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1200 La Famiglia BRUNACCINA di Firenze

I CALEFFI DI FIRENZE

Come avevo anticipato nelle “news”, mi è arrivato un documento del 1661, ma pubblicato a Firenze nel 1771, in cui si narra delle origini dei BRUNACCI  e dei BRUNACCINI fiorentini.
Lo inserisco qui di seguito anche in pdf.
Lo stesso documento l’ho inserito anche nella Galleria fotografica: album 79.

     Il seguente documento è una ricerca genealogica fatta da Ferdinando Leopoldo del Migliore per la Famiglia Brunaccini di Firenze.

Lo scopo di questa ricerca era per la Famiglia Brunaccini trovare eventuali “origini nobili”.
Naturalmente, Ferdinando Leopoldo del Migliore riuscì a soddisfare in pieno le aspettative dei suoi datori di lavoro, trovando legami parentali con una certa Famiglia Caleffi, famiglia che si era estinta ben 400 anni prima.
Aparte la dubbia parentela con i Caleffi, essa è, comunque, per quanto riguarda i Brunacci ed i Brunaccini dal 1200 al 1600, un’ottima ricerca.
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COPIA estratta da un Quaderno intitolato
RACCONTO STORIOGRAFICO
DELLA FAMIGLIA BRUNACCINA
di Ferdinando Leopoldo del Migliore
esistente in Codice manoscritto, coperto di cuoio
scuro antico, segnato di numero X., che si trova
nella Biblioteca pubblica Magliabecchiana alla
Classe XXV. Cod. CCCCXIII. dalla pag. XXXVII.
sino al principio della pag. LX.
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RACCONTO STORIOGRAFICO
DELLA FAMIGLIA BRUNACCINA
di Ferdinando Leopoldo del Migliore
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Base di vera Nobiltà, e chiarezza fu sempre di comun sentimento degl’intendenti addidata la continuata, e non interrotta serie di vecchia antichità, fregiata però sì di Cariche illustri, come altresì di virtuose operazioni, per le quali salgon le famiglie sublimi sopra l’ali sì d’imortale honorevolezza, come di perpetua ricordanza.
Ma per ridirne il vero, e senza veruna adulazione spinto, da quel che esistente ne’ pubblici Archivi resta scritto della famiglia Brunaccina, non deve essere a niuno difficile il credere ella essersi al pari di ciascuna innalzata sì con Cariche riguardevoli, ma molto più per poter ella con verità mostrare esser già consumati quattrocento, e passon’ anni che di questa nobilissima Città di Firenze ascritti furono i suoi Antenati fra i Nobili, che di quella reggevano il Governo.
E che ciò fa il vero, primieramente si trova che questa Famiglia governandosi la Città intorno all’anno 1200. a Sestieri si annoverò sotto al 6° S. Piero Scheraggio, e che poi passato il Governo a Quartieri, per quello di S. Croce sotto il Vessillo del Leon Nero si ascrissero.
Si dissero nel primo luogo Caleffi, e poi Brunaccini, e talora Brunacci.
Quando i figli di Brunaccino, per l’ardite operazioni de’ loro Antenati s’era resa infausta appresso i Cittadini tal nominanza di Caleffi, non solo per evitare gl’imminenti pericoli, quella e l’antica loro impresa abbandonarono, ma ancora per non restare dal Governo del tutto lontani.
Quel che di ciò ne fusse la cagione facilmente comprender si può dall’essersi arrolata sotto l’odioso nome Ghibellino; nome che sotto di se non solo comprese l’alterigia de’ Cittadini più Nobili, ma che riconoscea non meno la potenza dei Privati, che il favore più singolare degl’Imperatori, e Re i più a quell’età celebrati.
Ma se conceduto avesse benigna fortuna, che mantenute si fussero lontane dai naufragij quelle Scritture, che nel perire hanno insieme sepolto glorie singularissime dei primi nostri gran Cittadini, ardirei affermare per certo che di questa Prosapia mi s’aprirebbe campo larghissimo di ragioni, per le quali ciascheduno resterebbe meglio appagato di quanto appresso si dirà.
Nulladimeno per quel che restato apparisce, comprender facilmente si può l’eminente sua condizione, Filippo Caleffi adunque, che figliolo fu d’Ugolino, non tralignando dall’alterigia de’ suoi passati, rotta ogni forte, con gl’aderenti Ghibellini, di speranza di pace alla Patria, a caldi occhi deplorar fecero a quei Cittadini le miserie a tutta l’eternità memorabili; quando abbassatogli l’orgoglio dell’invitta potenza di Carlo d’Angiò, che per difesa di quelli, i quali per i continui contrasti conobbero infelici i giorni loro, abbandonata la Francia trasferito si era in Italia.
Fu Filippo con Iacopo, Donato, e Berto suoi Consorti fuori dalla città confinato, e di quella dichiarato Ribello.
Ma poi per opera del Cardinale Latino Vescovo Ostiense strattato, e stabilito Generale accordò tra l’una, e l’altra parte, e dovendosi i principali de’ Guelfi, e Ghibellini al pubblico darsi l’osculum Pacis, Iacopo, e Donato figlioli di Brunaccio, tutti e due stettero mallevadori ai Ghibellini, et intervennero come di tal parte principali a tale abboccamento l’anno 1280.
(In altre parole, Giacomo (Iacopo) Brunacci ed il fratello Donato furono garanti della pace fatta nel 1280 tra i Ghibellini ed i Guelfi del Card. Latino per Nicolò III. La pace fu siglata il 18 gennaio 1280. Anche il terzo fratello, Berto, era stato confinato nel 1268 perché Ghibellino. Qui era, però, assente. Era forse già deceduto? Donato, inoltre, era padre di Pietra, cognata di Dante Alighieri, avendone sposato il fratello minore, Francesco.)
