1800
Il libero commercio ed il Card. Braschi
Appena insediato, il Cardinale dimostra subito di avere talento ed innate capacità organizzative. Grande suo difetto era, però, l’essere un accentratore perché, come abbiamo già notato, non credeva molto nelle capacità altrui.
“Divenuto così Cardinal Segretario di Stato, attesi come meglio seppi ad adempirne i doveri. La riorganizzazione del Governo Pontificio, dopo la generale distruzzione prodotta dalla precedente rivoluzione, fu la prima cura del mio Ministero e non potrei dire abbastanza quali pensieri e fatiche costasse, nè quali ostacoli e difficoltà fu necessario superare per condurla a fine.
Io non so come la mia salute potè in quella epoca sostenersi, essendo state assai rare quelle notti nelle quali il mio riposo si prolungasse tutto al più a 4 ore e rari i giorni, nei quali la mia applicazione non contasse le 17 o 18 ore delle 24 che compongono la giornata.”
Egli cerca di risollevare l’economia dello Stato Pontificio promuovendo il libero commercio. Qui ce ne spiega il motivo dell’introduzione con poche e semplici parole.
“Non esisteva in Roma e nello Stato Pontificio il libero commercio. Il vuoto dell’erario (conseguenza delle immense perdite prodotte dalle immense contribuzioni, perdita di 4 Provincie e della rivoluzione poc’anzi accaduta), la abolizione delle cedole, con la creazione delle quali il Governo soleva supplire, benchè con sommo danno, ai bisogni del momento, i bisogni publici, che intieramente assorbivano le poche rendite che potevano ritrarsi dallo Stato, non permettevano più quelli immensi sacrifizii, che il Governo era solito di fare per dare al popolo le derrate a minor prezzo del costo, pagandone il di più con proprie spese.
Il libero commercio divenne dunque una necessità, quando anche non lo avessero consigliato le massime non meno della giustizia, che della buona economia e della politica ancora.”
Ciò gli alienerà tutti coloro a cui, con questa operazione, provocherà una riduzione drastica delle rendite, in particolare al Cardinale Braschi, suo sponsor e benefattore.
“Ma il libero commercio portava seco la cessazione di infiniti privilegii, prerogative, dritti, abusi, ecc., con danno della giurisdizione e dell’utile di molti dicasteri e cariche, presso cui era la cura dell’antica vincolata amministrazione.
Il Camerlengato, da cui si concedevano in quel sistema le licenze. per le tratte dei grani ed altre esportazioni dallo Stato e per la circolazione anche interna, perdeva più di tutti. Era divenuto Camerlengo il Card. Braschi. Egli soffrì di malissimo animo i risultati dannosi alla sua carica, che il libero commercio produceva.
Quindi egli fu il primo e il più feroce dei nemici del libero commercio e non vi fu sforzo ch’egli non facesse perché non si introducesse nello Stato e in Roma. Ma i suoi sforzi, essendo rimasti senza effetto per la fermezza e il coraggio che vi si oppose, superando il Governo anche quelli ostacoli, che l’eccitato e fomentato malcontento popolare rendeva più formidabili, il Cardinale rivolse tutto il suo sdegno e dirò anche il suo furore contro quello che aveva introdotto il nuovo sistema e lo sosteneva contro ogni umano rispetto per il bene publico. Non vi fu cosa che egli non si permettesse contro di me.
Così io ebbi il dolore di vedere divenuto mio acerrimo nemico quello, a cui, per la memoria dello zio defunto ed anche per vera stima di molte sue doti e qualità, ero più che ad ogni altro attaccato.
Egli giunse perfino a rinunziare l’impiego di cui si diceva obligato a sostenere i pretesi dritti, dando con ciò un grande alimento e forza alla opinìone popolare, benchè da me e dal Papa stesso fosse pregato caldissimamente di non farlo. Seguita la di lui rinunzia, lungi dal risentirmi di tutta la sua condotta acerbissima contro di me, io gli feci conferire di nuovo la carica di Segretario dei Brevi, che alla occasione della di lui promozione al Camerlengato era rimasto vacante e che fortunatamente non era stata ancora conferita e se ne continuavano da lui come Pro le funzioni.
Io continuai sempre a dimostrargli ogni maggiore riguardo e non vi fu tempo, nè circostanza, nè occasione in cui non mi dimostrassi il suo più zelante servitore.
Io ebbi finalmente dopo qualche anno la dolce soddisfazzione di riacquistare la di lui affezzione e di udire ch’egli mi considerava come il più attaccato alla sua Casa e alla sua persona medesima.”