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La nascita e morte di Ercole Consalvi raccontata dal Bartholdy

LA LEGGENDA DI TOSCANELLA
​ed il racconto del Bartholdy

​.

Ho trovato una biografia di Ercole Consalvi scritta da J.L.S. Bartholdy e pubblicata appena due mesi dopo la morte del Cardinale.

​Essa fu pubblicata anche in 4 puntate nell’aprile del 1824 su un giornale tedesco (Allgemeines Zeitung).

Si intitola: “Zuge aus dem leben des Cardinals Hercules Consalvi

Ho letto tutta la biografia e vi ho trovato alcune cose interessanti:

a) il Bartholdy inizia la biografia del Consalvi, confermando che il Consalvi è deceduto a Roma (e non in Anzio!).

c) in essa racconta anche l’episodio della nascita del futuro Cardinale, Episodio venutone sicuramente a conoscenza dal Cardinale stesso.
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Non è difficile immaginare il Cardinale, il quale, tanto “pour parler“, racconta in modo ironico e divertente ai suoi amici. e, quindi, anche al Bartholdy, che la madre fece appena in tempo a tornare a Roma da Toscanella.

​Purtroppo questo episodio viene attualmente raccontato dai tuscanesi in modo che ritengo esagerato.

Addirittura leggo che: “le autorità comunali mal sopportarono il rinnegamento della sua città natale considerato come un grave tradimento.”

E’ un dato di fatto che i genitori del futuro Segretario di Stato risiedevano a Roma e che tutti i loro figli sono nati a Roma. Essi risiedevano nei pressi di piazza Argentina, in via Monterone e andavano spesso a Toscanella dove avevano case, proprietà, parenti e, naturalmente, amici di gioventù, avendo vissuto Giuseppe Consalvi la propria gioventù proprio a Toscanella!!!

In questo sito vi è ampia documentazione sui mai interrotti amichevoli rapporti tra il Cardinale e la Città di Toscanella, Ampia documentazione supportata da documentazione originale ed autografa, che si trova nell’Archivio di Propaganda Fide nel  “Fondo Consalvi”.

​Ma anche nell’archivio del Comune di Tuscania: LETTERE

Essi, in quel periodo in cui Claudia Carandini era incinta, si trovavano proprio a Toscanella ma, avvicinandosi il momento del parto, tornarono, viaggiando con il fresco della notte, subito a Roma, dove il parto poteva essere meglio seguito dall’ostetrica di fiducia della Famiglia Carandini (la quale, a puro titolo di informazione, si chiamava Benedetta Delfini).

In altre parole si trattava di un normale viaggio di andata e ritorno ben programmato.

​Non dimentichiamo che a quei tempi non esisteva l’aria condizionata. Per secoli i residenti nell’attuale centro storico di Roma si spostavano all’inizio dell’estate in luoghi più salubri ed ariosi, fuggendo dall’aria afosa, appunto, dell’attuale centro storico che da piazza Venezia va al Tevere. Essi facevano pochi chilometri. Si spostavano nelle campagne di S. Giovanni, della via Nomentana e della via Salaria. Qui in una loro proprietà in via Salaria morì il padre del futuro cardinale.

​Detto questo è chiaro, quindi, che Giuseppe Consalvi portò la moglie Claudia Carandini a Toscanella per motivi di salute e di totale riposo. Del resto quella era la sua prima gravidanza!

​Si tratta, quindi, dell’esatto contrario di quello che i toscanesi si sono tramandati. Oggi si direbbe “fake new” voluta da qualcuno e messa in atto solo dopo la morte del Cardinale!

Tornando indietro nel tempo, troviamo che lo stesso comportamento lo avevano avuto anche i nonni del futuro cardinale: Gregorio Brunacci ed Angela Perti, i quali, però, vivevano a Toscanella, al contrario dei genitori di Ercole Consalvi.

Angela Perti si recò a Roma a partorire, perchè desiderava avere vicino a sè i propri parenti. Infatti Angela Perti fu aiutata a partorire dall’ostetrica di fiducia della propria Famiglia Perti, proprio nel Palazzo Perti.

​E’ un comportamento normalissimo da quando esiste l’essere umano, quello di farsi aiutare dai propri parenti in casi come questi.

​Quanto sopra sta a dimostrare che sia Angela Perti, la nonna, che Claudia Carandini, la madre, preferirono avere vicino a loro la propria Famiglia nel momento del parto.

A titolo di cronaca, Palazzo Carandini non esiste più, perchè è stato raso al suolo dalla riforma urbanistica di Mussolini per creare quel raccordo, che noi tutti conosciamo, che va da piazza Venezia al Colosseo, mentre Palazzo Perti esiste ancora in via Frattina, anche se con altro nome.
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​Vorrei aggiungere che nel 1757, quando nacque Ercole Consalvi, nessun cittadino tuscanese si sarebbe mai messo contro la Famiglia Brunacci. Il perchè? Basta dare un’occhiata alla posizione che la Famiglia Brunacci aveva nella comunità tuscanese. Cliccare su: LE CARICHE DEI BRUNACCI A TUSCANIA.
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E’ evidente che questa leggenda tuscanese è nata proprio dalle confidenze (avute dalla propria madre) del Cardinale stesso, il quale, naturalmente, intendeva altro.
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Lo dimostra proprio il ricordo di questo episodio, di cui ne scrive il Bartholdy nella biografia da lui pubblicata appena 1 mese e mezzo dopo la morte del Cardinale.
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​Il Bartholdhy, oltre ad essere stato amico personale del Cardinale, fu anche socio del I Comitato Consalviano, nato spontaneamente subito dopo la sua morte.

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Bartholdy Jacob Salomon

La biografia di Ercole Consalvi, scritta dal Bartholdy, non fu mai pubblicata in italiano.

In Germania, invece, fu pubblicata nell’aprile del 1824, subito dopo la morte del Cardinale, anche su un giornale tedesco: Allgemeines Zeitung.

Ma chi era il Bartholdy? (1)

Nella biografia, a pagina 57, Bartholdy ci racconta del suo incontro con il Cardinale, avvenuto mentre erano in viaggio per Londra. Da questo viaggio nacque una amicizia, che si protrasse nel tempo.

  1. Bartholdy Jacob Salomon

Da http://www.jewishencyclopedia.com/view.jsp?artid=323&letter=B

Prussian diplomat and art patron; uncle of the composer Felix Mendelssohn-Bartholdy; born May 13, 1779, in Berlin; died in the Protestant faith July 27, 1825, in Rome.

He was of a prosperous Jewish family, and received a careful education. After attending the University of Halle for some time, he made a tour through Greece with the artist Gropius. From Greece he brought home the manuscript of an unfinished book, the first part of which was published in 1805 under the title “Bruchstücke zur Näheren Kenntniss des Heutigen Griechenlands,” Berlin; a French translation appeared in Paris in1807.

He traveled extensively in Italy and in Asia Minor; but Holland and France likewise attracted him, and he spent much of his time in Paris. In Dresden he became an intimate friend and admirer of the noted pastor Reinhard, by whom he was converted to Protestantism in 1805.

As first lieutenant of the Vienna militia, Bartholdy took an active part in the campaign of 1809 against Napoleon, distinguishing himself especially in the battle of Ebersberg, where he was severely wounded.

In 1813, while attached to the bureau of Prince von Hardenberg, he accompanied the allied armies to Paris, and went thence to London.

On the latter journey he met Cardinal Consalvi, with whom he formed a lasting friendship, and whose life he afterward described in his book, “Züge aus dem Leben des Cardinals Hercules Consalvi,” Stuttgart, 1824

In 1815 Bartholdy received the appointment of Prussian consul-general to Italy and established himself in Rome. While he strongly opposed the policy of the eminent historian Niebuhr, then Prussian ambassador at the papal court—a policy which to him seemed weak and unnecessarily lenient toward the Holy See—he gave his firm support to Cardinal Consalvi and the Romanists at the Vienna Congress.

After the Congress of Aix-la-Chapelle, 1818, he was appointed Prussian business representative, with the title of privy councilor of legation, at the court of Tuscany.

In 1825 he was pensioned by the Prussian government.

Bartholdy is the author of the following works, in addition to those mentioned above: “Der Krieg der Tyroler Landleute im Jahre 1809” (1814), and an unfinished work (in manuscript) on ancient glass and glass materials.

An enthusiastic patron of art, great credit is due to Bartholdy for giving a fresh impulse to the revival of fresco-painting.

He engaged four German artists—Cornelius, Overbeck, Schadow, and Veit—to adorn his house with frescos, the well-known Casa Bartholdy, or Casa Zuccari, in the Via Sistina in Rome.

In 1887 the house was torn down, and the famous frescos representing the story of Joseph were bought by the Prussian government and transferred to the National Gallery in Berlin (Donop, “Die Wandgemälde der Casa Bartholdy,” Berlin, 1889).

The Museum of Berlin bought Bartholdy’s important collection of antiques, comprising Etruscan vases, bronzes, ivories, majolicas, etc., which are now displayed in the National Gallery.

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Segue la versione integrale della biografia di Ercole Consalvi, scritta dal Bartholdy e pubblicata due soli mesi dopo la morte del Cardinale.

Züge

aus dem Leben des Cardinals

HERCULES CONSALVI

von J. L. S. Bartholdy

Königl. Preuss. Geh. Leg. Rath.

Mit dessen Bildniss.

Stuttgart und Tübingen,

in der J. G. Cotta’schen Buchhandlung.

1824.

Am 24. Januar 1824, gegen 1 Uhr Nachmittags, starb zu Rom der Cardinal Consalvi im 67. Jahre seines Alters, an einer Entzündungskrankheit, ungefähr funf Monate, nach dem Pius VII. die Augen auf immer geschlossen hatte.

(Traduco solo la frase più importante, ovvero il luogo dove morì il Cardinale: Il 24 gennaio 1824 morì a Roma il Cardinale Consalvi.”)

Die 23 Regierungsjahre Pius VII. bilden eine der merkwürdigsten Epochen in der Geschichte der Päpste; mit welchem seiner Vorgänger man ihn auch vergleiche, Niemand hat ihn an Leiden und an Erfolgen übertroffen.

Alle Rechte, die man Rom von jeher zugestanden, und alle, die der römische Hof angesprochen, sind von ihm geübt worden. Monarchen gesalbt, und in den Bann gelegt; abgerissene Provinzen wieder erlangt; Heilige erklärt, geistliche Orden gestiftet und hergestellt; Reisen unternommen, Verbannung in Gefangenschaft erduldet; im Innern Gesetze und Verwaltung umgeformt; mit fremden Mächten Konkordate geschlossen; und auch zum erstenmale Vergleiche mit protestantischen Fürsten, damit es nicht an einem Beispiele fehle, dass die katholische Kirche denen die Hand reichen könne, die sie nicht bekennen, und dass das heutige Rom, wie das alte, den Jannstempel schliessen dürfe.

Mit dem Namen Pius VII. aber wird auch der Consalvi’s auf die Nachwelt übergehen; in alle wichtige Ereignisse war er verflochten, ja die Seele Vieler derselben; und es gehört zu den Zufälligkeiten, durch die das Schicksal zuweilen die Laufbahn einiger Günstlinge krönt, und gleichsam selbst Blumen auf ihr Grab streut, — dass Consalvi seinen Wohlthäter und Freund nur so lange überlebte, als nöthig war, mit rührendem Eifer dafür sorgen zu können, dass ein würdiges Denkmal dessen Asche in St. Peter bedeckte.

Der Grofsvater Consalvi’s, Brunacci, ward in die Familie der Marchesi Consalvi, eine der ältesten und begütertsten zu Toscanella, adoptirt.

Diese Familie, mit dem Cardinale erloschen, war auch dem römischen Adel einverleibt, und im goldenen Buche des Capitols verzeichnet.

Hercules Consalvi ward am 8. Juni 1757 zu Rom, wo seine Mutter, eine Gräfin Carandini von Modena, WAERENDT IHRER SCHWANGERSCHAFT HINGEREIST WAR, geboren, und in der Kirche von St. Lorenzo in Damaso den folgenden Tag getauft.

(“Ercole Consalvi nacque l’8 giugno 1757 a Roma, dove sua madre, una marchesa Carandini di Modena, ERA ARRIVATA DURANTE LA SUA GRAVIDANZA, e fu battezzato il giorno successivo nella Chiesa di S. Lorenzo in Damaso.

Questo afferma il Bartholdy! In altre parole, Ercole Consalvi stesso gli raccontò che la madre, mentre tornava da Toscanella, fece appena in tempo ad arrivare a Roma, altrimenti egli sarebbe potuto nascere in un luogo qualsiasi durante il tragitto da Toscanella a Roma. Bisogna tener presente che la madre viaggiava in carrozza e che a quei tempi ci voleva una notte intera per fare quei chilometri, che oggi in auto si percorrono in meno di 2 ore.)

Er hatte noch zwei jüngere Brüder, von denen einer unerwachsen starb; der andere, der Marchese Andrea Consalvi, genoss mit dem Cardinale gleiche Erziehung. Diese begann er im Collegio von Urbino. Von dort gingen die Brüder 1771 nach Frascati, dessen Seminarium damals nicht ohne Ruf war; der Cardinal von York, Bischof von Frascati, wachte darüber; Ercole Consalvi ward bald einer seiner Lieblinge, und diese Zuneigung blieb sich bis zu seinem Ende immer gleich.

Consalvi muss frühzeitig ausserordentlich gebildet, und nicht blos des Lateinischen völlig mächtig, sondern auch in der Dichtkunst geübt gewesen seyn; — denn nur ein Jahr später, 1772, ward zu Frascati eine literarische Versammlung, zu Ehren des Cardinals von York gehalten, in welcher Consalvi, bereits bei den Arkadiern unter dem Namen Floridante Erminiano aufgenommen, drei Gedichte hersagte, die sämmtlich gedruckt worden sind:

Das erste ist ein lateinisches Epigramm, auf Samson und Dalilah; das zweite, in italienischen anakreontischen Versen, auf einen zahmen Canarienvogel , anmuthig und voll Bewegung; das dritte ist in versi sciolti und hat zur Ueberschrift: Sul ritorno ai suoi studj, nel 1772; Minerva erscheint dem Jünglinge und ermuntert ihn zu ihrem Dienste, während die personificirte Anstrengung ihm die Mühseligkeiten zeigt, ohne die man das Treffliche nicht erlangt; doch er verachtet solche Hindernisse und weissagt sich den Lohn, der seiner harre:

Aspettan me

Onore, Gloria, Ricchezze al bell’oprare

Sprone, et conforto desiabil. Certo

E’ questo il fato mio; questa è la tela,

Che tralle man del Ciel per me s’intesse.

Ma che? — forse sogn’io? e non piuttosto

Si verace m’ispira amico Nume?

No, che non sogno; e lo vedrò fra poco,

Quando per bella, amabile, fortuna

Contento e lieto di me stesso, i giorni,

Passar vedrammi ognun, che al fuso eterno

L’immita Parca, tutto di mi fila,

E tutt’altro sarò, da quel che or sono.

Der Marchese Andrea stand seinem Bruder in klassischen Kenntnissen nicht nach; an Charakter war er dem Cardinale unähnlich; — der eine lebhaft und thätig, — der andere phlegmatisch und gern der Ruhe fröhnend, — übrigens von gesundem Urtheile, und ein zuverlässiger Rathgeber.

Die zärtlichste Liebe, die bis zur Empfindsamkeit ging, verband die Brüder; der Marchese Andrea starb am 6. September 1807; er begehrte auf dem Todbette vom Cardinale, dass ihre Gebeine in einer und derselben Urne dermaleinst ruhen möchten, wie auch vom Cardinale in seinem Testamente verordnet ist. — Niemals konnte Consalvi sich über diesen Verlust trösten, ja die Sehnsucht nach seinem Bruder schien mit seinem Alter zu wachsen und reger zu werden.

Im Exil, in Frankreich, und 1814 auf der Reise nach England, trennte sich der Cardinal niemals von einem Portrait des Bruders, das er für das Aehnlichste hielt; es mochte etwa 1,5 Fuss Höhe, und 1 Fuf Breite haben.

Die Mauth von Dover fand es bei der Visitation unter seinen Effecten, und sequestrirte es als ein Gemälde in Oel; indem der Cardinal, unbekannt mit den dortigen Douanengesetzen, es nicht angegeben und keinen Zoll dafür erlegt hatte. Sein Kummer war lebhaft; er wandte sich an den Militärgouverneur Lord Rosslyn; aber diesem gelang es eben so wenig, es aus den Händen der Beamten zu befreien. Erst in London erhielt er es, auf sein Ansuchen an Lord Castlereagh zurück, — und empfing es mit Thränen in den Augen.

Der Cardinal Consalvi besass ein Gärtchen und einen Pavillon am Ufer der Tiber zu Rom, dem Ponte rotto gegenüber, mit einer reizenden Aussicht auf den Fluss, wo er die Insel St. Bartolomeo bildet; diess Lokal hatte der Marchese Andrea zu einem niedlichen botanischen Garten umgeschaffen, und hier stehen dessen Marmorbüste und Cenotaph. Die Wände des Hauses, im Innern und Aeussern, sind mit Versen bedeckt, die den Schmerz Consalvi’s über die Trennung vom Bruder ausdrücken.

Consalvi, wenn gleich der Stammhalter der Familie, hatte sich als Schüler in Frascati schon dem geistlichen Stande gewidmet. Die Abneigung der jungen Leute in Italien gegen den schwarzen Mantel und die violetten Strümpfe war damals noch unbekannt.

Auch war der Clerus minder düster und klösterlich; Cardinäle und Prälaten besuchten Theater und Vergnügungen, und der römische Hof verstattete weislich seinen Mitgliedern, — sich von der Welt nicht zu sondern, in der sie wirken und sich bewegen sollten.