Contuttociò benchè i posteri suoi avessero ereditato da questi indizio manifesto di lor grado, et esser nobile, convenne loro per oscuro sentiero la di loro ricordanza del tutto lasciarla indietro.
I DISCENDENTI DI BRUNACCINO
Imperciochè già prevalendo il comando di quelli che militarono intrepidi sotto gl’insegna del Aquila Rossa, Arme di quel gran Pontefice, a prò del quale ebbero l’ultimo fine i gonfiati pensieri de’ loro aversarij, et essendo già d’ Iacopo figliolo che fu di Filippo Caleffi il sopradetto nato Brunaccino, il quale di Maria Lisa sua donna hautone molti figlioli maschi, si elessero nuovo casato dal nome del Padre.
(I discendenti di Brunaccino diedero vita ad un nuovo casato e così fecero i discendenti di Brunaccio.
La Croce Nera, stemma dei Caleffi, fu sostituita dai Brunaccini con lo stemma avente due zampe di leone incrociate con un giglio ed una stella; mentre lo stemma dei Brunacci era formato anch’esso da due zampe di leone incrociate, ma con quattro stelle.)
Queste due Casate, aventi gli stessi stelli stemmi, si estinsero in epoche molto diverse: i Brunaccini si estinsero nel 1801, mentre la Casata dei Brunacci si estinse già nel 1400 in una femmina. Nel frattempo erano nate altre due importanti e ricche casate di Brunacci, ma aventi stemmi diversi dall’originale.
Una di queste casate, quella di Pisa, avente lo stemma di due zampe d’orso e tre cipolle, si estinse nell’800 in due femmine, di cui la prima si unì in matrimonio con i Mastiani, dando vita ai Mastiani-Brunacci, l’altra femmina, a sua volta, si unì in matrimonio con il primo della nuova Casata dei Mastiani-Brunacci. Altra Casata dei Brunaccifiorentini, avente lo stemma del granchio con due stelle, a tutt’oggi non si è ancora estinta.)
Questo fecero come bene aveduti imitando le vestigie di moltissime altre famiglie di tal fazione, che per non rendersi odiosi ai popolani, e lontani da i Governi della Republica era stato necessario chi volontariamente, e chi per forza, o di Casato, o d’Arme facessero nuova mutazione.
Per lo che facendo loro in S. Croce un Sepolcro solamente vi ferissero (vi misero) Filippo Brunaccini con l’Arme loro antica di Croce Nera in campo d’Argento, che poi ancora questa fu del tutto lasciata, ed inventata nuova Arme di due Branche di Leone in Croce Rossa con stella sopra, e Giglio sotto del medesimo solore, il tutto in Campo d’Oro.
Finalmente tanto oscurorono l’esser da quei descendenti che non gli fu in parte veruna vietata l’abilitazione al Governo nuovo della Città.
Ma scorso breve tempo Michele uno dei figlioli di Brunaccino salì sublime al governo per la maggiore per ottenuto Priorato di Luglio, ed Agosto l’anno 1366.
(Naturalmente non si tratta del Brunaccino capostipide.)
Il fratello suo Stefano non men risprendette d’honori per esser stato due volte del Consiglio del Popolo, e de’ Dodici buon huomini, e dei Gonfalonieri delle Compagnie l’anno 1374.
Dino, altro lor fratello poi accasatosi l’anno 1330 con D. Selvaggia Ruggieri di lignaggio assai nobile al grado suo, lasciò noto il suo nome nel accatto, che i Fiorentini fecero l’anno 1325.
Hebbe egli quattro figlioli maschi, il primo de’quali fu Simone, che come Lanajiuolo hebbe l’abilitazione agli honori per la maggiore l’anno 1381. e 91., si morì poi l’anno 1408.
Alla diligente sua cura nell’affari di sua Casa molto gli devono d’obligazione i Posteri per haver lasciato scritto molte notizie di sua Casa, che per rintracciare con fondamento sicuro la verità di quanto si dice, è stato di non piccolo giovamento.
Berto, secondo figlio di Dino, ancor egli si fe conoscere al medesimo grado assunto dalli Squittinj dell’anno 1381. e 91. e per gl’occorrenti bisogni della Repubblica dell’anno 1375., e 1405. contribuì bona somma di danaro insieme con Simone suo fratello.
Di Taddeo, e Francesco che non ebbero successione, si passerà con silenzio.
Ma di Berto, che sino al dì d’oggi regna la discendenza si passerà a discorrere.
Manetto, primo figlio che hebbe Berto, si trova memoria di lui nel Catasto dell’anno 1430. per Quartiere S. Maria Novella sotto il Gonfalon Lion Rosso, et al figliolo che gl’hebbe non tralasciò indietro la memoria del Padre chiamandolo Berto.
Il secondo figliolo di Berto fu Brunaccino, che portò col nome la ricordanza dell’Avolo, dal quale sortirno i Posteri nuova pace, e quiete al viver loro. Questo fu quello, che di lui si legge memoria nelle Riformagioni, perché essendosi l’anno 1421. deliberato dai Fiorentini far acquisto del Porto di Livorno collo sborso di fiorini centomila d’oro per stabilire maggiore potenza, ed utilità alla Repubblica, contribuì anco egli per tale affare fiorini cinque d’oro.
Piero e Bartolo, altri figli di Berto, si trova fatta di loro menzione nei Libri della X.ma dell’anno 1427. descritti in quel primo Catasto al ordinanza di quelli, che riconoscevano l’honorario, e nobil titolo di Civiltà; si elesson per l’avenir descriversi per il Quartiere di S. Giovanni Gonfalone Lion d’Oro, lasciando l’antico loro di S. Croce, nel quale camminano sino al dì d’oggi quei che portono in Fiorenza di tanta antica Prosapia (Stirpe) l’ultime vestigia de’ loro Antenati.
