monaci Basiliari di Grottaferrata, l’Archivio Storico di Stato e presso l’Archivio Storico del Vaticano.
Notizie utilissime al riguardo le trovo, fortunatamente, nel libro scritto da Mons. Mario Mortin, zio dell’attuale parroco di Castelchiodato, il quale a sua volta aveva completato una ricerca fatta in precedenza da un altro Padre, il Reve.mo Padre Teotimo, il quale si augurava che “altri possano completare le notizie specialmente riguardo al vetusto castello e fare tanta luce su di esso, vero fiore del Comune di Mentana”.
Il libro in questione si chiama “CASTELCHIODATO – L’ANTICO ED IL NUOVO”, che si può richedere allo stesso Parroco.
Don Mario Mortin, ex-Rettore del Seminario di Magliano Sabina e che ora riposa nel suo paese di nascita presso Padova, inizia così:
 “Castelchiodato dista solo una trentina di km da Roma. Era quindi inevitabile che il suo territorio venisse coinvolto, più o meno direttamente, nei tre secoli di guerre e di scaramucce che portarono alla sottomissione della Sabina da parte dei Romani.
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Dyrante questi tre secoli i Sabini penetrarono lentamente e gradatamente in Roma e si fusero con i Romani, pur conservando la loro identità. Essi non diedero a Roma solo le donne, nel famoso ratto delle sabine, ma diedero anche re, imperatori, consoli ed altri personaggi, celebri nelle lettere e nelle armi, portando un loro contributo, non solo alla potenza militare, ma anche al senno legislativo ed amministrativo dei fondatori della città eterna.
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La Sabina antica era tutta seminata di città e di villaggi indipendenti gli uni dagli altri, disposti ad unirsi nei momenti di pericolo in difesa della loro libertà.
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Tra queste città va ricordata quella di Ameriola che, secondo alcuni storici, sarebbe da collegarsi nel territorio di Castelchiodato. Essa fu distrutta dal Re Tarquinio.
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Dopo che la Sabina si fu unita a Roma ne seguì le sorti nella lieta come nell’avversa fortuna. Dal quinto secolo in poi fu invasa dai barbari Eruli, Visigoti, Ostrogoti ed infine dai Longobardi, che non solo seminarono morte e distruzioni, ma si stabilirono permanentemente nei nostri territori come in buona parte dell’Italia.
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La situazione peggiorò ancora negli anni tra l’870 e il 910 per le invasioni e le distruzioni operate dai Saraceni, per cui gli abitanti delle campagne e dei villaggi furono costretti a ripararsi sulle cime delle colline in luoghi fortificati con la costruzione dei castelli che ancora oggi distinguono il paesaggio della regione sabina.
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E’ questo il tempo in cui sorgono i castelli di Poggio Mirteto, Poggio Catino, Castelsampietro, Castelnuovo di Farfa, Castechiodato e simili.
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Questo fenomeno fu detto “incastellamento” e avvenne generalmente nei secoli X e XI.
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Prima dei castelli il paesaggio era dominato dalle ville, dai casali, dalle fattorie, dalle cascine dove ogni contadino viveva sotto la sua vigna e il suo fico in una grande serenità.
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Il moltiplicarsi dei castelli fece sì che i contadini passassero dalla vita libera dei campi a rinchiudersi dentro le mura, più o meno anguste, sempre alla dipendenza dei signori che, se potevano assicurare difesa e protezione, limitavano anche la libertà e la serenità del vivere.”
Da un documento del 1276, pubblicato dallo storico Enzo Silvi, si può ritenere che Castelchiodato già esisteva e prendeva nome da un certo Deodato che lo comprò dai Signori Ottaviani di Palombara.
Che già esisteva lo si può dedurre da una incisione su di una campana che porta la data del 1148. Così è scritto in una relazione pastorale del Cardinale Andrea Corsini in visita a Castelchiodato il 15 ottobre del 1781.
In un atto di Papa Martino V del 1424 Castelchiodato è chiamato come Castrum Domini Deodati.
Castelchiodato verrà indicato nei documenti fino al 1800 col nome di Castrum Deodati o Castrum Chiodati, come già abbiamo accennato all’inizio riguardo all’anno 1594.
Secondo don Giuseppe Pasquarelli (1854-1882), parroco di Castechiodato, i Monaci orientali Basiliani, che portarono in Italia il culto della loro patrona, S.Margherita di Antiochia, sarebbero stati i fondatori in origine di questi castelli.
Essi occuparono queste terre abbandonate da secoli e divenute boschi, “raccozzarono gente quasi silvestre ed insegnarono a dissodare queste terre, amministrarono questi castelli nello spirituale e temporale con i diritti feudali e decimali, i quali cedevano poscia ai Baroni e di mano in mano questi ai Principi coll’onere della parte riservata ai Principi e la decima all’Arciprete.”
Più tardi, ritirandosi i monaci a Grottaferrata, vendettero questo territorio al duca Strozzi riservando la decima parte del prezzo totale a favore del parroco di Castelchiodato. Così fece il duca Strozzi nella vendita che fece ai Savelli di Palombara.