Frascati war der Hauptort Villeggiatur des reichen römischen Adels, der dort die Herbstmonate in Pracht und Festen zubrachte.

Consalvi fand leicht Zugang zu diesen Cirkeln, und seine Anhänglichkeit an mehrere der ersten römischen Herren und Damen hatten dort ihren Ursprung.

Ausser mit den strengen Wissenschaften beschäftigte er sich mit Musik, die Leidenschaft bei ihm ward. In Privatconcerten liess er sich auf der Violine huren, die er bei D. Angelo Graciani, Kanonikus und Lehrer am Collegio von Frascati, erlernt.

Dieser Canonicus, ein 80jahriger Mann, lebt noch zu Frascati; jedesmal, wenn er nach Rom kam, speiste er bei seinem Zöglinge, dem Cardinale, der nie ermangelte, ihm beim Weggehen die Taschen mit Zuckerwerk zu füllen. Dieser Alte hatte eine Vision erdichtet, die er als wahrhaft mit grossem Ernste vortrug: Er sey nämlich einstmalen, von einem Schwarzkünstler in der Johannisnacht, auf einem Zauberrosse, zum berüchtigten Nussbaume von Benevent entführt worden, und hahe dem Hexenball dort Leigewohnt.

Einige Jahre später, als Cimarosa öfter nach Rom kam, um Opern für die Römischen Theater zu setzen, brachte Consalvi ganze Nächte mit ihm zu, und es war für ihn ein Genuss, der erste zu seyn, seine neuen Compositionen zu hören; er besass die Sammlung von Cimarosa’s Werken, und viele von dessen eigener Hand geschrieben.

Consalvi’s Freundschaft war niemals unfruchtbar. Da Cimarosa in beschränkten Vermögensumständen starb, sorgte er für dessen hinterlassene Tochter, und stattete sie aus, als sie den Schleier im Kloster del bambin Gesü zu Rom nahm. Sie leitet, mit angeerbtem Talente, den Chorgesang und die aufserordentlichen Musiken, die von den Nonnen gegeben werden. In Consalvi’s leztem Willen ist ihrer und des Klosters gedacht.

Als Staatssecretär besuchte er das Theater nicht mehr; aber sein Interesse dafür blieb dasselbe. Er trug dazu bei, dass Frauen die römische Bühne betreten durften, indem zuvor Soprane die Rollen der Sängerinnen, und Männer die der Tänzerinnen ausgefüllt hatten.

Rossini’s Musik behagte ihm nicht; vielleicht machte seine Vorliebe für Cimarosa ihn unwillig gegen den Künstler, der dessen Ruf verdunkelte. Den Musikbanden verbot er, in seiner Gegenwart Arien und Harmonien von Rossini zu geben.

Am 4- November 1776 verliess Consalvi das Collegium von Frascati und trat zu Rom in die Accademia Ecclesiastica, eine Pflanzschule, aus der manche Prälaten von Gewicht hervorgegangen sind. Er blieb darin bis zum October 1781.

Pius VI., der Verdienst zu unterscheiden wusste, und der junge und für das Interesse, das sie zu verfechten hatten, warme Gemüther für Stellen im Auslande am fähigsten hielt, warf seine Augen, nachdem Consalvi die Studien vollendet hatte, für die Nunciatur von Cöln auf ihn; ein Posten, bedeutend in einer Epoche, wo der heilige Stuhl oft in Opposition mit dem deutschen Reiche war, und die Conferenzen von Ems, in den geistlichen Churfürstenthümern , bevorstanden.

Aber Consalvi, der solche Bürde für zu schwer hielt, schlug den Antrag aus; diess war nicht ohne Gefahr bei Pius VI., der Eigenwillen hatte. Die Weigerung indessen, die jedem andern geschadet haben würde, ward vom Papste diessmal nicht geahndet, und Monsignore Pacca (gegenwärtig Cardinal Camerlengo) gieng nach Cöln ab.

Die Laufbahn der Prälaten im Geschäftsleben ist dreifach; die der Nunciaturen oder auswärtigen Angelegenheiten, die der Verwaltung, und die gesetzliche. Consalvi wählte die leztere, und ward im August 1786 Ponente del buon governo, eine Stelle, die der eines vortragenden Kathes bei der Regierung entspricht.

Aus dieser Epoche datirt seine Freundschaft mit Mons. Giuseppe Albani, jezt Cardinal Secretär der Breven und Mons. Alessandro Lante. Ersterer höher im Range und an Geburt, als Consalvi, stellte ihn seinem Oheim, dem Cardinal Giov. Francesco Albani, und seinen Eltern vor, deren Haus fürstlich geführt ward; mit Lante war Consalvi’s Verbindung noch inniger; sie sollen sich gegenseitig das Wort gegeben haben, dass derjenige, der von Beiden zuerst zu Einflüsse gelangte , ihn für den Ändern verwenden wolle; Mons. Lante ward 1800 nach dem Regierungs – Antritte Pius VII. zum Tesoriere oder Finanzminister, und 1816 zum Cardinal befördert. Er starb 1818 als Legat zu Bologna; Consalvi nannte seinen Verlust unersetzlich; er war unter allen Cardinälen sein Vertrautester gewesen.

Im Jahre 1789 trat Consalvi als Votante oder Richter ins Tribunal der Segnatura, und im December 1792 ernannte ihn Pius VI. unter mehr als 20 Concurrenten von Ansehen; zum Uditore della Sacra Rota; der Papst wollte die Freude Consalvi’ s darüber geniessen; es war wider seine Art, die Prälaten vorzulassen, die sich zur Audienz meldeten, – um für Aemter zu danken, er machte mit dem neuen Uditore della Sacra Rota eine Ausnahme, und empfing ihn mit Ausdrücken des höchsten Wohlwollens.

Oft äufserte Consalvi, wenn man von der Gunst sprach, in der er bei Pius VII. stand, — dass Pius VI. ihm vielleicht gewogener gewesen sey , als sein Nachfolger.

Auch sah er niemals ohne dankbare Rührung einen nahen Angehörigen Pius VI.; dem jetzigen Erben des Hauses, dem jungen Herzoge Braschi, hat er bei dessen Majorität den Besitz des Gärtchens bei Ponte rotto vermacht.

Die Stelle eines Uditore di Rota gehörte damals zu den vornehmsten der Curia Romana; diess Tribunal geniesst nicht blos die meisten Ehren – Privilegien in Rom, sondern es galt auch für das erste, wegen des Rufes der Kenntnisse, und der strengen Rechtlichkeit seiner Mitglieder. Von allen Ecken Italiens wurden schwierige Fälle seiner schiedsrichterlichen Entscheidung unterworfen.

Die Rota bestand aus Männern verschiedener Nationen; drei waren Römer, zwei Spanier, nämlich einer aus Castilien, der andere aus Arragonien, ein Deutscher , ein Franzose, ein Venetianer, welches Vorrecht die Republik von Sixt V. erhalten hatte, indem sie an die Stelle des protestantisch gewordenen Englands trat; ein Bologneser, seit die Stadt sich Julius II. unterworfen hatte; ein Mailänder, durch die Vergünstigung ihres Mitbürgers Pius IV. und endlich ein Peruginer, der mit e1nem Ferraresen alternirte, seitdem Clemens VIII. von dem Herzogthume Besitz genommen. Diese Anordnung ist gegenwärtig verändert, ohne dass eine neue Regel beliebt worden.

Consalvi ward Uditore für Rom. SEINE ZUFAELLIGE GEBURT IN DER STADT KAM IHM DABEI SU HILFE.. Mons. Albani schoss die nöthigen Summen zur Behauptung des Ranges vor. — Der Posten war Consalvi um so angenehmer, als die langen Ferien ihm die Aussicht gönnten, während desselben Reisen zu machen, für die er Geschmack hatte.

Der Cardinal von York nahm Antheil an den Fortschritten seines Schützlings. Er liess ihn häufig nach Frascati kommen; und Consalvi, der einerseits seinen freundlichen Einladungen Folge leisten, — andererseits jedoch seine Amts – Pflicht nicht versäumen wollte, brach sich manche Stunde des Schlafes ab; eine Gewohnheit, die er beibehielt, und die zur Untergrabung seiner Gesundheit beigetragen.

Graf und Gräfin von Albany hielten sich in Rom auf; diese Namen hatten der Prätendent von England, Bruder des Cardinals von York, und seine Gemahlin, eine geborne Fürstin von Stollberg-Gedern, angenommen; und als die Gräfin, der Trunkenheit und üblen Behandlungen des Grafen müde, sich von ihm trennte, und in ein Kloster flüchtete, trug Consalvi als Vermittler bei, den Unwillen des Cardinals von York zu massigen, und dem gänzlichen Zerfallen mit seiner Schwägerin vorzubeugen; die Gräfin von Albany, mit der Consalvi seitdem in Correspondenz blieb, war unter den Damen, denen er Andenken aus seiner Verlassenschaft zugedacht; doch überlebte sie ihn nur um vier Tage.

Die Verbindungen, die Consalvi in der Folge zwischen dem heiligen Stuhle und Grossbritannien angeknüpft, machten es allein thunlich, dass der König von England den Gedanken ins Werk setzen konnte, auf seine Kosten den drei lezten Stuarts zu Rom ein Denkmal setzen zu lassen, das ihn eben so ehrt, als Jene; die Ausführung ward Canova übertragen; doch entspricht das Monument in St. Peter nicht dem Rufe dieses Bildhauers.

Die Ereignisse der Welt und des Tages beschäftigten Consalvi lebhaft, noch ehe sein Amt oder seine Lage es erheischten; er las begierig die Zeitungen, und combinirte Thatsachen und Daten mit schnellem Ueberblicke, — eine Uebung, die ihm als Minister häuf1g die Depeschen der Nuncien überflüssig machte.

Aufserdem hielt er darauf, bei zahlreichen Besuchen Neuigkeiten anzukündigen und auszutauschen; so lernte er durch seine Beweglichkeit viele Menschen kennen, und erhielt den Umgang mit ihnen aufrecht.

Man traf ihn in allen guten Häusern, und die romischen Satyriker, denen nichts entschlüpft, gaben ihm den Beinamen: Monsignore Uhique!

Diese Methode, blieb ihm eigen; zu Venedig fand er Mittel, fast jeden Tag die 34 Cardinäle zu sehen und zu sprechen, die dort vor dem Conclave zerstreut wohnten; und noch als Staatssecretär war er erstaunlich beslissen, Gesandten und Fremden von einigem Namen Visiten zu machen.

Bis zu 1791 und 1792 war die Regierung Pius VI trotz der Reise nach Wien, und der gescheiterten Verhandlungen mit Joseph II., glücklich gewesen, aber seit Anbeginn der französischen Revolution wuchsen Sorgen und Beleidigungen. Die Decrete der National – Versammlung und des Convents zerstörten die katholischen Kirchen in Frankreich ; Avignon und Carpentras waren dem heiligen Stuhle entrissen, das .Bildniss des Papstes in Paris verbrannt, und sein Consul in Marseille beschimpft und gezwungen worden, das Wappen von seinem Hause abzunehmen.

Die Ausgewanderten flohen nach Rom; Mesdames de France , die Tanten Ludwigs XVI. waren seit April 1791 dort angekommen; Consalvi, ein heftiger Gegner politischer Neuerungen, die den Rechten des Papstes Eintrag thaten, ward in ihrer Gesellschaft gerne gesehen und in den Augenblicken, wo die Royalisten sich noch schmeicheln durften, bald siegreich in ihre Heimath zurückzuziehen, horte man oft beim Cardinal de Bernis, dass alsdann Niemand angenehmer al Nuncius zu Paris sejm würde, wie Monsignore Consalvi.

Eine Reihe von Ermahnungen und Vorstellungen folgten nun von Seite des Papstes schrittweise auf die immer heftiger werdende Bedrückung des gallicanischenClerus, und reizten die Machthaber in Frankreich zum Zorne.

Kaum hatte Frankreich sich als Republik constituirt , so sandte es ohne Verzug seine Emissäre nach Rom, es aufzuwiegeln; doch fanden sie keinen Eingang beim Volke, es beharrte, wie Basseville sich in einem Berichte ausdrückte, inelevable! (unerziehbar).

Dennoch wollte dieser Unglückliche einen Versuch machen, es an den Anblick der Insignien der Republik zu gewöhnen. Er fiel am 13. Januar 1793 in einem Aufruhre des Pobels, ein Opfer seiner Unvorsichtigkeit.

Einen Monat später decretirte der National-Convent blutige Rache für seine Ermordung, und es war nicht zu bezweifeln, dass man sie ins Werk richten würde, sobald es sich thun liesse; die französischen Waffen wurden immer furchtbarer, und wenn schon in Italien noch einige Feldzüge zweifelhaft ausfielen, so fesselte doch kurz darauf Bonaparte den Sieg an seine Fahnen. Die grossen Mächte sahen sich gezwungen zu unterhandeln; römische Provinzen sollten als Entschädigungen dienen.

D. Manuel Godoy, der Friedensfürst, war einer der ersten, der dem französischen Directorium den Vorschlag machte, den Herzog von Parma durch die Staaten des Papstes zu vergrößern, und den heil. Stuhl nach Sardinien zu verlegen.

D. Manuel Godoy, später aus Spanien vertrieben, — von keiner der Factionen, die sein Vaterland zerrissen, aus der Verbannung zurückgerufen, hat seitdem zu Rom mit dem Schütze Pius VII. eine Zufluchtsstätte gefunden.

Unter solchen Umständen konnte Pius VI. für die Erhaltung des heiligen Stuhls mehr von einem erneuerten Kriege, als von einem treulosen Frieden hoffen. Er rüstete sich, so gut er vermochte, warb Truppen, und liefs einige fremde Generale kommen. (Colli und Bartolini).

Die römischen Prälaten haben es mit den altrömischen Patriciern gemein, die verschiedenartigsten Stellen ausfüllen zu müssen; Consalvi ward zum Assessore delle Armi, das heifst zum Kriegsministerium, ernannt.

Eine aufgefangene Depesche des Staatssecretärs, Cardinals Busca, gab Bonaparte den ersehnten Vorwand gegen Rom aufzubrechen, und im Februar 1797 musste der Papst den Tractat von Tolentino unterzeichnen, der ihm die Legationen, eine Auswahl von Kunstwerken, und fast alles baare Geld des Landes kostete; Ancona kam provisorisch in den Besitz der Feinde.

Die Herrlichkeit Roms war dahin, statt dass zuvor Millionen aus allen katholischen Reichen einflossen, war man gezwungen die Kirchenschätze anzügreifen, Papiergeldgeld in Umlauf zu setzen, die Cassen der Privatleute und der moralischen Körper zu besteuern.

Trotz dessen blieb das Volk ergeben. Die Aufreizungen der Franzosen und ihrer Söldlinge brachten die entgegengesezte Wirkung hervor. Der Fanatismus des Pöbels gegen sie wuchs, und ward düster und wild; die Madonnen an den Strassen- Ecken verdrehten die Augen; Tag und Nacht erfüllten Processionen die Stadt. Die Nachrichten aus den Marken erbitterten; mit Hülfe der französischen Garnison hatte sich Ancona vom heiligen Stuhle unabhängig erklärt, und den Aufruhr bis nach Urbino und Pesaro verbreitet.

17

Die römischen Freiheits – Schwärmer kannten im Allgemeinen die Absicht der Franzosen, jede Revolution zu begünstigen; sobald sie die Umwälzungen von Genua und Venedig vernommen, fingen sie an an Bonaparte zu schreiben; Einige begaben sich zu ihm, und ersuchten ihn, den Kirchenstaat zu regeneriren. Sie streuten aufrührerische Schriften aus, zur Empörung einzuladen.

Die Regierung, schnell hiervon unterrichtet, liess Anfangs August einige Rädelsführer verhaften, und vereitelte ihr Unternehmen.

Der französische Gesandte Cacault nannte diesen Versuch: die Verschwörung der Unbedachtsamen, (la Conspiration des etourdis), und Joseph Bonaparte, der bald nachher an seine Stelle nach Rom kam, schrieb seinem Bruder Napoleon:

„Dafs wenn auch jene Leute wie Brutus und andere grosse Männer des Alterthums gedacht, so hätten sie doch wie Weiber gesprochen, und wie Kinder gehandelt.”

Nichtsdestoweniger verwendeten sich diese Minister für die eingesperrten Patrioten, und erlangten ihre Freilassung.

Der erste misslungene Anschlag hinderte diese Tollköpfe nicht, einen zweiten zu unternehmen.

Unter dem Bildhauer Ceracchi (demselben, der später Bonaparte nach dem Leben trachtete, und zu Paris hingerichtet ward) versammelten sie sich in der Nacht auf den 28. December auf dem Pincio, steckten die dreifarbige Cocarde auf, und schickten sich an, Freiheitsbäume in Rom zu pflanzen, doch beim Anrücken einer Patrouille liefen sie ohne Gegenwehr auseinander.

Am 28. December begab sich das Gesindel zum französischen Botschafter ; in der Nähe des Pallastes Corsini, den er bewohnte , riefen sie: Es lebe die Republik ! Es lebe das römische Volk!

Ceracchi drang bis in Joseph Bonaparte’s Zimmer; dieser befahl ihm, sich zu entfernen, und mehrere anwesende französische Offiziere, General Duphot, Eugen Beauharnois, Arrighi und Sherlock, hätten der Weisung thätlichen Nachdruck gegeben, wenn der Botschafter es nicht verboten.

Während dessen sprengten einige römische Cavalleristen durch die Lungara, und schossen auf die Aufrührer vor dem Pallaste. Bald darauf erschien ein Detaschement Infanterie bei der Porta Settignana. Die Patrioten flüchteten in die Hofe, und auf die Treppen des Hotels der französischen Gesandtschaft.