Ma SIMONE, altro lor fratello arrivato l’anno 1431. fu eletto Pennoniere per il Gonfalone Lion d’Oro, e sotto Giovanni della Stufa, che del Gonfalonerato di Compagnia allora reggeva la Potestà, carica militare non sdegnata in quei tempi da i primi Cittadini, come si vede per i pubblici libri, dove è fatto nota di quelli, che di tal dignità risederono.
Da lui riconobbero i natali Francesco, e Pellegrino.
Di FRANCESCO, il maggiore della sua descendenza, proseguiremo il discorso, il quale s’accasò l’anno 1465. con Maddalena figlia di Bartolomeo di Tommaso Corsali, e zia fu di Giovanni Corsali, e di Piero suo figliolo, che l’anno 1493. e 1520. sederono de Sigg. Priori.
Di loro nacque Giovanni, et una femina chiamata Tera, che moglie fu di Raffaello Veneri. Giovanni poi applicatosi ad esercizii Civili si squittinò l’anno 1524. dopo essersi imparentato con Costanza della nobil famiglia de’ Lapi detti Aldobrandi.
(Nall’Archivio Nicolini di Firenze vi è un riferimento ad una certa Lapi Costanza, vedova Brunacci di Anton Silvestro Lapi ed alla sua casa del Ciliegio venduta al Marchese Niccolini. Ma vi è anche un altro riferimento a Brunaccini Francescamaritata a Pier Francesco Giorgi: dote pagatale per sentenza in scudi 2.200 sul prezzo della casa di via del Ciliegio. Brunacci o Brunaccini, quindi? Questo prova che le ricerche su documenti antichi hanno sempre un certo margine di inaffidabilità.)
Indi a poco, hebbero Pier Francesco, che dopo la lor morte per causa di mercatura essendosi trasferito a …, dove con Donna Girolama de Franchis, Nobile di quella Città, accasatosi, gli fu sufficiente cagione che lasciato ogni amore alla Patria, ivi riconoscessero poi in eminente grado i lor natali i suoi descedenti. Fu padre di Lorenzo, Giovan Maria, e di Donna Lucrezia, che moglie fu di Neri Pitti.
Lorenzo prese per moglie Donna Eleonora Fias e Merullo, da i quali nacquero D. Carlo, e D. Francesco, che di D. Flavia ne successe D. Antonio, e D. Diego hoggi viventi in somma riputazione, e stima sì per le dignità, come per le molte ricchezze che possedono.
Si passerà a discorrere dell’altro figliolo di SIMONE, della cui Linea ne vengono quei, che di preferenze sono in Firenze.
Hebbe adunque nome PELLEGRINO, il quale non fu di peggior condizione del padre nel ottenere gl’offizi, poiché salito Luigi Aldobrandini al Gonfalonerato delle Compagnie l’anno 1488., gli fu Pellegrino compagno come Pennoniere per il medesimo Gonfalone Lion d’Oro, carica, come già si disse, goduta da Simone suo Padre. Passò poi l’anno 1490. alle nozze con D. Lisabetta figliola di Niccolò di Guido del Campana , famiglia che se bene nel Priorista i suoi non si trovono ascritti, era nulladimeno abile ad ogni forte d’offizio del Governo di quel tempo.
Fu Padre di Simone chiamato così dall’avolo suo, di lui si trova memoria nello Squittinio dell’anno 1524, e di Giovan Battista, che di Lucrezia Attavanti nobil matrona molti da lui, come si mostra nell’Albore, trassono i natali, uno fra i quali fu, che dal nome del suo Avolo Pellegrino hebbe nome, che nacque a 15. di Gennaio del anno 1531., e fu veduto poi di Collegio tra i primi l’anno 1565., che due anni avanti già per il Gonfalone Lion d’Oro haveva per quello Squittino riconosciuto il benefizio de’ suoi. Prese poi per donna la Sig. Maddalena Peruzzi, che ne nacque Simone, terzo di questo nome, il quale di D. Antonia de’ Cambi non hebbe successione.
Pellegrino poi insieme con Alessandro suo fratello l’anno 1605. abandonato il sepolcro antico di sua casa in S. Croce, fece con generosa spesa una Cappella nella Nunziata di Firenze intorno al Coro appoggiata alla fabbrica che già fece l’Illustrissimo Sig. Marchese Lodovico Gonzaga Sig. di Mantova dedigandola ai SS. Cosimo e Damiano, ove poi morendo ivi fu sepolto, ed in memoria sua in marmo vi si leggono queste lettere,
D:O:M:
Ob eximiam in Genitricem Dei
Venerationem
Pelegrinus, et Alexander Fratres de Brunaccinis
Cives Florentini in Templo Santissimo
Eius nomini praecipuo jure dicato Sacellum hoc
Non modico affectu, ac pio sumptu exornandum curarunt
Anno domini MDCV
Di Alessandro poi, altro figliolo di Giovan Battista, nacque a dì 30 di Novembre 1549., il quale esercitatosi in esercizii mercantili passò poi alle nozze con la Sig. Cassandra Perticini, dalla cui famiglia Papa Clemente Ottavo haveva riconosciuta l’Avola sua.
Hebbe Alessandro un sol figliolo chiamato Iacopo, che fu Consolo dell’Arte del Cambio, nella cui Università già s’era arrolato Giovan Battista suo nonno: hebbe della Sig. … Montanti sua Consorte due figli maschi, et una femmina ancor fanciulla.
Il primo dei Maschi è il Sig. Francesco, che per fuggire l’ozio sta di presente impiegato in esercizio di Banco, che il simile fece il Sig. Iacopo suo padre, il secondo è il Sig. Alessandro che milita sotto la Religione di S. Stefano, il quale per l’occasione della venuta della Serenissima D. Margherita Luisa figlia già del Duca d’Orlians Sposa del Serenissimo Gran Principe … fu uno degli eletti a tenergli omaggio sopra alle Galere a tal’effetto destinate l’anno 1661.
