1823
Conclave in cui viene eletto il Card. Annibale Della Genga
Morto Pio VII, il Cardinale ormai era veramente solo!
“Gli avversari, continua il Wichterich, nascosti di ieri, divennero i nemici palesi di domani. Perfino i parenti del Papa estinto si erano uniti ai suoi nemici.”
Dal dì 2 luglio 1815 fino al dì 20 agosto 1823 continuai ad essere Segretario di Stato.
Tra quest’ultima data e l’inizio del Conclave, ci racconta l’Artaud che “Essendosi riuniti i cardinali, scoppiarono sulle prime alcune lagnanze contro il Cardinale Consalvi.”
Ormai egli non era più Segretario di Stato e potevano, finalmente, dare sfogo a tutto ciò che avevano di arretrato!
Sempre secondo l’Artaud, “il Cardinale Fesch ebbe il coraggio d’assumere le sue difese e fu vivamente applaudito da altri cardinali”.
“A dì 2 settembre 1823 entrai nel Conclave, in cui fu eletto Sommo Pontefice Leone XII, il quale prese per Segretario di Stato il Sig. Card. della Somaglia, ed io passai ad abitare in Consulta nell’appartamento della Segretaria dei Brevi.
Il 2 settembre quarantanove dei cinquantatré cardinali, di cui si componeva il Sacro Collegio, si riunivano in Conclave.
Questo era diviso in due partiti: quello degli zelanti filo-austriaci capitanato dai cardinali ALBANI, DE GREGORIO, DELLA SOMAGLIA, FALZACAPPA, PALLOTTA, TESTAFERRATA, e quello dei moderati guidato dai cardinali CONSALVI, PACCA, AREZZO, MOROZZO. All’incirca i due gruppi come influenza si equivalevano.
Vi partecipò anche un parente diretto del Cardinale, da parte di madre, il Cardinale AntonioFrosini (1751-1834), figlio del Marchese Alessandro Frosini e della Contessa Vittoria Carandini di Modena, il quale era stato presente anche nel Conclave del 1800 a Venezia, ma come semplice prelato.
Il Conclave durò ventisei giorni. Pareva che la scelta del nuovo Pontefice dovesse cadere sul cardinale SEVEROLI, che il 21 settembre, aveva avuto ventisei voti, quando il cardinale ALBANI, in nome dell’Austria, lo dichiarò non eleggibile.
Altri votati furono i due antagonisti per eccellenza: il Somaglia, opposto al Consalvi.
L’Albani, intimo amico del nostro Cardinale, aveva appoggiato energicamente la sua candidatura anche contro l’altro candidato, il Severoli, ma, “quando vide, però, che, nonostante la sua azione, questi stava allargando pericolosamente la sua maggioranza, presentò a nome dell’Austria formale e diretta opposizione all’elezione del Severoli” (da internet).
Il 27 settembre, al cinquantunesimo scrutinio, il Cardinale ANNIBALE DELLA GENGA raccolse trentaquattro voti e fu eletto papa con il nome di LEONE XII.
Leone XII fu il primo Papa ad essere eletto nel Palazzo del Quirinale, nella Cappella Paolina. Oltre a lui furono ivi eletti i suoi immediati successori: Pio VIII, Gregorio XVI e Pio IX. Ricordo che Pio VII fu invece eletto in S. Giorgio Maggiore a Venezia.
Nell’Archivio di Propaganda Fide (faldone n. XXXIII) ci sono le schede che i Cardinali presenti ricevevano per poter seguire le votazioni. Le schede presenti nell’archivio sono naturalmente quelle che usava il nostro Cardinale per segnare con delle stanghette i voti che ogni cardinale riportava.
Da queste schede si ricavano i nomi dei candidati presenti: 6 Episcopi, 36 Presbiteri ed 11 Diaconi, tra cui appunto il nostro Cardinale. I nomi venivano scritti in latino, ed essi erano: (Episcopi VI) DE SOMALIA, PACCA, SPINA, GALLEFFIUS, ARETTIUS, CASTILLIONEUS (molto votato); (Presbyteri XXXVI) DE BEAUSSET, HAFFELIN, AB AUSTRIA, DE CUNHA, CLERMONT-TONNERRE, BERTAZZOLIUS, FALZACAPPA, PALLOTTUS, SERLUPIUS, PEDICINIUS, PANDOLFIUS, TURRIOTTIUS, DANDINIUS, ODESCALCHUS, ZURLA, DE-LA-FARE, FIRRAUS, RUFFUS SCILLA, BRANCADORUS (ancora vivo?), FESCH (l’eterno pentito!), OPIZZONIUS, DE GENGA (Leone XII), GRAVINA, SPINUCCIUS, SEVEROLIUS (il più votato, ma bloccato da un veto austriaco), MOROTTIUS, TESTAFERRATA, NARUS, CESAREUS, BARDAXY, RUSCONIUS, DE GREGORIO, AB AURIA, ERCOLANIUS, SOLARUS; (Diaconi XI) RUFFUS, CONSALVIUS, ALBANUS, CAVALCHINIUS, CACCIA-PIATTI, SANSEVERINUS, VIDONIUS, RIVAROLA (futuro braccio destro di Papa Leone XII) GUERRIERUS, FROSINI (parente del Consalvi), RIARIUS.
Il nuovo Pontefice, Leone XII, non confermò nella carica di Segretario di Stato il nostro Cardinale ed annullò subito tutte le sue riforme.
