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Articolo del 25.6.2009

 
A Forlì in 150mila in fila per vedere l’Erma di Domenico Cimarosa
 
 
 
 
Scritto da red   
giovedì 25 giugno 2009
Ha chiuso i battenti a Forlì la mostra "Canova. L’ideale classico tra scultura e pittura", in cui è stata esposta L’Erma di Domenico Cimarosa, un’opera ritrovata di Antonio Canova dedicata al nostro illustre concittadino, che è stato il fiore all’occhiello della Mostra dedicata alle opere del celebre artista che dal mese di gennaio si è tenuta nei Musei San Domenico a Forlì. Dalla nota illustrativa di Ferdinando Mazzocca, si è appreso che la prima traccia documentale della scultura risale al 1824,
nel “Catalogo cronologico delle opere di Antonio Canova”, pubblicato da Cicognara, il busto viene indicato come risalente 1822, in realtà è datato 1808. Esso fu un regalo dello scultore al Cardinale Ercole Consalvi, non a caso riporta ben visibile la scritta: “A Dom:co Cimarosa/ Napoletano/ Esimio maestro di musica/ Nato MDCCXLVIIII morto MDCCCI/ Ercole Card: Consalvi/ MDCCCXVI”, sul lato destro c’è anche la firma dell’artista. Un erede del prelato regalò poi la scultura al Cardinal Pietro Vidoni, lo si apprende dalle Memorie di Antonio Canova scritte dall’allievo Antonio D’Este, ed il busto ancor oggi è di proprietà della famiglia cremonese dei Soresina Vidoni. Mazzocca scrive che: “L’omaggio dell’erma da parte di Consalvi potrebbe trovare una sua giustificazione dalla comune ammirazione per il grande musicista, ancora universalmente apprezzato, e dal fatto specifico che proprio a Pietro Vidoni quando era vice delegato a Ferrara era stato dedicato “L’amante ridicolo”, un dramma giocoso musicato da Cimarosa e rappresentato ne teatro ferrarese della Scrofa nel 1789”. Canova, quale Ispettore delle Belle Arti a Roma, lo collocò nella serie delle effigi degli uomini illustri del Pantehon, Ciò nel 1816, la stessa data che è impressa sull’opera. Canova era un estimatore di Cimarosa, per lui era un grande tra i compositori “come Raffaello lo fu tra i pittori”. Nel 1820 fu deciso di trasferire il busto nel Palazzo dei Conservatori nel Campidoglio, i cui ambienti al pianterreno furono trasformati in protomoteca. Un declassamento criticato anche da Stendhal, evidentemente la nuova collocazione fu dovuta alla scomparsa del Cardinal Consalvi, morto nel 1824 e – secondo Mazzocca – per le idee rivoluzionarie che Cimarosa aveva manifestato in vita. Consalvi era stato molto amico del Cigno di Aversa già prima di diventare cardinale, addirittura ne custodì gli spartiti quando Cimarosa nel 1787 andò in Russia, il 25 gennaio del 1801 fu lui a celebrare la solenne messa in suffragio nella chiesa San Carlo ai Catinari, alla presenza di tutti i musicisti di Roma. Dopo oltre un secolo di oblio il capolavoro di Canova, viene nuovamente valorizzato nel 1955 e nel 1957 fu presentato al Convegno sul neoclassicismo che si tenne a Venezia. Pietro Giordani nel Panegirico (1810) scrive: “(…) quel supremo padre d’armonia Domenico Cimarosa; che dal Canova riceve una seconda vita, in ristoro della morte ingiusta ed immatura”. Ovviamente tutto ciò non tocca per nulla la classe dirigente aversana, che nessun interesse ha mostrato per quest’avvenimento culturale che ha celebrato, anche se indirettamente, il figlio più illustre di Aversa. La mostra è stata promossa dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, con la direzione di Gianfranco Brunelli, curata da Antonio Paolucci, Fernando Mazzocca e Sergéj Androsov e con l’allestimento di Wilmotte e Alessandro Lucchi. Sono stati ben 150mila i visitatori.