INFORMAZIONE PER LE GIUSTIFICAZIONI SI’ DELLA NOBILTA’,
COME DELL’ALBERO
DELLA FAMIGLIA BRUNACCINA
Di tutto quello che si è detto nel antecedente discorso qui si addurranno molte ragioni, e considerazioni, per le quali si prova con le Scritture, che sono nello Zibaldone, il tutto concludentemente.
E prima si dice che quella famiglia sia stata anticamente de’ Caleffi di quelli che son stati di fazione Ghibellina, e Nobili.
Primieramente si addurrà la testimonianza che ne fecero Simone, e Berto Brunaccini l’anno 1407. in un lor libro di dare, e d’havere, e ricordanze, hoggi esistente in mano alli Sigg. Francesco, e Cav. Alessandro Brunaccini, i quali a proposito di certi loro interessi dissono che Brunaccino di Iacopo Caleffi era stato loro Avolo.
Questi che fecero questo ricordo non possono esser contesi che non sieno di questi Brunaccini d’oggi, perché i Beni che e’ possederno, che oggi son posseduti dalli Sigg. Cav. Alessandro, e Francesco non solo e’ son descritti tutti in detto libro, ma ancora alle X.me che gli si pervengono, dicono le medesime X.me da Simone, e Berto loro Antenati.
Dalle X.me, e dal detto libro di Simone, e Berto Brunaccini, che attacca con quello che è nel detto libro, resta provata adunque la descendenza sino a Iacopo Padre di Brunaccino, dal quale poi tutti si dissero BRUNACCINI.
CALEFFI
Bisogna dunque da Iacopo in giù provare si dell’esser come Caleffi stati Nobili, se non volessimo dire senz’adulazione Nobilissimi, come detto Iacopo sia figlio di Filippo.
Si dice adunque che Iacopo Caleffi fu del Popolo di S. Simone, come si vede dallo Zibaldone a …, e poi del 6.° di S. Piero Scheraggio, si trova il medesimo Iacopo descritto in una Scrittura in cartapecora appresso alle Monache di S. Felicita di Firenze, che egli intervenne come testimone al Contratto fatto a favore di Matteo di Caccia del Testa, l’anno 1301. con questi nomi Iacobus Philippi Caleffi de 6.° S. Petri Scheradij, questo non perché ci sia che dir cosa alcuna sì per la concorrenza del tempo, e Sesto, come per il nome sì di Iacopo, come di Caleffi.
Si passa avanti, e s’adduce che Filippo Caleffi Padre di Iacopo detto di sopra fu figliolo d’Ugolino Caleffi; questo si prova dal Libro del Chiodo alla Parte, dove dice Philippus Caleffi filius Ugolini, vi è messo quel filius acciò si distingua meglio il Casato di Caleffi, et è del 6.° di S. Piero Scheraggio, e in altro luogo del medesimo libro, e per il medesimo 6.° vi è solo scritto Philippus Caleffi perché eron detti di Caleffo, e però di sopra vi messero quel filius, perché e’ non si sarebbe inteso quelli di Caleffo, ma che e’ fusse stato l’Avolo del detto Filippo.
Il Baldovinetti nel suo libro dice Filippo di Caleffo, non già perché e’ fusse Caleffo Padre di Filippo, perché già si è mostrato che egli era figliolo d’Ugolino, ma perché il Casato era veramente di Caleffo, sebene ho veduto anche Caleffi.
Nel libro antico dell’Armi nobiliscritto l’anno 1302. che oggi è in mano al Sig. Gio. Ticci di S. Maria Nuova dice Caleffi, e non di Caleffo.
Tutto resta provato senza difficultà veruna. Bisogna mostrare adesso la Nobiltà di questi Caleffi.
Questo si prova con più ragioni, e in particolare con due, la prima delle quali è che furono dei principali Ghibellini, parte che sotto di se comprese le più nobili, e principali famiglie della Città, che non già seguì nella parte Guelfa, e come tali stettero mallevadori alla parte Ghibellina nella pace del Cardinale Latino l’anno 1280.
La seconda ragione è che la lor Arme fu messa fra quelle di altre nobili famiglie nel detto Libro antico, che se fa per riscontro verissimo, che tutte le famiglie di quel Libro, che sono un numero grande, non ve n’è nessuna che non fusse in quel tempo in grado nobilissimo.
Adunque e’ bisogna per buonissima ragione dire, che ancora questa fusse della medesima condizione. Questa Arme è stata posseduta, e usata sino ai figlioli di Brunaccino, che poi per causa del nome Ghibellino, non solo il Casato, come si dirà ma ancora l’Arme cangiarono.
Si dice ancora che fe e’ non fussero stati dei principali e nobili di tal parte Ghibellina, i figli di Brunaccino poco dopo la sconfitta di quella parte non harebbero mutato subito il Casato, e nascostisi al possibile l’essere stati descendenti da quelli, questo non importava facessero le famiglie ordinarie, ma sì bene le potenti, e principali.
Molto si sarebbe potuto raccontare di lor nobiltà in questi tempi antichi, se le scritture non fussero ite male.
Ma solo deve bastare l’esser stati loro dei principali di Parte Ghibellina a chiarire, e capacitare quelli che non hanno contezza delle cose antiche, perché questo solo è indizio manifesto di loro grandezza, e verace nobiltà.
Si dice ancor di più, che come potenti di tal parte furono ancora più perseguitati nelle Persone hor con gl’esilij, e allora nella roba, che dovettero restar privi d’ogni sostanza, perché si vede chiaro dal Libro soprannominato di Simone, e Berto Brunaccini, che la roba tutta che ha posseduto questa Famiglia, e possiede sino al dì d’oggi, è derivata per donazione fatta a detti Simone, e Berto l’anno 1407. da Maria Francesca Donna fu di Giovanni Conci, e figliola di Dino Brunaccini loro Zia.