Joseph Bonaparte ging auf den Commandanten der päpstlichen Soldaten zu, der seine Leute aus Achtung vor ihm zurücktreten liefs. Die Aufrührer, die diess bemerkten, wurden kühner und rückten nach.

Die Soldaten machten nun Halt, und gaben Feuer auf sie; Joseph Bonaparte wollte sich ins Mittel legen, aber die Soldaten streckten den General Duphot, der vor ihm her schritt, und sich unter Schimpfreden mit gezogenem Säbel näherte, mit Flintenschüssen zu Boden; der Botschafter rettete sich durch ein anstossendes Gässchen in seine Wohnung. An demselben Abende noch Verlangte er seine Pässe , und reiste nach Florenz ab.

Die Patrioten schäumten vor Wuth gegen Consalvi, welchem sie die Verhaltungsbefehle des Militärs baimaassen; diese aber besagten nichts weiter, als bei Aufläufen Gewalt mit Gewalt zu vertreiben.

19

Napoleon war in jenem Augenblicke zu Rastadt, von wo er sich nach Paris begab, die Deputirten der römischen Patrioten wanderten ihm nach, und schilderten diese Ereignisse so schwarz als möglich. Sie erzählten bei ihrer Rückkehr, Napoleon, bei dem sie gespeist, habe geäufsert: „Leute, wie Consalvi, verdienten, dass der Henker ihnen auf den Hals träte” (Che il boja lor calpestasse il collo!)

General Berthier bekam vom Directorium den Auftrag gegen Rom zu marschiren, und der päpstlichen Regierung ein Ende zu machen.

Die Versuche Pius VI., durch Unterhandlungen den Sturm von der Haupt-Stadt zu entfernen , misslangen.

Am 10. und 11. Februar 1798 rückten die ersten Franzosen zu Rom ein, sie besezten Castel S. Angelo, und gaben den gefangenen Jakobinern die Freiheit. Einige hundert Mann lagerten auf Monte Cavallo und Araceli. Am 12ten verstärkten sie sich durch eine ganze Brigade, und sogleich begannen die Verhaftungen; Consalvi war auf der ersten Liste.

Die Franzosen verabschiedeten die päpstlichen Truppen, mit Ausnahme von 5ooMann, und die Leibwache, die aus den Cavalleggieri Corazze und Schweizern bestand.

Hierauf feierten sie auf dem Campo Vaccino die lächerlichsten aller Comitien, und verkündeten vom Capitole herab die Selbstständigkeit des römischen Volks.

Den 15. Februar, am Krönungstage des Papstes, begaben sich, dem Gebrauche gemäss, die Cardnäle und Prälaten nach dem Vaticane, ihm aufzuwarten.

Diesen Moment wählte der französische Platzcomandant , General Cervoni , ein Corse von Geburt, der aber Rom, wo er einige Studien gemacht, gut kannte, um vor Pius VI. zu erscheinen, ihm seine Entthronung zu verkünden, und ihn aufzufordern, die Souveränetät des römischen Volkes anzuerkennen.

Der Papst erwiederte: Seine Herrschaft käme von Gott, und es stünde nicht in seiner Willkühr, ihr zu entsagen. In einem Alter von 8o Jahren habe man nichts mehr für sich zu fürchten , und er erwarte mit Hingebung, was man über ihn verhängen werde.

Die Ruhe des Papstes war für die Franzosen ein Querstrich. Sie hatten gehofft, er würde begehren, Rom zu verlassen, nun aber mussten sie ihn selbst dazu nöthigen.

Sie verjagten seine Wachen, und am 18. Februar gebot ihm der Commissär Haller, sich binnen zwei Tagen zur Abreise zu bereiten.

Am 2o. Februar wurden Pius VI., sein Neffe, der Herzog Braschi, Mons. Caracciolo, Maestro di Camera, und Mons. Spina, der die Verrichtungen eines Maggiordomo übernahm, nach Siena abgeführt, wo sie fast drei Monate blieben.

Consalvi war unterdessen, wie mehrere Cardinäle und Prälaten, theils im Kloster Alle-Convertite , theils in der Engelsburg gefangen gehalten worden. Am 21. März brachte man sie nach Civitavecchia; wäre Consalvi dort einige Tage geblieben, so hätte er sich vermuthlich ruhig nach Toscana einschiffen können, denn all sein Dichten und Trachten ging dahin, dem Papste zu folgen ; — aber die Verwendung der Familie Patrizi für ihn bewirkte, dass man ihn nach der Engelsburg zurückbrachte.

Die römischen Patrioten, zornig hierüber, wollten ihn auf dem Rücken eines Esels durch die Stadt führen, wie es mit Dieben und Schwindlern zu geschehen pflegt. Der Prinz Chigi erfuhr es, eilte zu ihm, und beschwor ihn, sich solchen Behandlungen nicht auszusetzen , und, wie man verlangte, nach Neapel zu gehen, Consalvi hatte dazu keine Lust, und antwortete: Che importa che mi mettino sul sommaro, hasta che dopo mi lasciano andare in Toscana!

Die Franzosen gaben zwar die Unwürdigkeiten der Patrioten nicht zu, allein am 14- April packte man Consalvi mit einigen gemeinen Züchtungen in Wagen und fuhr sie nach Terracina.

Der römische Moniteur zeigte diess wie folgt an: „L’Ex monsignore Consalvi e stato rilasciato, e per misure generali espulso, hanno subito l’istesso destino, Paradisi, Piccirilli, ed altri Carnefici del passato governo”

Consalvi war so glücklich gewesen, am Obristen Mouton, Commandanten von S. Angelo, einen Mann zu finden, der ihn mit der Schonung behandelte, die er verdiente; Consalvi traf ihn 1801 zu Paris, und versäumte nicht, ihn aufs wärmste dem ersten Consul zu empfehlen, der nach dem Abschlusse des Concordats willig war, dem Cardinale gefällig zu seyn. Mouton avancirte schnell, und ward binnen wenigen Jahren, Divisions-General und Graf von der Lobau.

Auch der Commandant von Terracina bezeigte sich nicht lieblos gegen Consalvi; Consalvi nämlich sagte ihm voraus, dass man die Exilirten an der neapolitanischen Gränze nicht einlassen würde, und der Commandant gab seinen Vorstellungen Gehör, es zuerst mit den andern Sträflingen zu versuchen.

Die neapolitanische Besatzung zu Portello machte wirklich Miene, auf sie zu schiessen.

Consalvi blieb jezt 25 Tage im Schlosse von Terracina, bis er auf Bitten des Cardinals York vom Minister Acton die Erlaubniss erlangte, nach Neapel kommen zu dürfen.

Von dort segelte er, nach wenigen Monaten, auf einem kleinen Fahrzeuge, in Gesellschaft des Herzogs Cerri nach Livorno.

Siena war vom Erdbeben heimgesucht worden, und Pius VI. hatte es am 3o. Mai verlassen , um die Karthause, drei Miglien von Florenz, zu beziehen, wo der Grossherzog ihm ein Obdach gewährte.

Um welche Zeit ist ungewiss, aber es gelang Consalvi zweimal, den Papst dort zu sehen. Er fand ihn noch frisch am Geiste, und blühend an Farbe, aber an den Beinen gelähmt, und unvermögend sich von seinem Sessel zu erheben. Der Trost Consalvi’s, seinen Zweck erreicht und seine Pflicht erfüllt zu haben, war gross; doch erlaubte man ihm nicht lange bei Pius VI. zu verweilen.

Der Papst wurde in der Karthause eifersüchtiger bewacht, als zuvor im Augustiner – Kloster zu Siena. Die Franzosen schöpften Argwohn, dass man ihn entführen wolle. Monsignor della Genga , hiess es, sey hingekommen, mehrere seiner Wächter zu bestechen, und die englischen Capitäne, die an den toscanischen Küsten kreuzten, wären angewiesen, Pius VI. aufzunehmen, und hinzuschiffen, wohin er begehren würde.

Consalvi reiste von Toscana nach Modena zu seiner mütterlichen Familie, dann nach Vicenza, wo sein Oheim, der Cardinal Carandini, sich aufhielt. Den Zeitraum bis zur Wahl Pius VII. brachte er theils auf der venetianischen Terra ferma, theils zu Venedig zu, mit Ausnahme einer Ausflucht nach Triest, als die Cardinäle von York und Joseph Doria daselbst anlangten.

Die Franzosen hatten um die Mitte von 1799 Neapel und Piemont erobert , den König Victor Emanuel verjagt, und Bonaparte befand sich mit dem Kerne des Heeres in Egypten, als die Coalition gegen Frankreich, deren Armee Souwarow befehligte, in der Lombardei Fortschritte machte.

Das Directorium befahl im März 1799 , Pius VI. von der Karthause bei Florenz nach Briancon, und (da im Junius sich der Krieg der französischen Gränze näherte) von dort nach Valence im Dauphiné abzuführen.

Sein Zug durch Frankreich, was das Directorium nicht vorausgesehen, glich einem Triumphe; die Bevölkerungen ganzer Ortschaften erwarteten seine Durchfahrt auf den Knieen. Man drängte sich um ihn, seinen Segen zu erbitten , und ihm Ehrfurcht und Mitleid zu zollen.

Am 19. August wurden zu Valence die Unpässlichkeiten des Papstes bedenklich, und nach einer Krankheit von 10 Tagen verschied er im 82sten Jahre seines Lebens und im 25sten seiner Regierung, die längste in den Annalen der Päpste, seit St. Peter, der Tradition gemäss, auf dem römischen Stuhle gesessen.

Drittehalb Jahre später gab Napoleon Monsignore Spina der bis zum lezten Hauche Pius VI. bei ihm ausgeharret, die Erlaubniss, dessen Gebeine nach Rom zurückaubringen.

Es war voraus bestimmt worden, dass das Conclave da seyn solle, wo sich unmittelbar nach Pius VI. Tode die meisten Cardinäle zusammen befinden würden, und da im September 1799 viele im Venetianischen lebten, so ward mit Bewilligung des Kaisers vom Cardinal-Decane, Gian. Francesco Albani, das Conclave zu Venedig anberaumt.

Am 1. December 1799 zogen 34 Cardinäle in das zu dem Ende eingerichtete Benedictinerklosler von San Giorgio Maggiore, und nachdem der Cardinal Herzan von Wien eingetroffen, stieg die Zahl auf fünfunddreifsig.

Der jedesmalige Secretär der Congregation del Concistorio ist der Regel nach auch Secretär des Conclave; er versieht während dessen Dauer die Geschäfte des Staatssecretärs und kommt daher in Berührung mit den auswärtigen Botschaftern, so wie sein Posten ihm gleichfalls Gelegenheit gibt, sich den Cardinälen angenehm zu machen.

Monsignore Negroni, Secretär des Consistorii, be- hagte jedoch den Cardinälen zu Venedig nicht. Sie beschlossen, einen Andern für das Conclave zu wählen; Mgr. Caleppi, Mgr. Devoti und Mgr. Consalvi waren die Candidaten. Doch weder Caleppi noch Devoti konnten sich die erforderlichen Stimmen verschaffen , trotz der Bemühungen des Cardinah Antonelli für den Lezteren; der Einfluss der Cardinäle Albani, York, Braschi und Carandini entschied für Consalvi.

Vier Monate lang schwankte man im Conclave zwischen den Factionen Bellisomi’s und Mattei’s; endlich vereinigte man sich durch eine Art Compromiss auf Chiaramonte. — Vor der Wahl befragt: Ob er sie annehmen würde? — soll er sich Anfangs geweigert — und endlich nur dem Zureden des Cardinals Fabrizio Ruffo und Consalvi’s nachgegeben haben.

Consalvi hatte Chiaramonte als Bischof von Tivoli und Cardinal von Imola wenig oder gar nicht gekannt; aber im Conclave frühe beobachtet , wie seine Aura, so nennt man das Lüftchen, das zum heiligen Stuhle emporträgt, anwuchs.

Eben so unterschied Pius VII., dem es weder an Feinheit noch an Tact fehlte, in Consalvi Eigenschaften, die ihm vielleicht um so mehr zusprachen, da sie diejenigen ergänzten, die ihm mangelten; nämlich: Unermüdlichkeit im Arbeiten, Muth, Verantwortlichkeit auf sich zu laden , und Einsicht in die politische Lage Europa’s.

Mehreren Cardinälen, die sich um das Staatssecretariat bewarben, wich der Papst mit der Ausflucht aus : dass er noch ohne Staat sey, und ein Cardinal mithin für dieses Amt nicht passen möchte; und da er Ursache habe, mit Consalvi zufrieden zu seyn, so wolle er ihn vorläufig als Prosegretario di Stato beibehalten.

In älteren Zeiten waren der Staatssecretär und der Secretär der Memoriale häufiger Prälaten als Cardinäle.

Während des Conclave blieben die verbündeten Mächte Herren von beinahe ganz Italien. Bald darauf aber erzwang Bonaparte (seit dem 18. Brumaire erster Consul) den Alpenübergang.

Pius VII, sehnte sich so schleunig als möglich nach Rom zu kommen ; gleich nach der Krönung ernannte
er die Cardinäle Gian. Franc. Albani, Rovarella und della Somaglia als Legaten a Latere, seine Staaten in Besitz zu nehmen; doch verzögerte sich deren Ueber- gabe, aus den Händen der Oestreicher und Neapolitaner, bis zum Junius und nach der Schlacht von Marengo.

Um die Legationen, die nicht restituirt werden konnten , nicht zu berühren, schiffte sich der Papst, und mit ihm Consalvi, auf der Fregatte Bellona am 9. Jun, zu Venedig ein; St. PetersBarke hatte mit Sturm und Ungewitter zu kämpfen, — und ward bis zu den Küsten von Istrien verschlagen, ehe sie am 17. Jun. zu Pesaro landen konnte.

Am 3. Jul. hielt der heilige Vater seinen freudigen Einzug zu Rom.

Die römische Republik hatte eine zu ephemere Dauer gehabt , um Wurzeln treiben zu können. Sie hatte Manches vernichtet; aber das Alte war um so leichter wieder herzustellen, da alle vormaligen Beamten, zwar zerstreut, doch noch vorhanden waren.

Keine Rache , keine gehässigen Verfolgungen befleckten die Rückkehr der päpstlichen Regierung; im Jahre 18oo wie 1814 übten Pius VII, und seine Minister Milde und Vergessen. Kein Hochverräther ward

unter Pius VII. am Leben gestraft, obschon 1817 die Verschwörer von Macerata, die Blut und Brand im Schilde führten, das Schaffott verdient hätten, zu dem sie verurtheilt worden waren.

Die Constitution: Post diuturnas (man nennt nämlich alle lateinische Constitutionen, Breven und Bullen der Päpste nach ihren Eingangsworten) war eine der frühesten, die Pius VII. promulgirte, und insofern wichtig, als sie sich als Vorläuferin von Reformen in der Justiz und Administration ankündigte.

Am 11. August hielt der Papst ein Consistorium, in dem Consalvi den rothen Hut bekam; sein erster Titel war Cardinal-Diaconus von St. Agata alla Suburra; er vertauschte ihn 1817 nach dem Tode des Cardinals Braschi gegen den von St. Maria ad Martyres, der christliche Name des Pantheons. Es ist ein Recht der Cardinäle, nach ihrer Anciennetät unter den vacanten Titeln optiren zu dürfen. Die Priesterweihen nahm Consalvi niemals.

Wenige Tage später beförderte Pius VII. ihn vom Pro-Segretario di Stato zum wirklichen Staatssecretär.

Aus seinen ersten Edicten über Finanzen, Verwaltung und Aufmunterung des Kunstfleisses und Ackerbaues leuchtete hervor, dass das Bewusstseyn rege geworden, in den Bedrängnissen des Staates mehr auf eigene Hülfsquellen, als auf die des Auslandes zu zählen.

Hierauf erschienen die Motuproprio’s über den freien Getreidehandel, deren Durchsetzung dem Staatssecretär, wie er oft äufserte, unsägliche Mühe kostete. In Italien hatte der Grofsherzog Leopold von Toscana das erste Beispiel gegeben.

Die Annona verschlang dem römischen Aerario ungeheure Summen, — und sie beeinträchtigte den Landbau, um die Wohlfeilheit des Brodes zu erhalten. Sobald nämlich die Kornpreise stiegen , ward die Ausfuhr des Getreides verboten, und Leute ausgesendet, für Rechnung des Schatzes zu kaufen.

Die Päpste, wie die Cäsaren, hatten stets eine grosse Furcht vor dem Geschrei der Proletarier, die Annona war an die Stelle der Kornaustheilungen getreten; — das Murren, des Volks und derer, die sich nicht mehr durch Lieferungen bereichern konnten, wurden laut, als man den verjährten Mifsbrauch angriff.

Zum Glücke fand Consalvi unter den Cardinälen an Fabrizio Ruffo einen mächtigen Alliirten; er hatte als Tesoriere schon den Nutzen des Commercio libero begriffen , und diese Massregel in Anregung gebracht.

Nichtsdestoweniger dauerten, und dauern noch gegenwärtig, manche Fesseln und Beschränkungen fort.

Während man im Innern Ordnung und Regelmässigkeit zu schaffen suchte, erhellte sich auch der Horizont von Aussen: es eröffnete sich die Aussicht, die catholische Kirche in Frankreich wieder aus ihren Trümmern erstehen zu sehen.

Napoleon wollte seine Gewalt auf dauerhaftere Grundlagen bauen, als die Autoritäten, die ihm seit 1793 vorangegangen waren; die Herstellung des ca- tholischen Cultus in Frankreich, und eine gewisse Abhängigkeitder Priester vom romischen Stuhle, unter seiner Aufsicht, hielt er, wie die Aussöhnung mit dem Papste, und die Beruhigung der Käufer von geistlichen Gütern durch ihn, für erforderlich; er sah ein: dass es ihm leichter werden würde, sich mit Pius VII. zu verständigen, als mit dem Haufen geschworner und ungeschworner Priester und Bischöfe, deren jeder einzeln als Parteigänger Krieg gegen ihn führen konnte.

