1807 – i Persiani di Toscanella
Prima di continuare con le sue peripezie politiche, rimaniamo ancora un po’ nel personale.
Morto il fratello Andrea, il Cardinale riceve le condoglianze da tutti i suoi conoscenti. In particolare, nei suoi incartamenti, ho ritrovato una lettera con le condoglianze dei Persiani di Toscanella, suoi fattori e, dato che il fine di questa mia ricerca, ci tengo a ribadirlo, non è quello di scrivere un saggio storico sugli avvenimenti suoi contemporanei, bensì quello di evidenziare soprattutto la vita privata del Cardinale, riporto qui di seguito questa lettera nella quale vi sono vari elementi, direi molto interessanti.
Il destinatario di questa lettera, a cui Giovanni Francesco Persiani scrive, è “un Reverendo” a noi per ora sconosciuto, il quale a sua volta scrive al Cardinale allegandogli anche la lettera del Persiani, dalla quale si evincono molte utili informazioni per gli “storici” di Toscanella.
Questa lettera, insieme alla documentazione dal sottoscritto ritrovata della “Causa Negroni”, che gli storici toscanesi potranno trovare al completo nella sezione “Post mortem”, fa un quadro molto preciso, e finalmente chiaro, degli interessi privati del Cardinale a Toscanella.
Toscanella 13 settembre 1807
L’affare della Casa Arrighi, assai spinoso per diversi rapporti, mi è costato della fatica non poca. Ho peraltro il piacere di aver combinato tutto in due soli giorni, e di aver servito l’E.mo P.ne con tutta l’energia, e nel medesimo tempo mi compiaccio di levare a Lei una briga, che l’obbligava di trattenersi a Roma contro Sua voglia.
Ieri dunque fu tenuta la Congregazione dei Fratelli della Compagnia per esaminare, e decidere sulla Surrogazione, e sulla minuta dell’Istrumento da farsi. Io nel passargli le Carte necessarie, credetti bene di accompagnarle con un foglio istruttivo ben ragionato, e la cosa fu risoluta a favore.
Mi restava qualche dubbio, che questo signor Enrico Turriozzi potesse incontrar qualche difficoltà d’interporci il Suo Decreto, che però ho voluto assicurarmene, e l’ho trovato condiscendente; sicché siamo d’intesa di stipulare domani ambedue gli Istrumenti, se non insorge qualche difficoltà non prevista.
A scanso di rischio ho combinata una Cambiale a vista col signor Arrighi di scudi 1200: che spero di poter spingere al signor Giorgi col futuro brogliaccio. Le convengo il vero, che trattandosi con Congregazioni, e con tante teste, non credevo di poterci riuscire con tanta sollecitudine.
Mi dica, se debbo prender copia degli Istrumenti suddetti e mandargliela.
Sono afflittissimo della perdita del Signor Marchese (Andrea Consalvi, morto il 6 settembre), anche sul riflesso, che mi figuro l’E.mo P.ne penetrato dal dolore. Se ha occasione di parlarci gli porga li miei ossequiosi rispetti.
E con tutta la stima, ed amicizia mi confermo.
Suo affezionatissimo servitore ed amico
Giovan Francesco Persiani
P.s. Nasce il dubbio all’Arrighi, che il Consenso della Confraternita senza la licenza di qualche Congregazione di Roma possa essere nullo, onde che se ne dica qualche cosa.
La seguente lettera è invece quella inviata da questo sconosciuto “Reverendo” al Cardinale.
Dimostra irritazione quando cerca di contestare quanto affermato dal Persiani.
E.mo,
Ecco la lettera, che ho ricevuta dal signor Persiani: gli ho risposto, che ho lodata la sua efficacia, e che nel prestarsi per V. E. E.ma non avrà mancato nel tempo di far comprendere alli signori Deputati, che si lasciavano in pienissima libertà nella loro deliberazione, giacché V. E. conosceva evidentemente non solo l’uguaglianza della surrogazione, ma l’utilità ancora del Luogo Pio specialmente nel tratto successivo.
Non è poi vero, che un comando di V. E. fosse per me una briga, e che mi aveva trattenuto in Roma contro mia voglia. Non mi sono mai sognato di scrivere queste pazzie.
Sono contento di aver suggerito, che la perizia de’ Fondi contemplassero ancora il fruttato, che è la vera strada affinché il luogo Pio conoscesse quanto di rendita avrebbe avuto dalla Casa Arrighi, e quanta dalli Fondi surrogati.
Finalmente dissi a Persiani, che mi lusingo di servire per il venturo l’arrivo della Cambiale delli scudi 1200 e che per ora non occorrono le Copie degli Istrumenti, perché ne ho un’esattissima minuta.
Debbo poi dire a V. E. che alli Persiani non sarà troppo piaciuta la surrogazione della Casa Nuova, che essi abitano. Confesso, e giuro, che è una mia idea, e che essi non me n’hanno scritta una sillaba, perché conosceranno che il Padrone può fare qual che vuole della roba sua.
Ma se si progettasse ad essi, che acquistassero la vecchia Casa Consalvi, da aver effetto quest’acquisto dopo la cessazione della Linea Consalvi, da aver luogo di qui a cent’anni, e che essi pensassero di surrogare altri fondi di loro proprietà di contentamento del luogo Pio, non mi parrebbe un affare così ineseguibile da non poterne parlare al mio ritorno a Novembre.
Ripeto che è una mia idea non mossa neppure per ombra dalla parte dei Persiani.
Mi dimenticavo di dire a V. E. che in ordine dal dubbio Arrighi sulla licenza di una Congregazione di Roma, ho risposto, che non si tratta di una alienazione, ma di una surrogazione, che il gradire, che ne interpone il ……… né conosce l’uguaglianza, e l’abilità del luogo Pio, e finalmente, che l’obbligo dell’evizione, che si pone in tutti gli istrumenti di vendita bassa, ed avanza per l’assicurazione del di lui contratto.
Alla Signora Contessa d’Albany (1) avevo già scritto fino da venerdì passato che io partivo da Roma, ma che avevo prima assicurata l’esigenza delli scudi mille, onde traesse pure la solita Cambiale al mio nome, perché vi era persona in Casa mia, che avrebbe puntualmente pagato.
Il Conte Gatti mi rinnova l’invito per V. E. della sua villeggiatura in Macerata, dove attendo i venerabilissimi comandi di V. E. nel caso, che volesse qualche cosa da un suo umilissimo servitore.
(1) Luisa Stolberg (1752-1824), ovvero la Contessa d’Albany (antico nome della Scozia), era la moglie e poi vedova di Carlo Edoardo Stuart pretendente al trono d’Inghilterra. Prima di rimanere vedova, si separò dal marito per andare a convivere con il poeta Vittorio Alfieri (1749-1803). Con lui visse a Firenze dal 1784 fino al 1803, anno della morte del poeta. Vittorio Alfieri fu sepolto nella chiesa di S. Croce a Firenze, dove, per incarico della contessa d’Albany, erede universale dell’Alfieri, e su consiglio del Cardinale, il Canova gli eresse un solenne monumento.