E’ da avvertire che quelli di tal fazione si buttorono a professioni vili, e si fecero Popolani per farsi conoscere aver cangiato l’alterigia, e uniti a quel governo Popolano che regnava allora, s’ingegnavano nascondere al possibile l’esser stati di quelli, e che se pur fussero stati conosciuti, tali mettevano hor contrassegni nel Arme, o mutavano Casato, e Arme, e questo facevano per non esser tenuti lontani dai Governi della Repubblica, e patire ancora grandi persecuzioni da quelli, ne quali era cascato libero ed assoluto il Governo.
Questo fecero subito i figli di Brunaccino, che non più Caleffi, pubblicamente si chiamarono Brunaccini dal nome di lor Padre.
Come apparisce scritto sopra alla Sepoltura che essi fecero fare sotto le volte di S. Croce al n. 11 che dice Ser Filior. Brunaccini, perché Brunaccino non fu, e non era stato mai conosciuto di parte Ghibellina per essere già a suo tempo cessato fra quelle due parti le contese, ma bene dovea esser notissimo il Cognome di Caleffi.
Nulladimeno stettero a godere gl’uffizi sino all’anno 1366. che Michele figliolo di Brunaccio per Quartier S. Croce fu dei Sigg. Priori, che poi tutti furono abili a tutti gl’uffizi, e gradi della Repubblica.
(A questo punto la ricerca per Ferdinando Leopoldo del Migliore si complica, perché egli incomincia a trovare anche cognomi “Brunacci”. Francesco Leopoldo se la cava asserendo semplicemente che si trattava delle stesse persone, che alle volte venivano chiamati “Brunaccini” ed altre volte “Brunacci”. Noi, invece, rinunciamo a ricostruire esattamente i vari passaggi genealogici del 1300 e ci limitiamo ad osservare che dal 1400 in poi le Famiglie “Brunacci” avevano preso il sopravvento su quelle dei “Brunaccini”, arrivando senza problemi sino ai nostri giorni.)
Adesso passeremo a giustificare quali furono i figlioli di Brunaccino, ovvero di Brunaccio, che quando in un modo, e quanto in un altro hanno scritto.
(Qui, Ferdinando Leopoldo del Migliore ammette finalmente di avere difficoltà nel distinguere alle volte i Brunaccini dai Brunacci. Infatti essi vivevano nel Quartiere di S. Croce nella stessa casa di via dei Ciliegi ed alle volte venivano, appunto, chiamati Brunacci ed altre volte Brunaccini.
Scrivere “figlioli di Brunaccino, ovvero di Brunaccio” non è corretto, ma lui lo scrive!
Direi, quindi, che è meglio soprassedere nel voler cercare discendenze certe tra il 1200 ed il 1500, anche perché, essendo il nome “Brunaccio” di uso comune in questo periodo, si rischia, ogni volta che lo si incontra, di fare molta confusione. Ad esempio, ogni volta che un Brunaccino mette nome “Brunaccio” al proprio figlio, automaticamente avremo discendenti “Brunacci”.
Limitiamoci, invece, ad esaminare le discedenze dal 1500 in poi, periodo in cui i cognomi prendono una fisionomia stabile, dove scopriamo che quelle dei “Brunaccio” sono maggioritarie rispetto a quelle dei “Brunaccino”, arrivando inalterate sino ai nostri giorni.)
Primieramente per essere in tempo che la X.me non ci arrivono, si dice che Michele, che fu de’ Sigg. Priori l’anno 1366. gode per il Quartiere S. Croce per Lanaiolo, e Brunaccio d’ Iacopo, che si dice esser suo Padre, fu del Quartiere S. Croce, e Lanaiolo, come si vede al Libro dello Stratto delle matricole di detta Arte dell’anno 1304.
Questo per tal ragione sarebbe chiaro; ma si adduce la testimonianza del Segaloni, e del Sig. Neri Alberti, i quali fecero a ciascun la descendenza, viddero, e toccorono con mano che questo Michele era uno dei figlioli di Brunaccino che parla la Sepoltura in S. Croce, e gli dettero nel Priorista quell’Arme della Croce Nera in campo bianco.
Ora se questo Michele è quello che deve haver questa Arme, et esser figliolo di Brunaccino, dunque questo non può esser conteso, che e’ non sia de’ Brunaccini d’oggi, perché due ragioni chiariscono il tutto.
Prima è che Simone nel sopranominato suo Libro dice, e fa menzione di Brunaccino d’ Iacopo, i figlioli del quale Brunaccino fecero poi Sepoltura; ma perché nel muro sopra alla Sepoltura non vi è scritto se non Filior. Brunaccini, non parrebbe si potesse essere il medesimo Brunaccino, che parla Simone nel suo Libro, se la scrittura che s’ha dal Libro vecchio delle Sepolture non ci facesse chiari con dire: appartiene detta Sepoltura ai figlioli di Brunaccino di Iacopo, a tale che con questo secondo nome resterebbe a bastanza provato, se non ci fussero altre ragioni da provarlo più vivamente, che nessuno non puole aprir bocca, e sono intorno all’Arme, ch’è ancora di presente nel muro al num. 11. sotto le Volte di detta Chiesa, la qual’Arme è ancora dipinta sopra al Libro soprannominato di Simone Brunaccini esistente in casa i Sigg. Francesco, ed Alessandro Brunaccini, che era l’Arme loro antica de’ Caleffi, che poi la medesima sotto tal nome è nel Libro antico dell’Armi nobili scritto anticamente,come si è detto.