Man lese die meisterhafte Rede des Staatsrathes Portalis, wo diess alles auseinander gesezt ist, in einer Schrift, hetitelt: Concordat entre le gouvernement francois, et le Pape Pie VII., avec les bulles, discours et reglements relatifs a l’organisation des Cultes en France; Paris chez J. J. Fuchs , et à Hamhourg chez A. Campe 1802.

De Pradt’meinte : Wenn der Papst nicht existirte, — so hätte ihn Napoleon schaffen müssen, — wie die Römer in der Noth einen Dictator schufen.

Monsignor Spina, jezt Cardinallegat zu Bologna ward, sobald nur Bonaparte seinen Willen gezeigt, ernsthaft mit dem heiligen Stuhle zu unterhandeln, nach Paris abgeschickt.

So wie jedoch der erste Consul seine Vorschläge mittheilte, verlor sich die römische Curia in Bedenklichkeiten und Zögerungen ; Napoleon, gewohnt, durchzugreifen, und seine Tractate zu erstürmen, ward ungeduldig, und drohte abzubrechen; er befahl dem Minister Cacault, seine Pässe zu verlangen,

gen, wenn man dem Begehren, das er für hielte, nicht nachkäme.

Cacault nahm es über sich, seine Abreise zu verschieben , falls der Staatssecretär sich in Person zum ersten Consul verfügen wolle.

Im Junius begab Consalvi sich wirklich auf die Reise; in Paris angekommen, fragte er an: Wann Bonaparte ihn zu empfangen wünsche? Man holte ihn ohne Verzug in die Tuillerien ab, wo er alle Generale und Anwesende in grofser Galla versammelt sah.

Die Thüre des Cabinetts öffnete sich, und der erste Consul trat heraus; er schien verdriesslich, Consalvi nicht in langem Gewande und Purpur zu erblicken, wie er ihm hatte zu verstehen geben lassen; doch dieses Costum tragen die Cardinäle blos vor dem Papste, und wenn sie in Rom Kirchen besuchen.

An auswärtigen Hofen erscheinen sie in schwarzer Abbaten-Kleidung , mit rothen Strümpfen, Räppchen, und rothem Unterfutter, und Vorstofse des Rockes.

Bonaparte ging auf Consalvi zu, und sagte ihm nach der Begrüssung: Monsieur le Cardinal, il faut terminer en cinq jours; je le veux absolument; il faut conserver l’Eglise; il nous faut de la religion! Der Cardinal erwiederte, dass er nicht verzweifle, sich binnen vier Tagen zu verständigen.

Mit Consalvi unterhandelten für Rom Monsignor Spina und der Pater Caselli, Servil, jezt Cardinalerz- bischof von Parma ; — für Frankreich Joseph Bonaparte,der Staatsrath Cretet, und der Pfarrer Bernier, nachher Bischof von Orleans.

Am 15. Jul. war das Concordat unterschrieben ; wäre nicht ein Theil dessen, was der heilige Stuhl dadurch gewonnen, durch die nachträglichen organischen Gesetze wieder verloren worden, so hätte der Papst mehr Autorität in Frankreich besessen, als jemals, nach der ihm stets empfindlichen Annahme der Propositions de l’Eglise Gallicane in jenem Lande.

Im Jahre 1817 glaubte der König Ludwig XVIII. es einem Bourbon angemessener, das Concordat zwischen . Leo X. und Franz I. wieder ins Leben zu rufen ; an gegenseitigen Rechten ward wenig dadurch verändert; denn die Bisthümer konnten unter einem und dem andern Concordate vermehrt werden.

Kardinal Caprara ward auf Bonaparte’s Verlangen als Legat a latere bei ihm ernannt.

Consalvi kehrte nach Rom zurück. — Sein Ruf als Diplomat war nun begründet, aber aus dem Concordate von 1801 entprang zugleich der Hafs einer nicht ohnmächtigen Parthei gegen ihn.

Ein Artikel nämlich lautete: Mit Zuversicht erwarte der Papst von den französischen Bischöfen, zum Frommen des Friedens und der Einheit der Kirche, — die Entsagung auf ihre bischöflichen Sitze. — Wo nicht — sey er dennoch gezwungen, sie als erledigt zu erklären.

Der altfranzösischen Bischöfe lebten noch 84; — 45 davon fügten sich in den Willen des Papstes, und
aufser aulser ihnen noch 14 Bischöfe der Frankreich neu einverleibten Länder.

Die übrigen, meist Emigrirte, protestirten ; man nannte sie die Eveques non Demissionaires. — Sie konnten den Papst nicht angreifen; daher kehrten sie ihren Ingrimm gegen den Staatssecretär, obschon sie wohl wussten, dass er bei einer so wichtigen Angelegenheit nicht ohne ausdrücklichen Auftrag gehandelt haben würde.

Nie that Consalvi einen Schritt in geistlichen Sachen, ohne das Gutachten einer Congregation oder der Theologen; ihm blieb meist nur die undankbare Pflicht, vorzutragen, zu versüssen, annehmbar zu machen.

Die irländischen Fanatiker erhoben 1816 und 1817 dasselbe Geschrei, wie die Non-Demissionaires, als wolle Consalvi ihre Kirche umstürzen. Ein gewisser Pater Hayes, ein Franciscaner , ihr Anwald zu Rom, wiegelte förmlich gegen ihn auf; als man ihn aus der Stadt weisen wollte, spielte er im Kloster von S. Isidoro die Rolle Carls XII. zu Bender , und liess sich von den Gendarmen belagern, und nur durch Gewalt vertreiben. In den englischen Zeitungen sprach er von Consalvi wie
von einem Ketzer.

Im September 1802 machte Bonaparte dem Papste Vorschläge zu einem Concordate mit der italienischen Republik; er meinte , sie würden mit offenen Armen aufgenommen werden, zumal da er für die Lombardei, wo rücksichtlich der catholischen Religion noch alles ziemlich auf altem Fusse war, mehr nachgeben durfte, als in Frankreich.

Aber er fand zu Rom wenig Bereitwilligkeit.

Bernier, der Bischof von Orleans selbst, fühlte sich gedrungen, dem Cardinal Consalvi zu schreiben: „Sans doute on s’appuye sur la bonne volonte et le pouvoir du premier Consul ; mais quand il offre un moyen de secours, pourquoi le rejetter? Pourquoi fatiguer sa bienfaisance par des refus, auxquels il ne s’attendoit pas ? On ne peut douter, qu’il n’ait vu avec peine le refus fait dernièrement , non pas seulement d’admettre le projet de Concordat pour la Republique Italienne, mais meme d’en faire un; il a eu peine à imaginer, qu’on ait mé- connu jusqu’a ce point les vrais interets du St. Siege etc.”

Caprara berichtete unterm 2. September 18o3, Bonaparte habe, verdriesslich über den Verzug der Antworten aus Rom, mehrmals geäufsert:

„Es sey traurig, dass der Papst von Menschen berathen sey, die die Folgen ihrer Härte nicht vo’raussähen, — die weder die Umstände noch die Zeit kennen, die nur nachgeben, wenn man drohe, und daher selbst dann den Papst um alles Verdienst bringen„ — wenn er die Gesuche bewillige.”

Bonaparte schob nämlich alles auf die Rathgeber, denn als Obergeneral hatte er bei Chiaramonte in Imola gewohnt; er war ein zu geübter Menschenkenner , um den Bischof nicht durchschaut zuhaben, — und ihm war nicht entschlüpft, dass er zur Festigkeit fremden Zuspruchs bedürfe.

Nach der Entdeckung der Verschwörung von Pichegru nöthigte Bonaparte den Papst, den Chevalier
de Vernegues, Emigrirten in russischen Diensten, verhaften zu lassen , und an Frankreich auszuliefern.

Kaiser Alexander verwies demnach den Nuncius Monsignore Arezzo über die Gränzen seines Reichs. Diess war dem Papste um so schmerzlicher, da Russland ihm, vom Anbeginne der Regierung, Wohlwollen bezeigt hatte. Als die Franzosen sich damals dem päpstlichen Gebiete näherten, schickte Kaiser Paul, eine Fregatte nach dem adriatischen Meere, damit der Papst sich vor dem Schicksale PiusVI. bewahren könne. Ueberall, schrieb er ihm, würde er in seinem Staate gastfreundlich empfangen werden: Je puis offrir ä Votre Sainteté, sezte er hinzu: tout ce qui est en mon pouvoir; mais je ne puis vous offrir le ciel de l’Italie.

35

Bitterer noch fiel es Consalvi, den vertriebenen König von Sardinien ersuchen zu müssen, den Kirchen-Staat zu verlassen, und somit dem heiligen Rechte zu entsagen, allen Verfolgten und Unglücklichen Schutz Und Zuflucht zu gewähren.

Im Mai 1804 ward dem Papste durch Caprara der Wunsch Napoleons eröffnet: von Sr. Heiligkeit zu Paris gesalbt, und als Kaiser gekrönt zu werden.

Napoleon glaubte es als Lohn dessen verdient zu haben, was er bereits für die catholische Kirche gethan. Nicht so dachte der römische Hof; er verlangte zum Preise dafür Vortheile in geistlichen Dingen; auch das Weltliche ward nicht vergessen.

I Sommi Pontefici, heisst es in einem Blatte* des Staats-Secretärs an den Cardinal Legaten in Paris, hanno incoronato gl’Imperatori, ed i Re, che sono stati sommamente benemeriti della S. Sede, anche per il temporale, ma il nuovo Monarca, anzicché essere tale, l’ha privata delle tre Legazioni, e degli Stati di Avignone e Carpentrasso, che e quanto dire, della metà dei suoi Dominj, se tale privazione non gli si può addebitare, però che dopo avere egli avute nelle sue mani le redini del Governo, ed avere dispensato a suo piacere Regni e Provincie, non però ha restituto quelle tolte al Papa, con suo si gran danno, il che se avesse fatto, avrebbe dimostrato appunto, che l’avergliele tolte, non fu di volontà propria, ma altrui.

(Die Päpste haben die Kaiser und Könige gekrönt, welche sich um den heiligen Stuhl auch im Weltlichen sehr verdient gemacht hatten; aber der neue Monarch hat, ehe er es noch ward, jenen Stuhl der drei Legationen, und der Bezirke Avignon und Carpentras, das heilst der Hälfte seiner Besitzungen, beraubt. Kann man auch diese Beraubung nicht eigentlich ihm zuschreiben, so hat er dennoch, nachdem er die Zügel der Regierung in Händen gehabt, und Königreiche und Provinzen nach Belieben vertheilt hatte, die dem Papste zu seinem grofsen Schaden entrissenen nicht zurückgegeben. Hätte er diess gethan, so hätte er wirklich bewiesen, dass, als er sie ihm entriss, er nicht aus eigenem, sondern aus fremdem Antrieb handelte).

Cardinal Caprara wagte das nicht vorzutragen. — Die übrigen Einwürfe gegen die Kronungs – Reise des Papstes, und die Beschwerden, die er einflocht, veranlassten Talleyrand, Minister der auswärtigen Angelegenheiten, zu einer Note, in der er bündig aufzählte, was Alles die catholische Religion dem Kaiser schon verdanke.

Unter den Schwierigkeiten, die Consalvi in den Depeschen an Caprara obenanstellte, war die Eidesformel, — die ein Senatus – Consult dem Kaiser bei der Krönung vorschrieb: Je jure …. de respecter et de faire re- specter les loix du Concordat, et la liberte des cultes.

Toleranz, behauptete der Staatssecretär , dürfe man nur gestatten, einem grössern Uebel vorzubeugen, oder ein höheres Gut zu erzeugen, und alsdann müsse sie sich blos auf die Personen der Nichtgläubigen, keineswegs aber auf Achtung ihres Gottesdienstes erstrecken.

„In seguito di tutto ciò è chiaro, che il sommo Pontefice non puo riconoscere per difensore della religione cattolica un sovrano, che giura di considerare come digni di rispetto, i culti delle sette, opposte alla cattolica; ma nel coronare un sovrano, lo dichiara, e riconosce per difensore della Chiesa Cattolica, dunque nonpuo coronarlo allorché questo sovrano giura di rispettare, e fare rispettare, gli altri culti opposti al cattolico.”

Aus denselben Documenten liessen sich über diesen Punct noch viele stärkere Auszüge liefern, — um zu beweisen, dass der Cardinal, über Duldung in der Religion, sich nicht zu den milden, wohlthätigen Ideen bekannte, die mehrere seiner protestantischen Freunde ihm gerne geliehen hätten. Er war nicht verfolgungsüchtig, er liess manches hingehen, weil er zu menschlich und zu klug war, anders zu verfahren, aber sein. Sinn war aecht orthodox catholisch.

Bonaparte mafs alle Hindernisse von Seite des heiligen Stuhls Consalvi bei , den er als unbiegsam erprobt hatte; der Unwillen gegen ihn, dem er 1806 Luft machte, entstand viel früher. Statt den Cardinal der Vorliebe für Napoleon zu bezüchtigen, hätte man ihn schon 1803 der Opposition gegen ihn beigesellen können.

Vor dem Genie des Kaisers, vor der Uebereinstim- mung, vor der Schnelligkeit und Kraft in ihm hatte er die gebührende Achtung. Die Fehlgriffe und den Fall Napoleons erklärte er sich aus seinem Hochmuthe, und der Meinung von seiner Unentbehrlichkeit.

Am 2. November reiste Pius VII. endlich zur Krönung nach Paris ab. Consalvi begleitete ihn nicht; die Gründe hiezu, die seine nachstehenden Worte an den Cardinal Caprara enthalten, bat er ihn bei Napoleon geltend zu machen.

Mi resta a parlar di me stesso, cioò sul non esser io fra quelli, che verranno costà col S. Padre. Jo già scrissi a V. E. su di ciò nel foglio a Colonna in data del primo Agosto. Pure la necessità mi obbliga di tornare a parlarne. Può imaginare V. E., lo ripeto , se il venire col S. Padre non sarebbe per me della piü gran compia- cenza. Ci vuol poco a persuadersi di cio, ma io debbo dire al tempo stesso, che il S. Padre riguarda essere di una necessità positiva il mio rimanere in Roma, e il volerlo stringere su questo punto ad altro non servirebbe,che ad angustiarlo sommamente, ed a procurargli il dispiacere di non poter corrispondere con un’annuenza alle pressure, che gli si facessero. Ciò è stato espresso all’Emo. Fesch, il quale ha pur parlato più volte con me su tal proposito, e gli si è fatta sentire la forza delle ragioni di Sua Beatitudine. Bisogna esser sul luogo per comprendere certe cose, delle quali non si può ben giudicare da lontano. Sia persuasa V. E., che Roma vede con sommo dispiacere l’assenza del Papa: la tranquillità del Paese, e l’andamento degli affari rendono indispensabile, che partendo il Papa, il Ministro rimanga. Inoltre alcuni affari pendenti in diverse Corte estere non potrebbero esser trattati da altri Ministri delle Corti, se non da quelli, che sono in Roma, i quali ne hanno il filo in mano, e più sono complicati, più è impossibile, che s’impieghino altre mani, che quelle, che li hanno trattati finora. D’altronde niun danno, V. E. me le creda, produce il non venir io col S. Padre. Il Cardinal Caselli, che è stato in Parigi, riunisce i medesimi vantaggi, che si possono vedere in me, per esser io stato in Parigi. Ma più che tutt’altre ragioni basti il dire, che vi è l’E V. e ciò basta. In V. E. ci è tutto, capacità, cognizioni locali, stima dell’Imperatore e di Nostro Signore. Essendoci dunque V. E., e l’Emo. Caselli, che conoscono Parigi, non ci è mancanza, mancando io per tal ragione. Quindi son costretto a ripetere a V. E., che per cosa non necessaria, ed inesiguibile, qual’è la mia venuta per le ragioni anzidette, bisogna risparmiare di mettere in angustia il S. Padre, che pensa decisamente, che io per giusti riflessi debba restar qui, onde V. E. procuri, che costà si sia paghi della sostanza della cosa, qual’è la venuta della Santità Sua, e si convincano delle viste, che il S. Padre deve anche avere allo Stato e al luogo, che lascia.

