15 luglio 1801
IL CONCORDATO
PARTE IV
Ma la partita a scacchi con il Primo Console gli riserba subito un’altra sconfitta. Non solo Napoleone era stato perfettamente informato dal Cacault della riuscita del “suo” piano, ma era stata programmato in modo impeccabile anche il seguito.
L’Abate Bernier lo va a prendere con la carrozza, lo porta a “les Tuileries” e lo fa entrare da una porta secondaria in una stanza silenziosa ed appartata, e, quando viene accompagnato alla presenza del Primo Console, capisce finalmente con chi ha a che fare.
Questo pezzo ce lo gustiamo tutto intero, senza interruzione. Si tratta di un pezzo di una comicità unica, se così si può dire, data la drammacità della situazione. Direi che il Cardinale aveva la stoffa per essere un buon scrittore, se avesse voluto.
“Di fatti, tornato il Maestro di Cerimonie dopo pochi momenti, e dicendomi che potevo passare alla udienza del Primo Console, additandomi a tal fine una picciola porta che dava sul grande atrio della grande scala del palazzo, provai veramente la sorpresa medesima che nelle rappresentazioni teatrali fa provare una improvisa mutazione di scena, quando da una capanna o bosco o carcere o altra simile situazione si passa a vedere una magnificentissima e popolatissima reggia.
Si era data la combinazione in quel giorno, come seppi poi, che si faceva alle Thuillerie la gran Parata, la quale in quei tempi soleva farsi ogni 15 giorni, a cui intervenivano i tre Consoli, che rappresentavano il Governo, i Corpi dello Stato, cioè il Senato, Tribunato, Corpo Legislativo, i Grandi, o sia le Cariche del Palazzo, i Ministri, i Generali, e gli altri Ordini dello Stato e un numero immenso di Truppe e di Spettatori.
Volle il Primo Console farmi andare alla sua udienza per la prima volta in tale occasione, per darmi, cred’io, una idea della sua grandezza e sorprendermi ed atterrirmi fors’anche.
E non sarà difficile l’imaginare che in una persona, giunta a Parigi la notte innanzi, non prevenuta, ignara di ogni uso e costume e delle disposizioni di quelli innanzi ai quali compariva, l’anzidetto non meno imponente che improvviso apparato dovesse fare una forte impressione e porre in un imbarazzo grandissimo.
Nella impossibilità di imaginare che mi si dasse la prima udienza in publico e ignorando affatto la circostanza della funzione della Parata, io pensai che la moltitudine della gente, che vidi nell’atrio nelle scale, fosse accorsa per curiosità, avendo saputo (benchè non potessi imaginare il come) la mia andata al palazzo.
Il suono dei tamburri alla cima delle scale, le prime sale e le anticamere tutte piene di persone ricchissimamente vestite, i Grandi, che vi erano in folla e che non potei non conoscere al loro esteriore e contegno, mi riempirono di sempre maggior meraviglia.
Finalmente giunsi ad una sala, dove vidi un solo gran personaggio, che mi venne incontro, complimentandomi con un inchino e non con parole, il quale unitosi a me e precedendomi mi accompagnò per introdurmi nella stanza appresso.
Io non seppi allora chi egli fosse, ma seppi poi che era il Ministro degli affari esteri Signor di Talleyrand, nome troppo conosciuto nelle vicende della rivoluzione senza che io qui altro aggiunga.
Imaginai ch’egli mi introducesse nel Gabinetto del Primo Console e mi confortai nel mio animo di poter finalmente essere solo con lui. Ma qual fu mai la mia sorpresa, allorchè all’aprirsi di quella ultima porta io vidi in una gran sala una turba immensa di gente, disposta come per un colpo di scena, giacchè nel fondo deÌla medesima vedevansi simmetricamente disposti diversi Corpi (che, come poi seppi, erano il Senato, il Tribunato, il Corpo Legislativo e altre primarie magistrature) e nei lati vedevansi i Generali e Militari di diversi gradi e i Ministri e le grandi Cariche dello Stato e innanzi a tutti, distaccati e isolati, tre individui, che poi seppi essere i tre Consoli della Republica.
Quello ch’era nel mezzo, essendosi avanzato egli solo ad incontrarmi facendo pochi passi, fu solamente per congettura che io imaginai che fosse il Primo Console e la dimostrazione che fece di presentarmegli il Ministro Talleyrand, ch’era al mio fianco, mi confermò in tale idea.
Io voleva allora dirgli qualche cosa, complimentandolo e parlandogli del motivo della mia venuta, ma egli non me ne diede il tempo, perché, appena io gli fui vicino, prese egli laparola e mi disse che sapeva il motivo del mio viaggio in Francia e che si incomincierebbero subito le trattative, per le quali mi dava 5 giorni di tempo, prevenendomi che, se al termime del quinto giorno non fossero terminate, dovevo ritornarmene a Roma, giacchè egli aveva già preso i1 suo partito in tale ipotesi.
Queste e nulla più, furono le prime parole che con volto né cortese né brusco egli mi disse e poi si tacque, aspettando la mia risposta.
Io dissi allora che l’invio fatto da Sua Santità del suo primo Ministro a Parigi era una prova dell’interesse che metteva alla conclusione di un Concordato con il Governo Francese e che io volevo lusingarmi di essere abbastanza fortunato per poterlo terminare nello spazio di tempo che da lui si desiderava.”
A questo punto il nostro caro antenato, nelle sue memorie, scritte non dimentichiamolo circa dieci anni dopo questi avvenimenti, cerca di riprendersi qualche punto a favore, dichiarando che sì, è vero che era stato messo in imbarazzo dal Primo Console, ma, con l’aiuto del Cielo e non per proprio merito, non proprio in difficoltà.
“Egli (Napoleone) entrò subito in materia e per più di mezza ora, in quella situazione e in faccia a cotanta gente, parlò sul Concordato. Io risposi ad ogni cosa quello che credei dover dire, senza perdermi d’animo (ripeto, per uno speciale aiuto del Cielo e non per mio merito).
Risposi con gran franchezza che egli era stato assai male informato e, date da me altre consimili risposte alle molte altre cose che in quella, benchè prima publica udienza, mi disse, fattomi un cenno con la testa quasi di riverenza e retrocedendo al luogo in cui a pochi passi indietro erano gli altri due Consoli, così congedommi.
Fattogli allora da me un inchino (come fatto avevo nel primo ingresso), sortii dalla sala accompagnato dal Sig. di Talleyrand fino al luogo dove era venuto ad incontrarmi, e di là accompagnato dallo stesso Maestro delle Cerimonie fui ricondotto alla mia abitazione.”