A chi desse difficoltà che il sopranominato Michele è detto di Brunaccio, e non di Brunaccino, si risponde che questo è accaduto per accidente, e non per sustanza, poiché ci sarebbero da addurre molti esempi, che fra l’altri questo, che in Camera Fiscale vi si trova descritto nella prestanza dell’anno 1375. Simone, e Berto di Dino Brunacci, e non dice Brunaccini, e poi in quella dell’anno 1405. nella medesima Camera dice Simone, e Berto di Dino Brunaccini; e nella Compra di Livorno uno figliolo di detto Berto è descritto così, Brunaccio di Berto Brunacci, e poi alle X.me dice Brunaccino di Berto Brunaccini, che questi non si possono contendere che e’ non siano loro nomi per essere alle X.me; però questo non deve esser d’impedimento, ma credere, e concedere, che tanto nell’uno, et tanto nell’altro modo si sieno detti.
Stefano altro figliolo di Brunaccino per il Quartiere loro di S. Croce gode molti offizi come Lanaiolo per la Maggiore;
Bernardo terzo figliolo di Brunaccino è descritto nella prestanza dell’anno 1325. per Quartiere S. Croce, e del popolo di S. Romeo, dove Dino e gli altri fratelli furono sempre descritti.
Dino quarto figliolo di Brunaccino ancor egli fu Lanaiolo e del popolo di S. Romeo;
di questo Dino ne nacquero Simone, e Berto che furono squittinati per la maggiore al Priorato l’anno 1381. e 1391., e come Lanaiuoli vi furono ammessi, e vinsono. Dei sopranominati non si è potuto addurre l’abilitazione agl’honori per via degli Squittinj, perché dal 1381. indietro sono iti tutti male. Basta haver mostrato che e’ godettono, per conseguenza e’ furono anche squittinati, perché il godimento non va avanti all’abilitazione.
Simone nacque dal sopradetto Berto, e fu l’anno 1431. Pennoniere, carica che per quel apparisce alle Riformagioni nella Provisione fatta a detti Pennonieri è da stimarsi non poco; fu descritto alle X.me nel primo Catasto dell’anno 1427. all’ordine de Cittadini, e di lui nacque Francesco, e Pellegrino.
Francesco hebbe per Moglie Maria Maddalena Corsali, famiglia che ha goduto il Priorato più volte.
Pellegrino fu Pennoniere l’anno 1488., e descritto alle X.me.
Di questo ne nacque Giovan Battista che hebbe Lucrezia di Giovan Attavanti per Moglie, nobil famiglia come ogniun sa, questo ebbe molti figlioli, come si vede dal Albore.
Alessandro e Pellegrino hebbero moglie. Alessandro Cassandra Particini, e Pellegrino Maria Maddalena Peruzzi, ambedue famiglie nobili Fiorentine.
Iacopo nacque d’Alessandro, che si accasò con D. … del Sera famiglia notissima.
Di questo Sig. Iacopo ne nacquero i viventi d’oggi Sig. Francesco, ed Alessandro Cav. di S. Stefano.
E questo basti haver detto non solo dell’esser loro antico, ma anco in grado molto nobile.
Si dice ancora che il tutto a chi avesse curiosità di riscontrare, apparisce Libri, e Carte, dove le Scritture si sono cavate con ogni sencerità, e fede.
FINE
A questo punto aggiungo una mia ricerca personale sui Brunaccini, per conoscere meglio l’opinione degli storici sulle “nobili origini” di questa Famiglia.
Trovo su Internet il seguente commento:
La famiglia fiorentina
La famiglia Brunaccini era iscritta al gonfalone Lion d’oro del quartiere di S. Giovanni. I suoi membri ricoprirono incarichi pubblici sicuramente a partire dal 1381. Un ramo della famiglia si trasferì in Sicilia, diventando in breve una della più importanti famiglie di Palermo.
Nel ‘500 esercitavano la professione di velettai in via de’ Servi sul Canto del Castellaccio e, avendo avuto successo economico, cercarono avi illustri, pretendendo di provenire da una famiglia Caleffi (o Galeffi) ghibellina, estinta da lungo tempo.
Il 9 settembre 1771 ottennero il decreto di iscrizione al Patriziato fiorentino.
La famiglia si estinse nel 1801, con la morte del Cavalier Iacopo di Francesco, la cui figlia Giovanna sposò un Compagni.
I Brunaccini ebbero le loro case in via del Ciliegio dal Canto del Tribolo, nel popolo di S. Michele Visdomini.
Tra il 1783 e il 1829 possederono un palazzo sito in via S. Gallo n.10 (detto palazzo Fenzi, e già dei Castelli e dei Marucelli), ove oggi sono ospitati alcuni dipartimenti dell’Università degli Studi.
La cappella di famiglia si trovava nella chiesa della SS. Annunziata, arricchita dalle pitture di Andrea del Sarto e del senese Piero Sorri; per la medesima cappella i fratelli Alessandro e Pellegrino commissionarono a Iacopo da Empoli un’altra tavola, posta sulla parete di destra della cappella.
Nella podesteria del Pontassieve i Brunaccini possedevano la villa della Rocchetta, nei pressi di Lubaco, che essi acquistarono nel 1580 e che tennero ininterrottamente fino al 1801. Intorno ad essa fu organizzata un’ampia proprietà composta da circa 5 poderi, più un mulino ed alcuni appezzamenti boscati.
Da A.S.F. Decima granducale, 3488, Arroti S. Giovanni 1755, n°121-123 si desume che essi avevano anche beni nella podesteria di Sesto e Fiesole (popolo di S. Martino a Sesto), nonché in quella di Castelfiorentino, nel comune di Montaione.
Fonti archivistiche
A.S.F., Ceramelli Papiani, 1004.