Il Silvestrelli (Città e Castelli e Terme 1940) dice che: “Flaminio Savelli vendette Castelchiodato a Bernardino Caffarelli il 5/12/1554 e che questi lo vendette al Card. Giacomo Savelli il 19/4/1558”. Aggiunge infine che “i Savelli lo vendettero nel 1635 al Card. Bernardino Spada e che i Principi Spada nel 1658 lo vendettero al principe Francesco Borghese. (pag. 17, Castelchiodato di don Mario Mortin).
Grazie alle ricerche di Mons. Mario Mortin, possiamo quindi ricostruire i vari passaggi di proprietà del Castelchiodato:
12.mo sec. Castelchiodato è di proprietà di Deodato di Cretone.
Infatti, in un documento risulta che Iacopo Savelli, ovvero Papa Onorio IV (1285-1287), lasciò a suo fratello Pandolfo, senatore di Roma, le terre di Palombara, confinanti con i possedimenti dei castelli di Deodato, cioè di Cretone e di Castelchiodato.
13.mo secolo. I Savelli entrano in possesso del castello di Castelchiodato, infatti risulta che il figlio di Pandolfo Savelli, Jacopo, “aveva rafforzato i Castelli di Stazzano, Cretone e Castelchiodato”.
1445 – Giovanni Battista Savelli, nel suo testamento datato 11 ottobre, lasciò al figlio Jacopo il Castello di Palombara oltre ad altri 14 castelli, compresi Cretone e Castelchiodato.
1463 – Giacomo, figlio di Giovanni, in contrasto con la Chiesa, perdette parte dei suoi beni, compreso Castelchiodato che fu venduto per 6300 fiorini d’oro al notaio monsignor Giorgio Cesarini. Ma, mal gliene incolse perché “Un giorno il povero Monsignore s’incontrò per la strada nei pressi di Palombara in un manipolo di casa Savelli che lo minacciò tanto che dovette darsela a gambe galoppando fino a Castelchiodato dove si rinchiuse nel castello. I Savelli però corsero a Palombara a chiedere rinforzi e presero d’assalto il castello. Il Cesarini fu catturato e portato nel castello di Palombara e sbattuto in carcere. Qui fu tenuto fino a quando, stanco dei maltrattamenti cui era sottoposto, firmò una dichiarazione nella quale affermava di aver acquistato dai Savelli Castelchiodato per la somma di 1000 scudi d’oro, ma di non aver versato nelle loro mani nemmeno uno scuodo.”
1465 – Castelchiodato, con un Breve dell’11 maggio di Papa Paolo II, torna a Giacomo Savelli, insieme agli altri beni confiscati.
1509 – L’8 gennaio del 1509 Troilo Savelli divise il feudo col fratello Giacomo e nella spartizione dei castelli riservò per sé quelli di Castelchiodato, di Cantalupo, di Montasola, Poggio Moiano ed Aspra.
1593 – Un altro Troilo Savelli, il 18 aprile, fu decapitato all’età di 18 anni per ordine di Clemente VIII.
1598 – Clemente VIII restituì a Giovanni Savelli, con un Breve del 21 aprile, i beni confiscati.
1599 – Soltanto un anno dopo, la tenuta di Castelchiodato, è compresa in un inventario dei beni del Vescovo di Gubbio Mariano Savelli.
1656 – il 20 aprile i castelli di Cretone e di Castelchiodato furono venduti da Fabrizio e Giulio Savelli al principe Marcantonio Borghese per 100.000 scudi romani, seguendo le terre di Palombara che furono vendute già nel 1637 allo stesso Principe Borghese.
I Borghese erano originari di Siena e si stabilirono a Roma nella metà del 1500 con Marcantonio Borghese e sua moglie Camilla Orsini.
1798 – il 15 febbraio viene proclamata la Repubblica Romana. Cade il Governo Pontificio.
Nel verbale del Consiglio del 25 marzo 1798 si legge LIBERTA’ – RELIGIONE – EGUAGLIANZA.
La Municipalità sostituisce la Comunità.
I Consiglieri sono detti Cittadini.
I Priori diventano Consoli.
Il Principe Borghese è indicato come “ex-principe”.
1817 – Castelchiodato si annette alla Municipalità di Palombara.
Di questa annessione sappiamo soltanto ciò che è stato dichiarato nel 1894 nella domanda di annessione al Comune di Mentana:
1896 – Castelchiodato si divide da Palombara ed entra a far parte del Comune di Mentana.
1915/18 – Nella prima guerra mondiale muoiono i seguenti soldati:
Ascani Martino, Bonvecchi Francesco, Ciani Attilio, Calie Giovanni, Giardini Ignazio, Priori Emilio, Vinzi Giovanni, Vanni Giuseppe, Vittori Giuseppe, Zingaretti Giulio.
1940/45 – Nella seconda guerra mondiale muoiono i seguenti soldati:
Cap. Alivernini Renato, Decini Guerrino, De Luca Anacleto, Schiavoni Luigi, Brocchieri Eugenio.