(Jezt bleibt mir noch übrig, von mir selbst zu sprechen , nämlich davon , dass ich nicht unter denen bin, die mit dem heiligen Vater dorthin kommen werden. Ich habe Ew. Excellenz hievon schon am 1. August geschrieben. Doch zwingt mich die Notwendigkeit, noch einmal hierauf zurückzukommen. Ew. Excellenz können sich vorstellen, ich wiederhole es , ob durch die Begleitung des heiligen Vaters nicht der grösste Gefallen geschähe. Sie werden mir diess hoffentlich leicht glauben. Aber ich muss -zugleich sagen, dass der heilige Vater mein Zurückbleiben in Rom für durchaus nothwendig hält; ihn hierüber eines Ändern bereden zu wollen, hiesse ihn höchlich bekümmern, und ihm das Missvergnügen bereiten, den dringenden Bitten, die man desshalb an ihn stellen würde, nicht willfahren zu können. Diess ist dem Cardinal Fesch gesagt worden, der auch mit mir öfter über diesen Gegenstand gesprochen, und er hat auch das ganze Gewicht der Gründe Sr. Heiligkeit eingesehen. Man muss an Ort und Stelle seyn, um gewisse Dinge zu begreifen, die sich aus der Entfernung nicht richtig beurtheilen lassen. Ew. Excellenz dürfen überzeugt seyn, dass Rom die Abwesenheit des Papstes mit dem grüssten Missvergnügen sieht; die Ruhe des Landes und der Gang der öffentlichen Geschäfte erheisehen sehen gebieterisch, dass bei der Abreise des Papstes der Minister zurückbleibe. Zudem sind mit verschiedenen fremden Höfen Geschäfte angeknüpft, die von keinen andern Ministern jener Höfe als gerade von denen verhandelt werden können, die gegenwärtig in Rom sind und den Faden derselben in Händen haben; und je verwickelter jene Geschäfte sind, je unmöglicher wird es, Andere als die bisher damit Beauftragten dazu zu verwenden. Auf der andern Seite dürfen Ew. Excellenz mir glauben , dass es keinen Schaden bringt, wenn ich nicht mit dem heil. Vater komme. Der Cardinal Caselli , der zu Paris gewesen, vereinigt in sich dieselben Vortheile, die man wegen meines Aufenthaltes zu Paris bei mir erblicken will. Allein ein Grund gewichtiger als alle andern, ist der, dass Ew. Excellenz sich daselbst befinden; das genügt. Ew. Excellenz vereinigen Alles: Fähigkeiten, Ortskenntniss, die Achtung des Kaisers und die unsers Herrn, Da also Ew. Excellenz und Cardinal Caselli, die Sie beide Paris kennen, sich dort befinden, so wird meine Nichtanwesenheit daselbst keine Lücke bilden. Daher muss ich Ew. Excellenz wiederholen, dass man wegen einer nicht nothwendigen und unausführbaren Sache, dergleichen meine Reise nach Paris aus oben angeführten Gründen ist, dem heil Vater keinen Kummer machen dürfe, da er nun einmal entschieden denkt, dass aus gerechten Rücksichten ich hier bleiben soll. Mögen daher Ew. Excellenz Sorge tragen, dass man dort über die Reise Sr. Heiligkeit im Wesentlichen beruhigt werde, und dass man sich von den Absichten überzeuge, die der heil. Vater auch in Hinsicht auf den Staat und auf den Platz, den er verlässt, haben muss.)

Die Nachricht von der vollbrachten Krönung hlieb in Rom sehr lange aus. Die erste Kunde davon gab ein Luftballon, den Garnerin am 16. December bei Gelegenheit des Festes, das die Stadt Paris dem Kaiser widmete, steigen liess. Er fiel am Abende des 17. in den See von Bracciano, etwa 20 Miglien von Rom, und hatte mithin den Weg in 24 Stunden zurückgelegt.

Einen gedruckten Zettel, den man in der Gondel vorfand, schickte der Staatssecretär durch einen Courier, der von Neapel aus an Murat in Paris expedirt ward, — dem Papste. — Ohne Telegraphen hatte der Zufall eine Correspondenz zwischen Paris und Rom hin und her, binnen sieben Tagen möglich gemacht.

Pius VII., der um die milde Jahreszeit zu erwarten, bis zum 4. April 1805 in Paris verweilte, forderte von Napoleon manches, erlangte aber wenig, und nichts von Bedeutung. — Am 16. Mai traf er wieder zu Rom ein.

Im November des Jahres 1805 noch begannen die Feindseligkeiten Bonaparte’s gegen Rom, durch die un- vermuthete Besetzung der Citadelle von Ancona, deren sich die Franzosen hemächtigten.

Gewaltthätigkeit folgte auf Gewalttätigkeit, Kränkung auf Kränkung.

Der Papst widerstand vergeblich; seine Antworten waren scharf, oft im Tone von Anklagen, sie beleidigten den Kaiser, der zu Berlin und Wien obgesiegt hatte.

Er verlangte die Entlassung Consalvi’s, deren Urheber oder doch deren Organ.

43

Consalvi hatte verschiedenemale zuvor darum gebeten, in dem Bewusstseyn, dass seine Dienste unter solchen Umständen nicht mehr nützlich seyn könnten. Pius VII. ertheilte sie endlich; Consalvi meldete diess dem Cardinal Caprara am 17. Junius 18o6.

17. Giugno 18o6.

Dato sfogo alle altre materie negli altri dispacci, che reca all’ E. V. questo straordinario Corriere, devo necessariamente trattenerla in questa su ciò, che mi riguarda. Vostra Emza. ha veduto nelle diverse Note di codesto Governo, che mi ha trasmesse, quali sentimenti si annunziano sul mio conto, e in quale vista, e opinione io sia presso di S. M. I. e R. Le stesse cose sono state scritte a questo Sign. Alquier, e gli si è ordinato espressamente di dirmele. La qualità delle accuse, delle quali i miei nemici son riusciti a persuadere contro di me la M. S. non può esser più grave. Non solamente mi si canonizza per nemico deciso della Francia, e per aderente ai nemici suoi, ma per protettore ancora dei Cospiratori contro la medesima, e non so dirlo senza orrore, per Cospiratore io stesso, attribuendomi si i più pravi disegni di eccitare in diversi modi le Popolazioni contro la Francia. Certo, se quando io facevo in Parigi il Concordato, qualcuno mi avesse detto, che fra poco tempo sarei comparso agli occhi del Governo Francese sotto questo aspetto, avrei creduto di sognare.

II mio carattere, i miei principi , la mia qualità, e dignità, tutta la mia condotta palese a tutto il Pubblico, mi dispensano dall’estendermi in difese. Jo dichiaro solennemente in poche parole, e sul mio onore, (che in tutte le mie azioni ho dimostrato sempre quanto mi è caro) che i miei nemici mi hanno indegnamente callunniato, e che io sono in tutto innocente. Ma V. E. dovrà convenire, che caduto io in tanta diffidenza del Governo Francese, anzi visto dal medesimo sotto i colori sopraindicati, non posso, e non debbo più conservare un posto, in cui non solamente non posso più esser utile, ma posso essere anche cagione, benché senza colpa di gravissimi danni. Jo sono troppo attacato alla S. Sede, al mio Sovrano e Benefattore, e al mio Paese , per non considerarmi obligato a rimuovere col mio ritiro quella occasione di mali, che possono risultare dall’essere io in Posto. Il Governo Francese ha fatto chiaramente conoscere questo suo desiderio, esprimendosi nella ultima Nota del Signor Talleyrand, che i sentimenti di S. M. verso il S. Padre le fanno desiderare, che allontani dal suo fianco i cattivi Consiglieri, che lo circondano. Tutte le precedenti Note, nelle quali sono io designato, e nominato espressamente e ciò, che si è scritto contro di me ancora al Sigr. Alquier, fanno conoscere ad evidenza, che la significazione fatta a Sua Santità del su- detto desiderio, o è diretta solamente contro di me, o mi risguarda almeno principalmente. Fin da primi giorni, che io mi avvidi di essere caduto in sospetto e difidenza presso la Francia, pregai il S. Padre a permettermi di ritirarmi, nella vista appunto di più non poter esser utile, e di poter esser forze dannoso. Il S. Patre mai non volle acconsentire alle mie replicate istanze, credendo, che le calunnie de’ miei nemici si sarebbero scoperte, e dissipate. Accresciutesi però queste nel numero, e nella qualità, che V.E. conosce, e interessando cosi da vicino la sicurezza e tranquillità pubblica, Sua Santità ha finalmente creduto di aderire alle mie suppliche, e mi ha accordato la mia dimissione. Posso assicurare V. E. , che il S. Padre nell’accordarla ha avuto in vista di soddisfare il Governo Francese, e dargli una riprova del desiderio, che ha di conservare con esso la buona armonia, ed allontanare ciò, che possa comprometterla. Jo vado dunque a cedere immediatamente il Posto al mio Successore, ed a ritirarmi affatto dagli affari, dai quali ho raccolto troppo amaro frutto per non abbonire piùche la morte, di mai più mischiarmene. Una sola grazia io desidero da V. E. , a cui mi da dritto non meno la mia innocenza, che la di Lei bontà per me. Troppo interessa il mio onore che sul mio conto non rimanga quella obbrobriosa opinione, che i miei nemici sono riusciti ad ispirare. V. Emza. si degni alle opportunità di far conoscere la mia innocenza, e di rendermi giustizia. Questo favore, che io spero dall’E. V. ecciterà la mia riconoscenza verso di Lei. Nella fiducia di ottenerlo con profondo ossequio passo a baciarle umilissimamente le mani.

17. Junius 18o6.

Da die übrigen Depeschen, die E. E. mit diesem aufserordentlichen Courier erhalten, andern Gegenständen den gewidmet sind, so muss ich nothwendig in dieser von dem handeln , was mich betrifft. E. E. haben aus den verschiedenen Noten der Regierung, die Sie mir übersendeten, die Gesinnungen ersehen, die man hinsichtlich meiner ankündigt, und in welchem Lichte ich bei Sr. M. dem Kaiser und König erscheine. Dasselbe ist dem Herrn Alquier hieher geschrieben und ihm eigens aufgetragen worden, mir es zu sagen. Die Beschuldigungen, denen es meinen Feinden gelungen ist, bei Sr. Majestät Eingang zu verschaffen, könnten nicht von einer mehr bedenklichen Art seyn. Man gibt mich nicht nur fur einen entschiedenen Feind Frankreichs und für einen Anhänger von dessen Gegnern, sondern auch für einen Beschützer der Verschwörer gegen dasselbe, und — ich kann es ohne Schauder nicht sagen, selbst für einen Verschwörer aus , indem sie mir die verwerflichsten Absichten zuschreiben, die Völker auf verschiedene Art gegen Frankreich aufzuwiegeln. Gewiss! wenn mir die Zeit, als ich zu Paris das Concordat abschloss, Jemand gesagt hätte, dass ich kurze Zeit darauf in solchem Lichte in den Augen der französischen Regierung erscheinen sollte, so hätte ich geglaubt zu träumen. Mein Character, meine Grundsätze, mein Amt und meine Würde, mein ganzes, dem Publicum offen vorliegendes Betragen überheben mich einer weitläuftigeren Vertheidigung. Ich erkläre feierlich in wenig Worten und auf meine Ehre (und wie theuer mir diese sey, habe ich stets durch alle meine Handlungen bewiesen), dass meine Feinde auf eine unwürdige Art mich verläumdet haben und dass ich in allem unschuldig bin. Allein E. E. müssen zugeben, dass, da ich nun einmal das Misstrauen der französischen Regierung mir zugezogen habe, ja sogar in ihren Augen unter den oben geschilderten Farben erscheine, ich eine Stelle länger beibehalten weder kann noch darf, in welcher ich nicht nur nicht mehr nützen, sondern selbst eine, obgleich sehr unfreiwillige Ursache der grössten Nachtheile seyn kann. Ich bin dem heiligen Stuhle, meinem Souverän und Wohlthäter, und meinem Lande zu sehr ergeben, um mich nicht für verpflichtet zu halten; mit meiner Entfernung alle Anlässe zu den Uebeln zu beseitigen, die daraus entstehen könnten, wenn ich meine Stelle behielte. Die französische Regierung hat diesen ihren Wunsch klärlich zu erkennen gegeben, indem sie in der lezten Note des Herrn v. Talleyrand sagte, dass die Gesinnungen Sr. M. des Kaisers gegen den heiligen Vater ihr den Wunsch einflossten, lezterer möchte die bösen Rathgeber, die ihn umringen, von seiner Seite entfernen. Alle vorhergehenden Noten , in denen ich bezeichnet oder ausdrücklich benannt bin, so wie das, was gegen mich noch an Herrn Alquier geschrieben wurde, geben deutlich zu erkennen, dass der obenerwähnte Sr. Heiligkeit eröffnete Wunsch entweder allein gegen mich gerichtet ist, oder mich doch hauptsächlich betrifft. Von den ersten Tagen an, wo ich gewahr wurde, dass ,ich bei Frankreich in Verdacht oder Misstrauen gefallen war, bat ich den heiligen Vater, mir zu erlauben, mich von den Geschäften zurück zuziehen, und zwar eben aus dem Grunde, weil ich nicht mehr nützlich, wohl aher vielleicht schädlich seyn könnte. Der heilige Vater wollte nie meinen wiederholten Bitten Gehör geben, weil er glaubte, die Verläumdungen meiner Feinde würden entdeckt und zu nichte gemacht werden. Sie wuchsen aber an Zahl und waren alle von der Art, wie E. E. bekannt ist; und da sie demnach die öffentliche Sicherheit und Ruhe sehr nahe berührten, so hat Se. Heiligkeit endlich meinen Bitten beistimmen zu müssen geglaubt, und mir meine Entlassung bewilligt. Ich kann E. E. versichern, dass der heilige Vater bei Bewilligung derselben die Absicht hatte, die französische Regierung zufrieden zu stellen, und ihr einen Gegenbeweis von seinem Verlangen zu geben, die gute Eintracht mit ihr aufrecht zu erhalten, und alles zu entfernen, was sie stören könnte. Ich beeile mich demnach, meine Stelle sogleich meinem Nachfolger abzutreten und mich gänzlich von den Geschäften zurückzuziehen, von denen ich zu bittere Früchte geerntet habe, um nicht mehr als den Tod jede neue Einmischung in dieselben zu verabscheuen. Eine einzige Gnade erbitte ich mir von E. E., und auf dieselbe gibt mir meine Unschuld ein nicht minderes Recht, als ihre Güte für mich. Meiner Ehre ist alles daran gelegen; dass auf meinem Namen nicht jener schimpfliche Verdacht hasten bleibe, den einzuflüssen es meinen Feinden gelungen ist. Möchten demnach E. E. jede schickliche Gelegenheit ergreifen wollen, um meine Unschuld bekannt zu machen und mir Gerechtigkeit widerfahren zu lassen. Diese Gunst, welche ich von E. E. hoffe, wird meine ganze Dankbarkeit gegen Sie rege machen. Voll Vertrauen , sie zu erhalten , küsse ich Ihnen mit tiefer Ergebenheit demüthigst die Hände.”

Zwei Tage, ehe dieser Brief von Rom aus geschrieben ward, hatte Bonaparte zu Paris beim Cirkel den Cardinälen Caprara und Spina die Reihe seiner vermeintlichen Anschuldigungen gegen Pius VII. wiederholt, und wie er sich dadurch rächen würde, ihn arm und machtlos zu machen und seine Staaten zu zerstückeln.„

Ed il Cardinal Consalvi, schloss er, dovrà render conto a Dio, e sarà responsabile al popolo di tutti questi mali, e di aver perduto lo stato.”

Consalvi verliess nach seiner Abdankung die Wohnung im Quirinale, und bezog einen Stock im Pallaste Gaetani. Er zeigte sich vor dem Papste nur bei Capellen und Consistorien. Aber heimlich arbeitete er, nach wie vor; die Entwürfe mehrerer Noten, die unter den Namen der schnell einander ablösenden Staatssecretäre Casoni, Doria, Gabrielli ausgefertigt worden, waren von ihm; ein vertrauter Kammerdiener trug sie nach Monte-Cavallo.

Am Abende des 10. Jun. 1809 ward die Bann-Bulle Pius VII. gegen alle Theilnehmer der Invasion des Kirchenstaats seit dem 2. Februar 18o8 an die Thüren der vier Patriarchal-Kirchen Roms, St. Johann im Lateran, St. Peter, St, Paul und Santa Maria maggiore geheftet, so wie auch an viele andere Gebäude; — doch verfiel dadurch Napoleon nur in die Excoinmunicatio minor, das heißt: er war nicht von den Sacramenten ausgeschlossen, und noch weniger waren seine Unterthanen des Gehorsams gegen ihn entbunden. Hätte der Papst die Excommunicatio major ausgesprochen, so hätte jede fernere Berührung zwischen ihm, den Cardinälen und der Priesterschaft mit dem Kaiser aufhören müssen.

Die Catastrophe des 6. Jul. 1809 endete die Einsperrung des Papstes in seinem eigenen Pallaste; man schleppte ihn, mit Uebereilung und Härte, wie wenn Gefahr beim geringsten Verzüge gewesen wäre, auf Umwegen nach Savona; — dann am 12.Jun. 1812 nach Fontainebleau.

Am vollständigsten ist die Geschichte der Ereignisse, die sich in dem Streite zwischen Frankreich und dem heiligen Stuhle zutrugen, in nachstehendem Werke verzeichnet:

Raccolta dei documenti autentici, sulle vertenze, insorte fra la S. Sede, ed il governo francese, nell’usurpazione degli stati, della chiesa, dall’anno 1805, all’epoca felice del ritorno del S. Padre, Pio P. VII., alla sua sede. Italia 1814- tre tomi.

Noch fünf Monate nach der Entführung des Papstes liess man Consalvi ruhig zu Rom. — Am 10. Dec. machte er sich auf Napoleons Befehl , in Gesellschaft des Cardinals Di Pietro, auf den Weg nach Paris, der General Miollis, Gouverneur von Rom, hatte es ihm 5 Tage zuvor zu wissen gethan; er ward von Gendarmen bis zur ersten Post begleitet.

Zur Bestreitung der gezwungenen Reise waren jedem Cardinale 3ooo Francs angewiesen; eben so viel als jährliche Appointements. Consalvi schlug eins und das andere aus. Als es ihm in Frankreich an Gelde fehlte, verkaufte er die Tabatiere mit Diamanten, die er von Bonaparte , bei Abschlüsse des Concordats von 1801 , zum Geschenke bekommen hatte.

Während seines viermonatlichen Aufenthaltes zu Paris sah man ihn selten in Gesellschaften; doch war er nicht unthätig, und berieth sich fleissig mit seinen Collegen. — Napoleon hatte die Cardinäle versammelt, um sie zur Sanction seiner Vermählung mit der Erzherzogin Marie Louise zu vermögen, und ihren Ausspruch der Meinung des Papstes entgegen zu setzen.

Er wollte ihrer Eigenliebe schmeicheln; besonders hatte er es auf Consalvi gemünzt, von dessen Beispiele er sich viel versprach.