La villa e la tenuta della Rocchetta
Le prime notizie certe relative alla villa della Rocchetta risalgono al 1573, allorché “un podere con casa da signore e lavoratore, con terre lavorative, vitate, fruttate, posto nel Popolo di S. Donato a Collebriga, Potesteria del Ponte a Sieve, luogo detto la Rocchetta” fu venduto dai fratelli Pietro e Simone Signesi (cittadini fiorentini, figli di Tommaso di Berto, iscritti al gonfalone Nicchio del quartiere di S. Spirito) al loro cognato Antonio di Giovanni di Giovanni Mercati di Lione (“de Mercantis de lugdunio”, iscritto al gonfalone Lion Nero del quartiere di S. Croce), per il prezzo di 650 scudi di moneta fiorentina(contratto rogato da ser Agnolo di Lorenzo Favilla il 29.1.1572 ab.inc.) (A.S.F., Decima granducale 1894 -Arroti S. Spirito 1573-, n°5, c.11r.; A.S.F., Notarile moderno, 296, n°67, cc.57v.-59r.).
Qualche anno dopo però (27.8.1579) la villa (insieme al vicino podere Barberino, posto nel popolo di S. Martino a Lubaco) venne intestata nuovamente al Mercati, che era stato di nuovo messo “a gravezza”per grazia del Granduca e per decisione della magistratura cittadina della Ruota (A.S.F., Decima granducale 2320 -Arroti S. Croce 1579-, n°120, cc.254r. e v.).
Finalmente l’8 marzo 1580 la villa della Rocchetta con il podere di Barberino furono venduti dal Mercati per 2.000 scudi a Pellegrino di Giovanni Battista di Pellegrino Brunaccini (contratto rogato dal notaio Carlo di ser Alessandro Rosselli) (A.S.F., Decima granducale 3113 -Arroti S. Giovanni 1581-, n 81, cc.161r.).
La Rocchetta rimase di proprietà della famiglia Brunaccini (iscritta al gonfalone Leon d’Oro del quartiere di S. Giovanni) fino alla sua estinzione, avvenuta nel 1801.
Nei due decenni successivi all’acquisto della villa, attorno ad essa si venne organizzando una tenuta che risulta già sostanzialmente strutturata nel 1607, allorché (alla morte del suddetto Pellegrino) la titolarità dei beni passò al fratello Alessandro (A.S.F., Decima granducale 3179 -Arroti S. Giovanni 1607-, n°81, cc.176r.-180r.).
Nel testamento del 1602, con cui istituiva come eredi il fratello Alessandro (impegnato ad assumere su di sé in prima persona anche tutte le attività finanziarie e mercantili di famiglia) e i di lui figli, Pellegrino si raccomandava che i “Magnifici Signori Guadagni” , con il quale era stato legato da “lunga et amorevole amicizia“e che erano -per così dire- vicini di casa dei Brunaccini (essendo possessori della villa di Masseto), continuassero a “proteggere, e favorire detto Messer Alessandro, e suoi figli; in tutto quello essi potranno, conservandolo interessato nelli loro traffichi, e negozi come hanno fatto, e fanno sino al presente verso il testatore quale confessa restare ad essi con obbligo infinito…” (testamento rogato dal notaio Orazio Maccanti, il 30 aprile 1602).
Della tenuta della Rocchetta, oltre al podere Barberino, facevano parte anche:
– nel popolo di S. Martino a Lubaco, i poderi denominati Sorbo e Porcile (quest’ultimo soltanto per un terzo, con st. 20 di terra, con la casa da lavoratore) e il mulino Porcile sul fossato delle Sieci;
– nel popolo di S. Gervasio a Lubaco, il podere detto delle Pianora (confinante con le cosiddette “comunanze” di Lubaco);
– nel popolo di S. Brigida a Lubaco, una parte di podere con porzione di una casa da signore e lavoratore situata in luogo detto la Torre al Pino o il cinque (confinante anche con il fossato delle Sieci e con il fossato del cinque): quest’ultimo per 5/18 spettava a Paol’Antonio de’ Pazzi.
Componevano la tenuta anche altri vari appezzamenti, tra cui :
– alcuni terreni boscati “da pali” situati nel popolo di Santo Stefano a Monteaceraia nella potesteria del Borgo S. Lorenzo (luogo detto alla fonte al piano di sopra);
– un pezzo di terra lavorativa e querciata di st. 6 (luogo detto al Piano del Casolare), un pezzo di terra lavorativa e spogliata di st. 5 (luogo detto la Costa) eun pezzo di terra lavorativa, con capitozze di st. 5 circa a seme, (luogo detto le Balze), tutti nel popolo di S. Martino a Castel Lubaco;
– un pezzo di terra di st. 5 circa ulivata e querciata, in parte lavorativa e soda (luogo detto Borgo al Fiore, delle appartenenze del podere detto Malcantone), un altro pezzo di terra soda e querciata di st. 1 (luogo detto Piazza Calda), entrambinel popolo di S. Gervasio a Lubaco.
Nel 1619 la proprietà risultava composta anche da “un podere con casa da signore e lavoratore, nel Popolo di S. Donato a Colle Briga … l.d. al Trebbiolo …” (cui attinevano sei pezzi di terra, e altri 4 pezzi di “terra lavorativa e capitozzati” di st. 24, posti in l.d. Ontaneto, nel popolo di S. Gervasio), e da un poderesituato nel popolo di S. Martino a Lubaco l.d. al Fattoio (A.S.F., Decima granducale 3210 -Arroti S. Giovanni 1619-, n°414, cc.199r.-203r.).
Nel 1630, alla morte di Alessandro, la tenuta della Rocchetta passò al figlio Iacopo, ad eccezione del podere con casa da signore e da lavoratore del Trebbiolo e delle sue attinenze (Ontaneto), intestati direttamente al nipote Francesco, figlio di Iacopo; per il resto i libri di decima non registrano alcuna variazione, eccetto che per il podere Porcile, attribuito non più per 1/3 ma per 2/3 ai Brunaccini, e del podere con casa da signore e lavoratore della Torre al Pino, riscattato totalmente dai medesimi (A.S.F., Decima granducale 3235 -Arroti S. Giovanni 1630-, n°199, cc.73r.-77r.; idem, n°200, cc.85r e v.).