Avverso alle novità introdotte dal Consalvi e tenacissimo conservatore, LEONE XII pensò di dare un nuovo ordinamento allo Stato ed il 5 ottobre del 1824 promulgò un suo “Motu proprio” con il quale annullò quello precedente del Cardinale.
Il “Motu Proprio” di Leone XII ha la data del 5 ottobre 1824, mentre il Cardinale era già morto da molti mesi, il 24 gennaio.
Ciò dimostra che il Cardinale, finché era in vita, si opponeva energicamente alle riforme di Leone XII. Era necessario attendere la sua scomparsa! E così fu!
Un altro Leone, Leone XIII, anni dopo, spiegò con poche e secche parole il perché il suo predecessore, di cui aveva scelto appunto il nome, aveva tolto il Ministero al Cardinale:
«Consalvi aveva durato anche troppo!»
C’è un interessante commento al riguardo (direttamente su internet) dalla rivista cattolica TOTUS TUUS:
“A Roma, nel 1814, tornò il papa Pio VII. Lo Stato della Chiesa fu restaurato nella sua integrità e per qualche tempo ebbe nel Cardinale Ercole Consalvi una mente politica in grado di guidarlo. Gli altri cardinali della curia romana non compresero che la restaurazione dello Stato della Chiesa doveva avere carattere transitorio, in attesa della soluzione che esonerasse il Pontefice da una funzione politica troppo onerosa. I cardinali erano persone anziane, ancora sotto il trauma degli avvenimenti accaduti nell’epoca napoleonica. Profittando della simpatia che circondava la Chiesa cattolica nei primi anni della restaurazione, gli zelanti ritennero possibile il ritorno al passato, senza rendersi conto del dinamismo implicito nella cultura moderna.”
Padre Wichterich parlando del Metternich, ovvero delle politica Austriaca, si chiede in forma retorica:
“Senza dubbio l’uomo di Stato austriaco aveva tutte le ragioni per stare in guardia (il Metternich invitava il Cardinale ad essere più repressivo nei confronti dei Liberali e dei Carbonari). La sua politica lungimirante parve dargli ragione tre decenni più tardi, anzi prima. Alla fine doveva provare nel suo stesso Paese la rivoluzione del 1848, come ribellione dei popoli che combattevano per la loro politica e nazionale.
C’è solo da chiedersi se il suo appoggio attento e perseverante alle forze reazionarie della Curia Romana, che vinsero nei Conclavi avvenuti (accidenti, lo dice al plurale. Ci va giù duro!) dopo la morte di Pio VII, abbia giovato alla causa dello Stato della Chiesa e del seggio apostolico.
La sicurezza interna, anzi la solidità dello Stato della Chiesa fu meglio garantita dal regime contemporaneamente mite e fermo del Consalvi, che fece tante riforme amministrative e sociali, oppure da quello di Leone XII che, quasi a dimostrare il contrario, mandò il Cardinale Rivarola in Romagna, dove pronunciò condanne terrorizzanti, provocando nuovo odio e nuove vendette? La domanda ha già in sé la risposta.”
Altro argomento: l’Unità d’Italia. Padre Wichterich si chiede: “Fece bene il Consalvi a schierarsi contro il progetto di una unione federale italiana?”
Padre Wichterich dà una risposta molto chiara, approvando in pieno l’operato del Consalvi:
“Tale progetto in un primo tempo era stato discusso seriamente da tutti i partecipanti al Congresso di Vienna. Suo principale fautore era lo Stato Austriaco che, grazie al possesso della Lombardia e del Veneto, avrebbe avuto una posizione-chiave entro la federazione.”
Quindi il progetto non portava ad una Italia unita e libera con un proprio Governo, ma ad una federazione di Stati Italiani, dove l’influenza austriaca sarebbe stata predominante.
Infatti “contrario era il Piemonte, contraria era la Francia e decisamente contrario era il Consalvi che, a ragione, temeva l’intromissione politica ed eventualmente militare dell’Austria”.
Padre Wichterich fa notare una cosa importantissima, e cioè che la carica di Segretario di Stato, fino ad allora “piuttosto insignificante (nella storia della Chiesa), soltanto nell’epoca napoleonica aveva guadagnato tanta importanza ed un rango così alto.
La personalità del Consalvi aveva dato a questa carica una luce visibile in tutto il mondo cristiano.”
Pio VII aveva piena fiducia in lui, ma il rovescio della medaglia per il Cardinale fu che la ricostruzione dello Stato Pontificio dopo le vicissitudini napoleoniche lo caricarono di così tanta responabilità da occupare ogni suo momento libero.
Egli riuscì, ad esempio tra gli altri problemi, a riequilibrare la finanza vaticana e a riordinare le casse nonostante il debito di 150 milioni di lire che vi aveva trovato, ma a che prezzo!
“La sua attività febbrile, continua il Wichterich, in certi periodi non era neppur compensata dal sonno, Pio VII ne era molto preoccupato e lo consigliava di andare a Tivoli o a Porto d’Anzio a riposarsi”.
L’età e le malattie incominciavano a prendere il sopravvento sul suo fisico, ma la “delusione” per le decisioni prese dal nuovo Governo Pontificio, gli diedero il colpo di grazia, togliendogli la benché minima volontà di continuare a combattere, se non addirittura di continuare a vivere.