Die Cardinäle wurden in den Tuillerien zu Hofe beschieden ; er war glänzend und sechs Könige gegenwärtig. — Consalvi stand mit sieben seiner Collegen auf einer Seite: Napoleon gieng hastig auf ihn los, und sagte: Mon Dieu, Monsieur lev Cardinal, comme Vous avez maigri! — Consalvi erwiederte, dass ein Zeitraum von 10 Jahren freilich verändern müsse. Napoleon unterbrach ihn: Si Vous étiez resté, à la tete des affaires, elles ne seroient pas, oü elles sont; — Vous avez de l’esprit; Vous connoissez le monde; tout ceci ne seroit pas arrivé; Vous y auriez trouvé remède! — Consalvi antwortete: Votre Majesté est dans l’erreur, les affaires seroient exactement les memes!

Bonaparte durchlief den Cirkel, dann kam er wieder zum Cardinale und wiederholte laut, was er so eben zu ihm gesprochen; auch Consalvi wiederholte seine Antwort. Zum drittenmale donnerte nun der Kaiser zornig: Non, les affaires ne seroient pas oü elles sont; auriez trouvé des ressources; Vous avez de l’esprit, de la connoissance du monde; Vous m’auriez epargné ce qui rient de se passer — Consalvi trat einen Schritt vorwärts, und sagte, dass es alle Umstehende hören konnten: „J’ai deja eu l’honneur de dire a Votre Majesté, qu’elle se trompe; je n’aurois rien pu changer à la situation des affaires.”

Napoleon schwieg und kehrte ihm wüthend den Rücken.

Die Mehrheit der Cardinäle blieb unerschüttert; sie stüzten sich darauf, nichts ohne den Papst entscheiden zu können.

Der Kaiser beraubte sie zur Strafe des Purpurs; man nannte sie die schwarzen Cardinäle, — im Gegensatze mit den rothen, die ihm beipflichteten, und in ihrer Würde erhalten wurden.

Man verwies die Schwarzen in verschiedene franzosische Städte; Consalvi und Brancadoro dreiunddreissig Monate lang nach Rheims. Im Hause einer Marquise de Guignecourt brachte Consalvi manche Abende zu; er gedachte ihrer mit einem kleinen Geschenke in seinem Testamente. Auf der Reise von Paris zum Congresse von Wien berührte er ausdrücklich Rheims, um seine dortigen Bekannten wiederzusehen.

Der Papst hatte im Jahre 1811 zu Savona sich durch Zureden ein Breve entreissen lassen, das die Institution der Bischöfe durch die Metropoliten in Frankreich autorisirte, falls der Papst sie mehr als drei Monate verzögerte; er hatte diess Breve oft bereut, und seine Schwäche bekannt.

Zu Fontainebleau harrten seiner neue Versuchungen; — durch Alter, Leiden, Krankheiten mürbe, in Gegenwart eines Mannes, der zu überreden und zu drohen wusste, des Beistandes von Freunden berauht, verliess ihn auch hier die Standhaftigkeit auf einige Augenblicke. Er genehmigte am 25. Januar 1813 einen Vertrag , der nicht allein das Breve von Savona bestätigte, sondern in weltlichen und geistlichen Dingen noch weiter gieng.

Da dieser Vertrag jedoch nur als Punctation unterzeichnet worden war, und er sich darüber die Zuziehung des heil. Collegii vorbehalten hatte, so glaubte er ihn bis dahin nicht bindend.

Kaum hatte Bonaparte indessen das Papier in Händen, so liess er es als ein wahrhaftes Concordat im Moniteur abdrucken, obgleich er Pius VII. versprochen, es geheim zuhalten, bis das Consistorium es gut geheissen haben würde.

Unterdessen gestattete man den schwarzen und den rothen Cardinälen nach Fontainebleau zu kommen. Im Februar 1813 reisten Consalvi und Brancadoro von Rheims dahin ab. Zu Epernay brach Brancadoro’s Wagen, und er ward schwer am Kopfe verwundet. Consalvi wartete 17 Tage auf ihn, bis er sich aufser Gefahr befand.

Anfangs hatten die Cardinäle freien Zutritt zum heil. Vater; nachdem er sich mit ihnen besprochen, schrieb er unterm 24. März 1813 einen Brief an Napoleon, in welchem er seine Gewissensbisse über das was er gethan, schilderte, und die Punctationen von Fontainebleau und das Breve von Savona für nichtig erklärte, und widerrief.

Napoleon entrüstet, isolirte den Papst beinahe von jeder Gesellschaft; den Cardinal Di Pietro, den der Kaiser als den Anstifter des eben erwähnten Briefes betrachtete, liess er Nachts aus dem Bette holen, und nach der Festung Auxerre bringen.

Der Obrist Lagorse, dem die Obhut des Papstes anvertraut war, legte den übrigen Cardinälen ein Circular vor, wodurch sie sich anheischig machen sollten, 1) Den Papst nie allein zu sehen. 2) Nie von Geschäften mit ihm zu reden. 3) Für ihn und auf seinen Befehl nichts zu schreiben und aufzusetzen. 4) Endlich für sich selbst jeder Privat – Correspondenz und Communication zu entsagen.

Consalvi, dem der Obrist zuerst das Blatt zu unterzeichnen brachte, weigerte sich diese Verbindlichkeiten einzugehen. Er schrieb blos darunter : J’ai lu; ein Gleiches thaten die übrigen Cardinäle.

Von Fontainebleau ward Consalvi Eingangs des nächsten Jahres 1814 nach Bezieres geführt.

Die alliirten Armeen machten immer mehr Fortschritte in Frankreich. In Italien gab sich Murat das

Ansehen, gegen seinen Schwager zu handeln, und hatte Rom und die Marken besezt. Bonaparte bot daher dem Papste an, ihn frei und ohne weitere Bedingungen nach Rom zu entlassen, als sogleich einen Cardinal a latere zu ihm zu schicken. Am 23. Januar 1814 Sonntag, nach fünftehalbjähriger Gefangenschaft zu Savona und Fontainebleau, sezte sich der Papst in Bewegung wieder nach Rom zu kehren.

Consalvi, der zu Bezieres die Befreiung des heil. Vaters, und die Entthronung Napoleons erfuhr, verlangte augenblicklich einen Pass vom Unter – Präfecten. Dieser nahm Anstand; der Cardinal zog sein rothes Käppchen hervor, und sagte ihm: diess würde ihm demnach als Pass dienen. Der Unterpräfect weigerte sich nicht länger.

Auf der Reise nach Italien, au Luc, Station und einzelnes Haus, 10 bis 12 Lieues von Frejus, musste Consalvi die. Nacht zubringen; die Postpferde wurden für Bonaparte aufbehalten, der Cardinal stand auf einem kleinen Hügel am Wege, als der Kaiser am nächsten Morgen durchfuhr; er erkannte den Cardinal, und zeigte ihn dem östreichischen Feldmarschall-Lieutenant von Koller, der mit ihm im Wagen sass. — Neugierig fragte der General: was für ein Mann Consalvi sey ? — Bonaparte antwortete: C’est un homme, qui ne veut pas avoir l’air d’etre pretre, mais qui l’est plus que tous les autres!

Was zwischen beiden vorgegangen war, macht diesen Ausspruch Napoleons begreiflich.

Zu Imola oder Cesena holte Consalvi den Papst ein, und blieb bis Foligno in seinem Gefolge; dort ward er

wieder im Amte des Staatssecretärs bestätigt, und erhielt den Auftrag, unverzüglich nach Paris zu eilen, die Angelegenheiten des heil. Stuhles bei den verbündeten Monarchen und ihren ersten Ministern zu betreiben. Kurz zuvor ward Mons. della Genga als Nuncius nach Frankreich abgesendet.

Mitte Mai, wo der Cardinal zu Paris eintraf, waren die Souveräne und ihre diplomatischen Hauptquartiere schon nach London aufgebrochen, oder im Begriffe dahin aufzubrechen.

Consalvi verhehlte sich die Wichtigkeit des Moments nicht; und nahm um so weniger Anstand, ihnen nach England zu folgen , als er auch ein Schreiben des Papstes an den Prinzen Regenten zu überreichen hatte. — Uebrigens waren er und die Herren seiner Gesandtschaft, Mons. Mazio und Evangelisti (Secretaire), weder der englischen Sprache machtig, noch hatten sie Zeit gehabt, anderweitige Vorkehrungen zu London treffen zu lassen.

Die Ueberfahrt auf dem Paketboote von Calais mochte etwa sechs Stunden dauern; als man sich den Küsten von Dover näherte, wurde einige Verlegenheit sichtbar; seit ein paar Jahrhunderten hatte kein Cardinal mehr Aufnahme in England gefunden, wo die catholische Religion nur geduldet ist, wo der Pöbel vor nicht gar langer Zeit den Papst in Effigie zu verbrennen pflegte.

Der Cardinal hielt mit einigen Bekannten, die er auf dem Verdecke traf, Rath: Ob er sich mit seinen rothen Strümpfen getrauen dürfe, die Reise bis nach London zu machen? — Sie meinten: er könne sich Unannehmlichkeiten aussetzen.

Schon war er im Begriffe , sie gegen schwarze zu vertauschen, als man vor Anker gieng, jene Bekannten die Schaluppen bestiegen , und ihn verliessen.

Ein einziger bemerkte: dass es besser seyn möchte, sich vom Anfange an als Cardinal zu zeigen; dass eine Verkleidung seinem Character nicht zieme; dass seine Sendung schon dadurch Nutzen geschafft haben würde, überall als Staats – Secretär Sr. Heiligkeit aufgetreten zu seyn.

Es bedurfte nichts weiter, den Cardinal zu entscheiden. Aus Mangel an Pferden brachte er den Rest des Tages in Dover zu. Nach Mitternacht machte er sich in einer Postchaise auf den Weg; zwey Preussen schlossen sich in einem andern Postwagen an ihn, die Herren Bartholdy und Fauche-Borel; ersterer gehörte zum Bureau des Staatscanzlers von Hardenberg.

Das englische Volk war damals im Freudentaumel. Wer auf dem Continente zum Sturze Napoleons beigetragen, ward in Grofsbritannien mit Herzlichkeit begrüfst. Der Abgesandte Pius VII. musste mit Wohlwollen betrachtet werden.

Um die Mittagsstunde erreichte Consalvi London. Zu St. James, ungefähr vor der Wohnung des Kaisers von Russland, brach sein Wagen. Eine ungeheure Menschenmasse strömte sogleich herbei, als er ausstieg. Seine Reisegefährten entzogen ihn dem neugierigen Gedränge, und nahmen ihn in ihrer Postchaise auf.

Sie waren ferner so glücklich, ihm auf 8 — l0 Tage eine Wohnung anbieten zu können, (Soho square, Soho street) denn vergeblich war man bei allen Hotels darnach angefahren. Später zog der Cardinal nach Jermin street.

Der Prinz Regent behandelte Consalvi mit Auszeichnung; er empfieng ihn in derselben feierlichen Audienz, in der die Deputationen der beiden Häuser des Parlaments ihm die Dank-Addresse für den Pariser Frieden überreichten.

Sechs oder sieben Jahre zuvor hatte Lord Grenville als Minister sich noch geweigert, ein Schreiben des Papstes anzunehmen, und Mons. Caleppi, Nuncius in Brasilien, musste auf der Reise nach Rio-Janeiro über England, als er zu Hofe gehen wollte, seine Prälaten-Kleidung ablegen.

Die Acte des Parlaments, die die Verbindungen zwischen Grossbritannien und dem heil. Stuhle untersagt, war zwar nicht widerrufen, aber die Verhältnisse der Freundschaft und Gefälligkeit und der gegenseitigen Correspondenz litten bis zum Tode Pius VII. keine Unterbrechung mehr.

Der erste Brief, den der Prinz Regent directe an den Papst richtete, ward ihm im März 1818 übergeben; die Addresse lautete: A sa Saintete, worüber man Anfangs unschlüssig gewesen. Er war eine Antwort auf das Condolenz – Schreiben Pius VII. wegen des Ablebens der Prinzessin Charlotte.

Aber zuvor schon hatte Rom sich Wohlthaten von Seite Englands zu erfreuen , und diese verdankte es allein der Persönlichkeit Consalvi’s.

1815 — 1816 brachte eine englische Fregatte kostenfrei die römischen Kunstwerke zurück, zu deren Wiedererhaltung Lord Castlereagh und der Unter – Staats- secretär, Mons. Hamilton , mitwirkten; Consalvi hatte Canova als Unterhändler darüber nach Paris gesendet.

1816, nach dem Bombardement von Algier, vergass Lord Exmouth nicht, den Papst in den Tractat ein- zubegreifen. — Mehr als 3oo befreite römische Sclaven jedes Alters und Geschlechts zogen, ihrer Heimath wieder geschenkt, in Procession nach St. Peter, Gott und England für ihre Rettung zu danken.

1819 stipulirte der Admiral Freemantle mit dem Bey von Tunis, dass Rom von dieser Regentschaft, ohne zu Tribut verbunden zu seyn, den begünstigsten Mächten gleichgeachtet werde.

Als König von Hannover hatte der englische Monarch seit 1817 Gesandte beim heil. Stuhle accreditirt.

Es waltete nicht nur gutes Vernehmen ob, sondern eine Art Cocquetterie; Sir Thomas Lawrence kam nach Rom, um für die Gallerie von Carlton – House den Papst und seinen St. Secretär zu malen; wogegen der König sein Bild Pius VII. verehrte, der es im Vaticane aufbewahren liess.

Der Erfolg in London war fur Wien von glücklieher Vorbedeutung; bis zu Ende des Congresses schwebt Consalvi zwischen Furcht und Hoffnung; man musste ihn zu Wien gesehen haben, um seine Wachsamkeit, seine Regsamkeit, seine Leidenschaft für das Interesse des heil. Stuhls gehörig beurtheilen zu können.

Das vollkommenste Gelingen war der Lohn davon: die Legationen, die Marken, Benevent und Pontecorvo kamen von neuem unter die Botmässigkeit des Papstes.

Blos für Avignon und Venaisin, und einen schmalen Strich vom rechten Ufer des Po, brauchte Pius VII. zu protestiren; und trotz der Uebereinkunft aller Monarchen, hinfüro den Rang nach alphabetischer Ordnung zu nehmen, wusste Consalvi dem Papste die hergebrachte Prä -Eminenz zu erhalten.

Der Cardinal Consalvi hatte sich zu Wien von den Gesinnungen der ersten Souveräne und Minister in Europa überzeugen können; sie verabscheuten jede gewaltsame Reaction, und wollten ernsthaft die Wunden heilen, die die Revolution geschlagen. Die erste Bedingung war, Schutz der neuen Eigenthümer in jedem Lande, wenn sie unter rechtlichem Titel besassen.

In diesem Geiste verfasste Consalvi noch zu Wien die Decrete und Proclamationen vom Juli 1815 für die wiedererlangten Provinzen.

In Rom hatte man solchen Gesichtspunct nicht aufzufassen gewusst. Man hatte mit Uebereilung vernichtet, was die Franzosen eingeführt; eine Junta des Papstes erliess während Consalvi’s Abwesenheit eine Menge Verordnungen, ohne an ihre Ausführbarkeit zu denken.

Man verminderte die Grundsteuer, ohne die Ausgaben des Aerarii vermindert zu haben; Mönche und Nonnen sollten schnell in ihre Klöster zurück, deren Einrichtung Aufwand von Tausenden kostete.

Man vergass, dass die Franzosen durch den Verkauf der geistlichen Güter die Hauptmasse der päpstlichen Schulden getilgt hatten, und arbeitete diesen Verkauf zu annulliren. Anno 18oo übernahm Pius VII. 74 Millionen Schulden, bei 3 Millionen Einkünften, und Anno 1815 nur 33 Millionen Scudi Schulden bei 6 — 7 Millionen Revenuen.

Consalvi wünschte die Vortheile zu behaupten, die das Interregnum gestiftet. Die Franzosen hatten die Feudalität ausgerottet, Justiz – Verwaltung und Militär verbessert.

Diess die Motive seines heftig angefochtnen Motu-proprios von 1816. Die Feudalität, wie sie in Rom vor der Revolution bestand, muss nicht mit den Privilegien des Adels in andern Ländern verwechselt werden. Die Barone waren unmittelbaren Fürsten zu vergleichen, und dem Volke eben so lästig , als der Regierung.

Alexander VI. hatte sie beschränkt, Sixt V. mit Nachdruck angegriffen; dennoch blieben unter Urban VIII. die Barone übermüthig genug, die öffentliche Ruhe zu gefährden.

Erst das letzte Jahrhundert schliss die Rauhigkeit des Adels mit seiner Tapferkeit zugleich ab.

Der Unterschied der päpstlichen Provinzen , wo die Feudalität am strengsten gewesen war und am längsten Gedauert, war stets bemerkbar; Bologna, Ferrara, Perugia, die Marken, wo sie früher aufgehört, sind cultivirter als der Agro Romano, und Campagna und Marittima, in denen die ausgedehnten Herrschaften der Colonna, Orsini und Gaetani lagen. Fast alle Räuber, die jetzt den Kirchenstaat verpesten, sind, wie die gedruckten Listen derselben darthun, aus den Lehngütern Sonnino, Vallecorsa , Castro , Prossedi und Giuliano.

Bonaparte’s Präfecten gaben den Adelichen für die Baronalrechte Aemter im Staate; sie eröffneten ihnen eine Laufbahn, die den Weltlichen zu Rom versperrt geblieben war.

Das Motuproprio von 1816 erneuerte ungefähr die Gesetzgebung Napoleons über die Fideicommisse.

Den Jurisdictionen , die die Junta während des Wiener Congresses den Baronen wieder eingeräumt, be- wog man sie halbfreiwillig zu entsagen, indem man die Unkosten derselben erschwerte, und die Art der Ausübung vorschrieb.

Uebrigens hatte der römische Adel nicht über Con-salvi zu klagen. Die Senatoren Patrizy und Altieri wurden wider den Gebrauch aus ihm gewählt, eben so die Präsidenten der 14 Rioni oder Stadtquartiere, denen die Polizei in denselben obliegt, und die höhern Officiere der Civica, oder Bürgermiliz, die Guardia nobile des Papstes, war eine Versorgungs-Anstalt der weniger Begüterten. Von Festen für fremde grosse Herren schloss er, zu nachsichtig gegen den Stolz der Edelfrauen, den ersten Bürgerstand aus.

Wie es um die Justiz vor 1815 und dem Interregno stand, und zum Theile leider noch steht , werden Ausländer nur mit Mühe glauben.

Die Tortur war nicht abgeschafft; das Confrontiren der Zeugen mit den Inculpaten nicht nothwendig; die Nennung des Anklägers ausser der Regel; die Aussagen der Inquisiten wurden weder mit ihren Worten, noch in extenso vorgelegt. Ueber Leben und Tod entschied eine einzige Instanz. Die Instructionsrichter waren subalterne Magistrate.

Die Criminal-Gesetze waren einer solchen Procedur würdig. Die Bandi del Governo, della Consulta, und die bandi provinciali, so heissen die noch rechtskräftigen peinlichen Verordnungen, denn kein eigentlicher Codex vorhanden, sind Muster von Verwirrung, Unsinn und Unverhältnissmäfsigkeit der Strafen; Polizei-Vergehungen, Sittenverstosse und blutige Verbrechen sind zusammengemischt.

L’illustrissimo e Riverendissimo Governatore di Roma, oberster Criminalrichter , durften nach Willkühr, so lauten die Bandi, mildern und verschärfen. Er konnte z.B. einen jungen Menschen, der eine Frau auf der Strasse gewaltsam geküsst, oder einen verschmäheten Liebhaber, der Hörner unter die Fenster einer Braut geworfen (l’infiorata dei Corni), wie einen Mörder zum Tode oder zu 2ojähriger Galeere verdammen; und mit der Corda, einem Marterinstrumente, erst 1815 ausser Thätigkeit gesetzt, einem Kutscher die Arme ausrenken lassen, wenn er einem Cardinale nicht aus dem Wege gefahren war.

Pius VII. hatte vor seinen Streitigkeiten mit Bonaparte ein Project zu einem peinlichen Codex, von Renazzi, Professor an der Sapienza (die römische Universität), verfertigen, und der Congregation der Consulta zur Prüfung einreichen lassen. Aber dort war er abbanden gekommen. Das Publicum hatte sich Gutes davon versprochen.

Unter Consalvi’s Aufsicht wurde 1816 von einer Commission, die binnen zwei Jahren mehr als 2o,ooo Thaler kostete, abermals am Criminal-Gesetzbuche gearbeitet; der Fiscal der Kammer, Barbir, der Mann alles Herkömmlichen, und Monsignor Bartolucci, der nach und nach alle Farben getragen, dessen Verstand und Leichtigkeit in Geschäften der Staatssecretär hoch schätzte, sassen in diesem Ausschusse; aber man debattirte und brachte nichts hervor; bald hiess es , das Volk sey nicht reif zu neuen Einrichtungen, bald widersetzte sich das Jus Canonicum.

Mit dem Civil – Gesetzbuche geschah dessgleichen. Die Masse der Lehensgesetze und Widersprüche in denselben ist unstreitig jetzt im Kirchenstaate eben so angewachsen, als sie es im römischen Reiche war, ehe Justinian sein Corpus Juris compiliren liess.

Die Versuche, die Tribunale und Competenzen zu verringern , verursachten hartnäckige Kriege und giftige Zwistigkeiten mit der Immunitä Ecclesiastica und den Bischofen und Prälaten, die deren Privilegien für wichtiger hielten, als öffentliche Sicherheit und Ordnung.

Der Bischof von Ferentino z. B. excommunicirte einen Polizeibeamten, weil er einen Eremiten seines Sprengels, Helfershelfer von Räubern, wie gar oft diese Waldbrüder in den römischen Provinzen, in Verhaft genommen, ohne seine Licenz abzuwarten.

1817 erschien ein Codice di procedura civile, der beste, wie Consalvi meinte, der sich unter so schwierigen Verhältnissen abfassen lassen.

Sogleich verbot der Präsident des Tribunals von Monte-Citorio ihn auszuüben, — und schalt seine Leute, dass sie ihm im Vorzimmer einen Platz gönnten. Der Clerus verlangte für sich lateinische Citationen, zum Unterschiede des Italienischen für die Weltlichen.

Der neue Codice di Commercio , bis auf einige Artikel Copie des französischen, ward nicht angefochten, indem der Handel den Gegnern ein zu gleichgültiger Gegenstand war. Was die Manufacturen betraf, überliess Consalvi dem Cardinal Camerlengo , dessen specieller Aufsicht sie unterworfen sind.

Die Verwaltung ward vereinfacht, — und dem Motuproprio von 1816 eine ganz neue Eintheilung der Gouvernemente und Districte angehängt.

In Hinsicht der Finanzen musste der Cardinal Staats-secretär gar zu oft den Mittelweg zwischen dem Alten und Neuen einschlagen, der einem und dem andern Systeme Eintrag that. Es fehlte insbesondere die französische Schärfe der Gontrolle. — Consalvi hatte in diesem Fache eben keine tiefen Kenntnisse; sowohl er, als die verschiedenen Tesorieri unter ihm, waren fremden Anleihen abhold, — unter allen europäischen Souveränen War PiusVII. der Einzige, der seit 1814 sein Land dadurch weder beschweren noch bereichern wollte.

Den Räuberbanden in den Provinzen ein Ende zu machen , wurden weder Mittel noch Aufwand gespart; Umhauen der Wälder und Bäume in den Provinzen; — Entfernung der Hirten und Heerden von den Bergen; Ersetzen der Sbirren durch eine regelmässige Gensd’armerie. Einstecken der Verwandten der Räuber; Erleich terung, die Missethäter aus den Asylen zu holen. Endlich Amnestie und Capitulationen mit ihnen.

Consalvi selbst bewilligte dergleichen der Bande des berüchtigten Masocco, der nach einem Jahre Gefangenschaft in der Engelsburg, als Guerillenführer im Solde des Papstes, gegen seine vorigen Gesellen zu Felde zog.

Als Unterhändlerin dieses Vergleichs diente in Terracina — wo der Cardinal damals mit dem Ritter von Medici (1818) sich wegen des Neapolitanischen Concordats aufhielt, das Weib Masocco’s.

Alles dieses erwies sich nur wie Palliative; selbst Masocco’s Unterwerfung hatte bald grässliche Folgen. Die wahren Mittel, die einzigen, deren Rom sich bedienen sollte und könnte, nämlich die moralischen, widerstreben der zarten Sorgfalt für die Seelen der Räuber, — und dem oft erbärmlichen Zustande des niedern Clerus in den Provinzen. Ein organisches Uebel aber kann nicht äufserlich curirt werden.

Bewegliche Colonnen von landeskundigen Jägern und Schützen, unter dem Namen Centurionen, leisteten noch am Meisten.

In der Stadt Rom dagegen, wo alles, was sich ereignete, dem Staatssecretär schnell zu Ohren kam, ward die Ordnung so gut gehandhabt, als in irgend einer Hauptstadt.

Das Militär hatte Unter den Franzosen gewonnen, — ein Theil davon auf dem Schlachtfelde gedient. Die Zahl, als der Papst es wieder übernahm, mochte sich auf 8 — 9ooo Mann belaufen

Der Cardinal hoffte vielleicht, es in diesem Zustande erhalten zu können. Er bekümmerte sich um die Details, die Uniformen, die man als zu prächtig tadelte, — den Dienst mit einer Liebhaberei; die Stoff zu manchen Epigrammen gab.

Eine Pasquinade z. B. stellte Bonaparte dar, der mit grossen Generalsstiefeln über den St. Bernhard schrill, und Consalvi, ihm nach; bemüht, seine Füsse in die Tritte jenes zu setzen.

Doch vermochte der Cardinal weder Tapferkeit noch Disciplin einzuhauchen. Die Veteranen nahmen ihren Abschied, die Truppen schmolzen ‘bis auf circa, 5ooo Mann, und der Cardinal wagte nicht, ein Recrutirungs-Gesetz in Antrag zu bringen, das im Entferntesten einer Conscription ähnlich sähe.

Man irrte, wenn man voraussetzte, dass es dem Staatssecretär möglich sey, Pius VII. in Allem zu leiten; schlug er etwas vor, was dem Papste nicht gefiel,so neigte dieser den Kopf auf die Schulter, sahe starr vor sich hin, und jede fernere Bemühung war verloren.

Manchesmal sträubte sich der Papst, ehe er einwilligte, und es kostete Schweiss, ihn zu bestimmen. Solche Anstrengungen durften nicht oft auf einander folgen.

Nach der Krankheit des Papstes zu Castel Gandolfo, im Sommer von 1817, vermehrte sich seine Reizbarkeit mit der Hinfälligkeit, — und Consalvi vermied gern jeden Anlass, seine Empfindlichkeit durch Widerspruch zu erregen. Die Opposition, die diess wahrnahm, ward dreister, seine Pläne zu durchkreuzen. Oft sagte er aber, dieser Neckereien müde: Si vede bene che siamo alle venti tre e mezza! „Man sieht wohl, dafs die Uhr beinahe abgelaufen ist.

Wenn Consalvi durchgreifen wollte, schalt man ihn einen Tyrannen; wenn etwas halb geschah, tadelte man seine Schwäche.

Seine Sphäre als erster Minister hatte er nicht über Gebühr ausgedehnt, wenn man sie mit der der Cardinäle-Nipoten vergleicht, — die wegen ihrer Gewalt Cardinali-Padroni hiessen.

Was Consalvi am meisten das Vertrauen des Papstes sicherte, war die Genauigkeit, mit der er ihn täglich von dem unterrichtete, was sich in seinen Staaten und im Auslande Merkwürdiges zutrug. Wer Pius VII. etwas denunciren wollte, fand ihn meist schon vorbereitet.

An der römischen Universität stiftete man einige Lehrstühle für Naturkunde und Archäologie ; — Monsignor May ward als Vorsteher der Vaticanischen Bibliothek von Mayland berufen.

Aber die allgemeinen Studienpläne geriethen ins Stocken, wie die Gesetzbücher.

In Abwesenheit des Cardinals Consalvi wurden im August 1814 die Jesuiten restituirt. Er war weder lebhaft für noch wider sie. Diese Angelegenheit erschien in Italien nicht so wichtig, als jenseits der Alpen; in Sicilien war der Orden schon wieder einheimisch. Man verglich ihn mit einem Korbe Früchte, von denen einige unreif, andere überreif wären. Nur bedauerte der Cardinal, dass man zu voreilig verheissen, ihnen wiederzugeben, was sie früher inne gehabt.

Hierunter gehörten viele Anstalten des Unterrichts; die Universität der Sapienza hätte Consalvi allenfalls ihrer Leitung anvertraut, nie aber das Collegium Romanum, und das damit verbundene Seminarium. Nach Aufhebung des Jesuiten-Ordens hatte sie Clemens XIV. dem weltlichen römischen Clerus eingeräumt, dessen Fortschritte in Moralität und Gelehrsamkeit seitdem auffallend waren.

Die Cardinäle Litta, Fontana und de Pietro hatten hierüber gedacht wie Consalvi.

In Bücher-Revisionen mischte er sich nur, wenn er befürchtete , dass man vor dem Auslande allzulächerlich werden könnte, — wie z. B. als man den Professor Set- tele hinderte, in seinem Handbuche das Copernicani- sche System als Wahrheit zu lehren, — und der Staatssecretär ausglich) dass es als Hypothese das Imprimatur bekam.

Mehr als die Wissenschaften hatten die schönen Künste sich der Begünstigungen zu erfreuen. Die Ausgaben, die Pius VII. bei einem nicht reichen Aerario darauf verwendete, sind bewunderungswürdig; der Strebe-Pfeiler am Colosseo, die Vorhalle und die Erweiterung des Museums Pio Clementino, der Ankauf einer Sammlung egyptischer Monumente, die Bildhauereien von Cammuccini, und hundert andere Gegenstände sind Belege dazu, – ohne Nachgrabungen nach Alterthümern und Erhaltungskosten derselben in Anschlag zu bringen.

Ferner wurden Plätze angelegt, durch Niedereissen von Häusern erweitert; Strassen nivellirt; Alleen von Bäumen gepflanzt; Springbrunnen und Obelisken errichtet.

Als Unter-Intendant hierzu bediente sich der Staats- Secretär gern seines Kammerdieners Giovanni Luelli, dem es dazu nicht an einem gewissen Talente mangelte, — und dessen Ehrlichkeit der Cardinal in einer langen Reihe von Jahren geprüft zu haben, — in seinem Testamente bezeugt.

Nach dem Tode Consalvi’s noch erhärtete sich seine Neigung zur Verschönerung Roms durch die Disposition, für das aus dem Verkaufe mehrerer von den Monarchen von Oestreich, Frankreich und beiden Sicilien geschenkten Tabatieren gelöste Geld, zum Ausbauen der Paraden der Kirchen von Araceli, S. Andrea delle Fratte, und S. Maria della Consolazione zu verwenden.

Unter den römischen Architecten zog er Raffaelle Stern vor. Diese Wahl hat der neue Arm des Museums, sein Werk, hinlänglich gerechtfertigt; Sterns Tod, Eingangs 1820, ging dem Cardinal wahrhaft nahe.

Doch unter allen Künstlern war Canova sein Idol; als man es nicht mehr anständig fand, die Büsten, die Canova, wie in einer Werkstatt, im Pantheon aufgehäuft hatte, dort zulassen, mussten, um Canova nicht zu beleidigen, auch alle andere Büsten aus der Rotonda auswandern, und unter ihnen die Raphaels, von seiner Grabesstätte.

Consalvi war weder Kenner, noch hatte er Geschmack in den Künsten. Nie kaufte oder bestellte er für sich eine Statue oder ein Gemälde. Dasjenige , das er zuerst Pius VII., dann Leo XII. vermachte, rührte aus einem Legate des Contestabile Colonna her; es ist vom Cavaliere Calabrese und mittelmässig.

Beim Ameublement des Quirinals, bei der Wahl von Livreen, Equipagen neigte er sich mehr zu modischer Eleganz, wie zu Pracht und aecht römischem Style.

Bei diplomatischen Geschäften hatte Consalvi freiere Gewalt, als im Innern; desshalb auch gelangen sie besser.

Oestreich, Frankreich, Spanien, Neapel, Toscana gaben die Jurisdictionen auf, der ihre Botschafter und Gesandte in den Quartieren um ihre Palläste geübt, und eben so die eigenen Postämter, die sie in Rom gehabt hatten.

Mit Frankreich Russland, Polen, Preussen, Baiern, Wurtemberg, Sardinien, Spanien, Genf schloss er Concordate, Convenlionen über Diocesan-Circumscriptionen, oder Abkommen wegen der Dataria ab; bei letzteren war er fliessend.

Unter Pius VII. sah man zuerst bleibende Gesandtschaften von Russland, Preussen, den Niederlanden, Hannover und Würtemberg beim heil. Stuhle.

Die Politik Pius VII. gegen das Ausland war weise, und einer Zeit angepasst, in der Consalvi Aehnlichkeit mit der der Reformation erblickte.

Neutralität bei den Kriegen der Mächte Untereinander , bei den innern Bewegungen der Nationen, so lange sie die römisch-catholische Kirche nicht betrafen, bei den Fragen über Legitimität und Constitutionen; daher die anscheinende Apathie bei den Umwälzungen in Spanien, Portugal, Neapel; — daher wurden geheime Gesellschaften immer nur als ketzerisch, nicht als revolutionär bekämpft.

Ferner: Beharren bei den Grundsätzen der Curia, und bei den Vorschriften des Tridentinischen Concils, keinen Eingriff autorisiren; manchen Verlust verschmerzen; Verbindungen erst abbrechen , wenn die den letzten Faden selbst zerrissen; niemals Unterthanen gegen ihre Herren aufwiegeln; — im Auge behalten, dass die Einheit der römisch-catholischen Religion dem Papste die Hauptsache seyn müsse, und dass diese die Unterschiede zwischen Monarchien und Republiken, Metropolen und Provinzen, Mutterländern und Colonien nicht kenne; desshalb versagte man weder Sl. Domingo noch Chili apostolische Vicarien.

Die Manier Consalvi’s zu unterhandeln, imponirte Allen, die insbesondere in geistlichen Dingen persönlich mit ihm zu thun hatten. Er begann meist mit einigen kleinen Concessionen und Erleichterungen; so wie man aber die Gränzen berührte, die er vertheidigen wollte, so ward er so ernst, so peinlich, so durchdrungen, davon abschlagen zu müssen, als ob es stets die Grundpfeiler der Kirche gelte, und er zürn Märterlhum dafür bereit sey.

Nur mit vielem Scharfsinne liess sich entdecken, wo man ihm abdingen könne, wo man zur Auslassung eines Artikels schreiten, wo man mit einem Mezzo termine vorlieb nehmen müsse; in Erfindung der letzteren war er sehr geübt.

Hatte man aber etwas verabredet, so war nicht zu befürchten, dass er sein Wort zurücknehme, — denn er versprach nie unbedachtsam, oder versteckte sich hinter Zweideutigkeiten. Seine Verschwiegenheit war eben so gross als seine Wahrhaftigkeit. Selbst auf Nothlügen ertappte man ihn nicht; — wollte er nicht Auskunft geben, so spielte er gegen Frager den Zerstreuten.

Arbeiten konnte er zu allen Stunden , und laufende Geschäfte expedirte er schnell; — aber bei Noten grübelte er über Wörter, schmolz zwanzigmal um, und war in der Redaction langsam und zaudernd, wodurch sie schwerfällig und weitschweisig ward. Um nicht missverstanden zu werden, kam derselbe Punct drei- bis viermal, und in andern Phrasen vor; — es war nicht die Feile der Beredtsamkeit und Rundung, sondern die der Aengstlichkeit und Klarheit.

Liebe und Achtung wusste er, bei wem er sich darum bewarb, zu gewinnen. In Aufmerksamkeiten und Gefälligkeiten war er unübertrefflich; jeder Gesandte glaubte sein besonderer Günstling zu seyn.

Wo er repräsentirte, liebte er Vollständigkeit und Ueberfluss. Seine Gastmahle in der heiligen Woche im Vaticane, und die bei ausserordentlichen Gelegenheiten waren fürstlich bedient; seine Feste zu Ehren fremder Monarchen, die Rom besuchten, ihrer würdig. Eines der schönsten war das auf dem Capitole 1819 für den Kaiser von Oestreich; die Statuen des Museums dienten zur Ausschmückung der Säle; die Bildsäule Marc Aurels, die Treppe von Araceli, die Springbrunnen auf dem Platze glänzten in Feuerwerk und bunten Lampen. Die Abendmahlzeit war für mehr als 6oo Gäste bereitet; über einem der Tische ragte die alte, vom Blitze beschädigte Wölfin in Bronze als Aufsatz hervor.

Der Aufwand für den Aufenthalt des Kaisers ward dem Cardinal als unerhört, als sträflich vorgeworfen; Pasquino’s und Marforio’s Witzeleien jedoch machten dem Staatssecretär eben so wenig Kummer, als einige boshaftere Libelle; ihre Seichtigkeit war ihr Gegengift. Sogar der Prediger des Papstes , ein Pater Capuciner, wagte Anspielungen.

Was man jedoch als Verschwendung auslegen wollte, war nur die löbliche Begierde, dass Rom auf die erlauchtenten Fremden einen eben so tiefen als angenehmen Eindruck machen möchte.

Auch hatte Consalvi in seiner Jugend am Hofe Pius VI. gelebt, wo von keiner Oeconomje die Rede gewesen, und der Maggiordomo jährlich 4 — 5oo Scudi in Rechnung brachte, die man in Aepfeln, deren Geruch der Papst liebte, verräuchert hatte. Ferner dienten die Feste zum Maafsstabe, die die römischen Prinzen Colonna, Doria, Chigi, — Joseph II., dem Grossherzoge von Toscana, dem Könige von Neapel gegeben, und hinter denen Pius VII. bei einem Gaste, wie der. fistreichische Kaiser, nicht zurückstehen durfte.

Dieselbe Eifersucht für den Ruhm seiner Vaterstadt hewog Consalvi Alles aufzubieten, sie Fremden im vortheilhaftesten Lichte zu zeigen, ihnen bei Schauspielen und Functionen stets die besten Plätze anzuweisen, die Gerüste und Logen in St. Peter und der Sixtinischen Capelle zu ordnen und die Details nachzusehen; denn er wusste aus Erfahrung, dass solche Fürsorge wesentlicher sey, als die Untergebenen sie anschlagen. — Uebrigens bedarf Rom der Fremden, — durch sie allein strömt wieder baares Geld ein, das sich ohnediess durch den so passiven Handel bald aus der Circulation verlieren würde. Zuvorkommenheit gegen Reisende wird hier Pflicht und Politik.

Nicht allein als Minister des Papstes, auch für seine Person war Consalvi gastfrei. Ausser seiner Abtei von Grottaferrata standen den Freunden Wohnungen zu Tivoli, Frascati und Albano zu Gebote, die er blos in dieser Absicht gemiethet hatte.

Consalvi war sparsam, aber keinesweges geizig; um mehr Gutes bevirken zu koennen, zersplitterte er das Geld nicth; seine Wohlthaetgkeit, und wie er haimlich und verscaemt Almosen spendete, hat man erst nach seinem Tode erfaren; – seine Unbestechlichkeit mussten seine aergsten Feinde bekennen; kleine Geschenke konnten ihn uebler Laune machen, groessere, ausser von Souveraenen, wies er zurueck; vom Cardinal von York jedoch nahm er einen Staatswagen an, al ser den rothen Hut bekam; die Orden, die ihm die Souveraene anbieten liessen, schlug era us.

In seiner Kleidung war er anspruchlos, beinahe bis zur Nachlaessigkeit, doch nett. Auf seiner Mission nach Frankreich, England und Wien 1814 un 1815 hatte er nur zwei Kleider bei sich, die bis zur Rueckehe nach Rom aushalten mussten; der bessere Rock diente bei Besuchen und Audienzen, er zog ihn schnell aus, sobald er nach Hause kam.

In Essen und Trinken war er Maessig, und nicht lecker.

Seine hoechste jaerliche Revenue ueberstieg nie 14 – 18,000 Scudi. Sie war in den letzen 6 bis 7 jahren ungefaehr wie folgt: Von seinem ererbten Vermoegen ueber 2000 Scudi; von der Abtei Grottaferrata rein 5700 Sc.; als Staatssecretaer 2400 Sc.; einige Gebuehren als Cardinal etwa 300 Sc.; als Secretaer der Breven 2100 Sc. Diese Stelle, in der Regel einem der vornehmsten der roemichen Cardinaele bestimmt, erhielt er 1817 nach dem Ableben des Cardinals Braschi; sein nachfolger ist Cardinal Albani geworden.

Ausser dem Aufgezählten genoss Consalvi eines Benefizes in Spanien, dessen Zahlung aber oft unterbrochen ward.

Für und wider Menschen konnte der Cardinal Vorurtheile fassen und nähren , und seine Abneigung wie seine Zuneigung nicht verbergen; Groll hegte er nicht lange; wen er bei einer ersten Aufwallung, denen er unterworfen war, hart angefahren, verhalf er vielleicht am nächsten Tage zu einer wichtigen Stelle; — somit schuf er viel Undankbare, denn sie erinnerten sich der Beleidigungen besser als des Dienstes.

Widerspruch ertrug er; manchesmal barsch, liess er sich auch barsche Antworten gefallen; Bittstellern schmeichelte er nicht mit leeren Hoffnungen; was er zugesagt, vergass er nie.

Zweimal in der Woche empfing er alle, die Gesuche an ihn hatten, in seiner Amtswohnung; die Frauen in einem kleinen Gemache auf der andern Seite des Hofes des Quirinals, während er speiste. Er war ceremoniös, und begleitete Fremde, die sich von ihm beurlaubten, bis zur letzten Anticamera.

Im Umgange mit gemeinen Leuten war er guti müthig ; — mit der Dienerschaft leutselig.

Trotz seiner Geschäfte wohnte er allen Capellen und kirchlichen Functionen pünctlich bei; in den Religionsübungen, im Fasten, Beichten etc. war er sehr eifrig. Oft sah man ihn in den Kirchen einsam und lange beten.

Wenn ihm jemand gefiel, oder fähig schien, so bediente er sich seiner zu vielen und verschiedenartigen Geschäften; auf Beständigkeit indessen war dabei nicht zu rechnen. In Niemand hatte er ausgedehnteres Vertrauen gesetzt, und Niemand hatte dieses mehr betrogen, als Monsignor Pacca, Gouverneur von Rom; als er wegen Schulden und einiger Verfälschungen entwich, hörte er nicht auf, ihn zu bejammern, solches Talent für den Dienst verloren zu haben.

Consalvi’s Feinde wollten diess Ereignifs benutzen, ihm beim Papste zu schaden; doch machte es auf Pius VII. keinen nachtheiligen Eindruck; aus eigener Bewegung ernannte er Pacca’s Nac

hfolger im Amte.

Von seinen Untergebenen verlangte der Cardinal Anstrengungen, da er selbst keine scheuete. Im Belohnen derselben war er vielleicht nicht grossmüthig genug.

In Gesellschaften hatten Consalvi’s Manieren etwas schüchternes. Er war öfter ernst und trübe, als heiter, niemals eigentlich fröhlich; sein Gespräch war weder glänzend noch witzig; wenn er erzählte, war er deutlich, aber umständlich; die Stimme heiser; im Ganzen lag ihm mehr daran, zuhören, als zureden; ersteres verstand er vortrefflich.

Consalvi war mittlerer Statur, eher mager als fett; die Hände zierlich, die Füsse auswärts gekehrt; den Kopf neigte er vorwärts; die Nase fein gebogen, die Augenbraunen buschigt, die Augen tief in den Höhlen; der Blick milde, ausdrucksvoll, zuweilen scharf; die Stirn gewölbt; die Adern auf ihr hervortretend; der Mund klein, und nach dem linken Winkel hingesenkt; überhaupt waren beide Hälften des Gesichtes merklich verschieden.

Er hatte Widerwillen sich malen zu lassen oder Bildhauern zu sitzen; Porträte von ihm nach dem Leben, sind das auf einem Gemälde des Ritters Wicar, zu Ehren des Concordats von 1801, und das von Sir Thomas Lawrence, für den König von England.

Ein Kupferstich ward 1816 zu Rom publicirt, der Consalvi darstellte, wie er die personificirten Legationen und Marken Pius dem VII. zurückführt; er bestand darauf, die Platte zu ändern, und seine Figur in eine allegorische umzuwandeln; d1e wenigen Abdrücke der ersten Art sind höchst selten geworden.

Sogleich nach seinem Dahinscheiden ward Thorwaldsen gerufen, die Maske des Verewigten abzugiessen. In den letzten Monaten hatte der Künstler ihn oft gesehen, um das Erforderliche über das Monument Pius VII. zu verabreden; die Züge des Cardinals drückten sich Thorwaldsens Einbildungskraft ein, und er hat eine Büste von ihm verfertigt, die zugleich das ähnlichste Bild und eines der gelungensten Kunstwerke ist.

Vom Jünglingsalter an hatten Beklemmungen, Herzklopfen und andere Vorzeichen Consalvi’s Aerzten die Besorgnifs eingeflösst, dass ein organischer Fehler die Ursache davon seyn könnte.

Seit 1820 bemerkte man schnelle Abnahme seiner Gesundheit; Unbehaglichkeit und Krankheiten wechselten mit einander.

Beständiges Arbeiten, dessen er sich nicht entheben wollte, schwächte ihn noch mehr; die Augenblicke, wo er sich leichter fühlte, wandte er nicht auf eigene Pflege, sondern auf die des Papstes.

Der Cardinal war eben von einem heftigen Fieber halb genesen, als der Papst am 6. Jul. 1823 in seinem Zimmer einen Fall that, und seitdem das Bette nicht mehr verliess.

Kurz zuvor hatte er noch erzählt, wie der 6. Jul. immer ein Unglückstag für ihn gewesen, — dass an ihm die Franzosen den Quirinal erstiegen ; — aber diessmal, fügte er hinzu, bin ich sehr wohl!

Des Cardinals kindliche Zärtlichkeit und Sorgfalt für ihn während der letzten Leiden; sein tiefer Schmerz bei seinem Erblassen; — die Thränen, mit denen er den erstarrten Leichnam des Hingeschiedenen benetzte, ergriffen jeden, der Zeuge davon war.

Bis zur Ankunft des Cardinals Fabrizio Ruffo von Neapel musste nun Consalvi, als Ordenshaupt der Cardinali Diaconi, nicht blos den allgemeinen, sondern auch den besondern Congregationen beiwohnen, und den Bau des Conclave leiten helfen, das auf seinen Vorschlag in einem Flügel des Pallastes von Monte – Cavallo gehalten werden sollte.

Zu den physischen Uebeln, die an seinem Leben nagten, gesellte sich auch der Unmuth, den Aeusseruhgen schlecht versteckter Heftigkeit und unverdienten Hasses auch dann erregen müssen, wenn man darauf vorbereitet ist.

Man schien im Conclave zu vergessen, dass Consalvi prima Creatura Pius VII. sey, (so nennt man nämlich den Cardinal, der eine der ersten Schöpfungen eines neuen Papstes, unter demselben der meisten Autorität genossen, und daher das natürliche Partheihaupt der Jüngern Cardinäle wird, die unter, und oft nur durch ihn den Purpur erhalten haben).

Die Beweise unbedingter Hochachtung, die fast alle europäischen Monarchen sich beeiferten, ihm durch ihre Bevollmächtigten beim heil. Stuhle zu erkennen zu geben, konnten ihn schadlos halten.

Consalvi hatte von seinen Gegnern gar nichts für sich , — und wenig für den Umsturz des Regierungssystems zu fürchten, dem er treu gewesen war. Er betrachtete es stets als das Resultat der Zeiten und Umstände, — nicht als sein freiwilliges Werk.

Nach der Krönung Leo’s XII. gab endlich Consalvi seinen Aerzten Gehör, einige Wochen lang aufs Land zu gehen. Er wählte hierzu ein Oertchen in Sabina, Montopoli , 35 Miglien von Rom.

Anfangs November kehrte er von dort zurück in den Pallast der Consulta, die Amtswohnung des Cardinal Secretärs der Breven.

Die Aerzte bestanden darauf, dass er die Seeluft einathmen müsse, und empfahlen ihm den Aufenthalt zu Porto d’Anzio, wo er bis nach dem Dreikönigsfeste blieb.

In den ersten Tagen seiner Rückkunft von Porto d’Anzio schien seine Gesundheit sich gestärkt zu haben. Man hoffte ihn noch einige Jahre dem Staate und seinen Freunden erhalten zu können.

Schon dachte Leo XII. daran, den Wirkungskreis eines Mannes wieder zu erweitern, der über die Regierung Pius VII. so vielen Glanz verbreitet hatte. Mit jeder Audienz beim Papste entwickelten sich Consalvi’s seltene Eigenschaften klarer vor seinem Blicke. Eine Probe davon war die Präfectur der Propaganda, die er Consalvi sogleich übertrug. Unter einer kräftigen Herrschaft wären die Bemühungen Consalvi’s für den Staat vielleicht in vollerem Umfange fühlbar geworden, als unter der zulezt durch Alter unkräftigen Herrschaft Plus VII.

Die Vorsehung hatte es anders verhängt; — zwölf Tage nach seiner Ernennung zum Präfecten der Propaganda schlummerte Consalvi hinüber; auf dem Sterbebette brachte der Cardinal-Penitenziere ihm den Segen des Papstes, und fragte: ob er ihm nichts anzuvertrauen habe? — Consalvi verneinte es durch eine Bewegung der Hand. — Seine lezten Worte waren : Io sono tranquillo!

Nach dreitägiger hergebrachter Ausstellung ward am 27. Januar die Hülle Consalvi’s in seine Familiengruft, in der Kirche von St. Marcello, getragen. Das römische Volk pflegt ein unerbittlicher Todtenrichter seiner Machthaber zu seyn, und sein Missfallen oder Bedauern an ihrer Bahre laut werden zu lassen.

Den Sarg des Staatssecretärs Pius VII. begleitet die Menge
still; ordentlich und niedergeschlagen.

Einen einzigen Prälaten hatte Consalvi Leo XII. empfohlen, und zwar unmittelbar nach der Erwählung, als er ihm in der Capelle des Conclave, in der Eigenschaft eines Cardinaldiaconus, zum erstenmale die päpstlichen Kleider anlegen half.

Diess war Monsignor Bottaoni, — ein redlicher Mann, den Consalvi vom Eintritte in die Laufbahn der Geschäfte an, öfter gebraucht hatte.

Uditore Santissimo, (d, h. Organ der Justiz, die der Papst von seinem Cabinette aus, unabhängig von den Tribunalen übt) bei Pius VII., behielt Monsignor Bottaoni immer diesen Posten bei Leo XII.

Ihn hat Consalvi zu seinem Fiduciar, Erben und Executor Testament! Gemacht.

Des Cardinals letzter Wille erklärt das Collegium der Propaganda fide zum Haupterben; doch kömmt es erst in den vollen Genuss des Vermögens, nachdem die Dienerschaft des Cardinals, und diejenigen, denen er lebenslängliche Gehalte ausgeworfen, gestorben sind.

Vielen Kirchen und Klöstern hat er beträchtliche Legate vermacht; mehreren Freunden und Freundinnen kleine Geschenke; ansehnliche Summen endlich zu Almosen und Stiftungen von Seelenmessen und Todtenämtern an seinem Sterbetage, und an den Sterbetagen des Bruders und einiger ihm theuren Personen.

Seine Verwandten sind geringe betheilt worden; er glaubte als Cardinal alles, was er besessen und erworben, der Kirche hinterlassen, zu müssen.

Das Diario di Roma vom 28. Jan. liefert, eine lateinische Inschrift von Monsignor Polidori, die vorläufig seiner Aschenurne eingelegt wurde. Sie enthält gebührendes Lob und einige Notizen über den Cardinal.

Diess ist bis jetzt die einzige biographische Nachricht, die römische Blätter über solchen Mann aufgenommen haben. Da, man sie nicht ins Italienische übersetzt hatte, verstanden sie ohnehin Wenige.

Der Cardinal hatte selbst Einiges über seine Lebens- umstände aufgezeichnet; Monsignor Bottaoni muss vermuthlich triftige Gründe haben, so lange mit der Bekanntmachung zu zügern.

Wir haben auf den vorstehenden Seiten nur Züge aus dem Leben Consalvi’s, wir haben keine vollständige Geschichte geben wollen, noch können. Manches ist zu frisch und durfte nicht berührt werden.

Wir haben uns begnügt, auf das Grab des Cardinals einige Lorbeer-Reiser zu legen. Mögen sie auf demselben zum Baume aufschiessen.

Rom, März 1824.