Lo stesso Iacopo nel 1633 ereditò da Maddalena Peruzzi (vedova del defunto zio Pellegrino) anche il podere Castello, nel popolo di S. Martino a Lubaco (A.S.F., Decima granducale 3240 -Arroti S. Giovanni 1633-, n°122, cc.297r.-298r.).
Alla morte di Iacopo (1644), la villa e tutti i poderi andarono ai due figli Francesco e Cav. Alessandro (A.S.F., Decima granducale 3263 -Arroti S. Giovanni 1644-, n°227, cc.178r.-184r.).
I due fratelli Brunaccini morirono nel 1697 ad un giorno di distanza l’uno dall’altro: la proprietà fu intestata ai tre figli di Francesco, e cioè il Cav. Iacopo Maria Gaetano, Lorenzo Maria Antonino e Carlo Maria di Francesco: l’unica variazione risultante dai registri di decima è data dall’acquisto (1666) di un pezzo di terra boscata situata in l.d. Doccio, nel popolo di S. Brigida a Lubaco (A.S.F., Decima granducale 3360 -Arroti S. Giovanni 1697-, n°6, cc.10r.-19v.).
Nel 1748, per l’entrata in vigore della nuova legge sui fedecommessi, i tre fratelli Brunaccini furono costretti a denunciare quali delle loro proprietà fossero sottoposti a tale istituto giuridico, che garantiva l’intangibilità e l’inalienabilità del patrimonio familiare: rifacendosi al testamento disposto dal loro avo Pellegrino di Giovan Battista nel 1602 (ASCP, Filza di fidecommissi, cc. 737r.-744v.), essi “vincolarono” non solo la villa della Rocchetta (della quale spettava a ciascuno un terzo), ma anche quei poderi che già da un secolo e mezzo costituivano la tenuta.
Nel 1753 morì il maggiore dei tre fratelli, Iacopo, e lo stesso fece un altro fratello, Lorenzo Maria: 2/3 della “casa da signore” della La Rocchetta, andarono così al nipote Cav. Iacopo Giovacchino, ancora in minore età (A.S.F., Decima granducale 3488 -Arroti S. Giovanni 1755-, n°123, cc.328r-335v.).
Ma nel 1765 il restante terzo della villa e tutta la tenuta della Rocchetta passarono dall’ultimo dei tre fratelli, Carlo Maria (morto a Roma l’anno precedente), a Pellegrino Luigi (A.S.F., Decima granducale 3523 -Arroti S. Giovanni 1765-, n°130, cc.7r.-12r.): la successione fu fissata a conclusione di una lite giudiziaria avanzata dal suddetto Iacopo Giovacchino contro lo stesso Pellegrino Luigi (suo zio), e da quest’ultimo vinta.
Ma a seguito di un ricorso di Iacopo, il 14 agosto 1769 si pervenne ad una nuova sentenza del Magistrato Supremo, con la quale non solo la villa, ma anche tutti i poderi e terreni venivano divisi equamente a metà tra lo stesso Iacopo Giovacchino e lo zio Pellegrino Luigi (A.S.F., Decima granducale 3539 -Arroti S. Giovanni 1770-, n°101, cc.109r-115r.).
Tale divisione venne confermata anche in occasione del rifacimento dei campioni di decima, avvenuto nel 1776 (A.S.F., Decima granducale 5800, campione n°187, cc.1055v.-1057r.; idem, 5801, campione n° 232, cc.1437v.-1439r.). Da essi si desume che nel corso di due secoli nessun nuovo acquisto o vendita aveva alterato la composizione della tenuta della Rocchetta.
Nel 1784 Pellegrino Luigi morì lasciando una sola figlia femmina, cosicché tutto il patrimonio passò finalmente a Iacopo Giovacchino, che nel 1787 divenne anche Cavaliere di S. Stefano. Egli a sua volta morì nel 1801 a Madrid (la città ove era nata la madre, Emanuella Mendizabal), lasciando un’unica figlia, Maria Giovanna, ultima dei Brunaccini.
Brunaccini siciliani
Antica famiglia fiorentina, passata in Sicilia e precisamente in Messina nella seconda metà del secolo XVI. Nella Mastra Nobile del Mollica troviamo annotati un Lorenzo negli anni 1587 e 1595 ed un Giovanni 1587 e 1591. Diego, figlio di Lorenzo, fu giudice straticoziale di Messina nel 1655, delle appellazioni nel 1658, della Gran Corte del Regno negli anni 1665-66-67-68-69, maestro razionale giurisperito del tribunale del Real Patrimonio; e primo barone di S. Teodoro, in sua famiglia, per investitura del 9 agosto 1683; baronia che ebbe innalzata in principato con privilegio dato a 19 gennaio, esecutoriato a 17 marzo 1687. Dopo varii passaggi tale titolo e feudo pervenne in persona di Letterio Brunaccini e de Spucches, che ne fu investito a 30 aprile 1801. Detto principe Letterio, per successione di casa Cirino, fu barone di S. Basilio, come per investitura del 20 novembre 1801; occupò molte distinte cariche e morì lasciando un’unica figlia Anna Maria Brunaccini e Trigona. Costei andò in sposa al proprio zio Giacomo Brunaccini e De Spucches, al quale procreò tre figlie femine, di cui la primogenita Francesca Paola sposò Carlo Sturzo.
Un altro ramo, originato da un Lorenzo, padre di Candeloro e Gaspare esiste tuttora in Messina.
Non sappiamo se quel Biagio, a cui viene dato il titolo di barone, che incontriamo in Piazza nell’anno 1812-13 con la carica di senatore, sia appartenuto a questa stessa famiglia.
Arma: di rosso, a due zampe di leone d’oro, passate in croce di Sant’Andrea, accompagnate nel capo da una stella e nella punta da un giglio, il tutto dello stesso. Lo scudo accollato dall’aquila spiegata di nero, membrata, imbeccata e coronata d’oro.
Palazzo Brunaccini in Sicilia: