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1789, l’ascesa continua

1789
L’ASCESA CONTINUA
Ancora neanche due mesi ed il 10 aprile 1789, a soli 32 anni, il Cardinale, continuando la sua scalata ai vertici amministrativi della Curia di Papa Braschi (Pio VI), viene nominato Votante di Segnatura.
Il Cardinale, come ci racconta lui stesso, aveva due grandi aspirazioni: quella di trovare un posto amministrativo tranquillo, che gli permettesse di arrivare per anzianità alla carica del “cardinalato”, e quella di viaggiare, viaggiare e soltanto… viaggiare.
Per raggiungere tali fini egli sperava nella carica di Uditore di Rota, che riuscì in effetti ad ottenere tre anni dopo, ma nel frattempo, poco lontano da Roma, nel luglio del 1789 a Parigi avveniva un fatto che avrebbe non solo cambiato il mondo nei secoli a venire, ma avrebbe interrotto bruscamente i “tranquilli progetti” del nostro futuro Cardinale.
Il 12 luglio 1789 Desmoulins accende la miccia della rivoluzione, ovvero quella “Rivoluzione Liberale” ispirata dalla famosa Rivoluzione Inglese del 1688. Il 14 luglio i francesi prendono la Bastiglia, il 2 novembre i beni ecclesiastici vengono dichiarati proprietà nazionale. Il 12 luglio dell’anno dopo (1790) viene approvata la Costituzione Civile del Clero.
Nel 1792 la rivoluzione “liberale” verrà sostituita da quella “giacobina”. Il 27 maggio del 1792 viene decretata la deportazione dei preti refrattari. Il 10 agosto vengono trucidati “a colpi di pugnale, di sciabola, di pietre e di randello, la guardia personale di Luigi XVI, composta di 600 svizzeri, a cui era stato dato ordine di deporre le armi. Il 21 settembre viene abolita la monarchia ed il 22 nasce la Repubblica Francese. Questa si inserisce nel periodo dell’ILLUMINISMO, il quale si prefiggeva di instaurare governi più democratici, con l’abolizione dei privilegi nobiliari ed ecclesiastici, elevando ad ideali la ragione, la libertà e l’uguaglianza.
Nel frattempo, dopo soli tre anni dunque, nel marzo del 1792, il Cardinale viene promosso ad Uditore di Rota, per arrivare già l’anno dopo alla carica di Segretario della Congregazione di 5 Cardinali, “formata per l’esame del Piano Boncompagni sul nuovo sistema per Bologna e dei reclami dei Bolognesi contro il medesimo.”
Quella carica (Uditorato dì Rota) non portava seco alcuna responsabilità. Come ho detto; era di molto onore e tutta propria dei studii da me fatti; se in alcuni tempi era di grande fatica, questa aveva il compenso di molti mesi di vacanza e riposo. Finalmente io consideravo che sebbene io non avessi alcuna ambizione del Cardinalato, pure risguardandolo come il termine onorevole di una carriera intrapresa, l’Uditorato di Rota mi vi conduceva lentamente sì, ma sicuramente senza aver bisogno di fare la corte a chicchessia, né del favore o benevolenza ultronea di chicchessia, giacché il Decanato della Rota menava al Cardinalato secondo il consueto quando non si abbiano demeriti e non si diano veramente disgraziate combinazioni e la mia età giovanile (io aveva allora circa 35 anni) mi dava il tempo per aspettare questo Decanato con qualunque lentezza fosse per venire.
Si rimane perplessi nel constatare con quanta semplicità il Cardinale ammette di non avere ambizioni. Tanto, come lui ci spiega, egli sarebbe arrivato ugualmente ad ottenere, prima o poi, la carica del cardinalato.
Io aggiungerò ancora un altro stimolo che io avevo per desiderare vivamente l’Uditorato di Rota. Io avevo una passione ardentissima per il viaggiare e non avevo fino allora potuto soddisfarla che con il breve viaggio di Napoli, che ho detto di sopra, e con quello della Toscana, che avevo fatto di recente. Le vacanze della Rota dalli primi di luglio fino al Xbre mi davano ogni anno il modo di viaggiare per 5 e più mesi senza mancare ad alcun dovere e senza, bisogno di congedi e straordinaria permissione. Tutte queste ragioni mi facevano desiderare sì vivamente l’Uditorato di Rota, che mi credei permesso per quella volta (giacche ne prima, ne poi l’ho più fatto mai), e per quella sola carica, di dipartirmi dalla massima del Card. Negroni, tanto più che non la violavo per ambizione, ma per tutt’altro motivo, e quasi direi per l’opposto. Io dunque non seppi trattenermi dall’unirmi ai tanti altri concorrenti e non osai affidarmi intieramente alla speranza che mi dava ciò che mi aveva detto due anni prima il Papa (come ho detto di sopra), quasi che egli potesse pensarci da se medesimo.
Io piuttosto contai sulle di lui buone disposizioni per non temere la brevità del tempo trascorso dalla mia ultima promozione. Io dunque pregai il Card. Segretario di Stato a parlar di me, come degli altri concorrenti, al Papa e temendo che forse non lo facesse per qualche altra particolare premura, che potesse avere, io pregai anche l’Uditore del Papa di dirgli che io pure concorrevo e nulla più.
Aveva, quindi, egli un contatto diretto sia con il Cardinale Segretario di Stato di Pio VII, che con l’Uditore personale del Papa. Ma chissà quanti altri, oltre a lui, si saranno rivolti ai due. Eppure la carica andò proprio a lui!
Questi furono, e non altri, i passi che io feci. L’esito fu felicissimo e fui fatto Uditore di Rota il 24 marzo del 1792.
Io avevo una grandissima smania di divenire Uditore di Rota … (che) ero giunto per fino a ricusare con mio gran rischio (perché non si poteva ricusare impunemente sotto Pio VI) la Nunziatura di Colonia, a cui il Papa mi fece sapere per mezzo del Card. Negroni di avermi destinato prima che vi destinasse Mons. Pacca, ora Cardinale.”
Chissà come gli sarà sfuggita la frase perche non si poteva ricusare impunemente sotto Pio VI.
E’ vero che quando l’ha scritta egli era in cattività, che ormai al posto di Pio VI era subentrato Pio VII e che egli stesso era Cardinale ed anche Segretario di Stato, ma si tratta comunque di una rivelazione storica non indifferente da parte del massimo potere pontificio, dopo il Papa.
Ma torniamo al 1789. L’Uditorato di Rota era un collegio di prelati, dove la “quota romana” ammontava a tre unità su dieci. Il nostro Cardinale, a soli 35 anni, prese dunque il posto del giudice Carlo Origo. Gli altri due romani in quel periodo erano Tiberio Sederini e Pietro Paracciani.
Eppure, qui c’è qualcosa che non quadra! I concorrenti per rimpiazzare l’Origo erano tanti: ben 23, ma Pio VI, ovvero Papa Braschi, cosa fa? Egli sceglie lo sconosciuto Ercole Consalvi. O, forse, tanto sconosciuto non era?
Papa Braschi è rimasto famoso nella storia per il suo nepotismo. Perché mai avrebbe dovuto concedere al nostro Cardinale l’unico posto di Uditore di Rota vacante, se proprio in Casa Braschi si candidava un suo parente? Avrà Papa Braschi fatto questa scelta in memoria del Cardinale Andrea Negroni, oppure si è piegato al desiderio del cardinale di York, oppure avrà voluto ricambiare un favore ricevuto dal Cardinale Filippo Carandini? Sono convinto che nell’archivio segreto vaticano, tra la corrispondenzza per e da Pio VI, vi sia la risposta
Il Silvagni, invece, sembra avere le idee più chiare di noi al riguardo e ci fa un bello scherzetto mischiandoci le carte:
Fra i cardinali si notava il Consalvi che amò la Braschi, e presso la quale andò tutte le sere immancabilmente Finché visse, lo che non gli impediva di amare donna Porzia Patrizi, assai più matura della Braschi, perché in quel tempo donna Porzia aveva quasi 51 anno e donna Costanza ne contava soli 41”.
Queste del Silvagni mi sembrano affermazioni atte più a denigrare e senza fondamento, comunque teniamo naturalmente sempre presente, che il nostro Cardinale non era un sacerdote e che era anche un bel ragazzo ed un buon partito.
Nel 1792, quando fu nominato Uditore di Rota, aveva soltanto 35 anni e chissà quante belle donne avranno tentato di ottenere i suoi favori. Comunque nel suo testamento egli ricorda effettivamente in modo particolare Donna Porzia Patrizi.
Per caso, trovo recentemente presso la Biblioteca Nazionale in Roma altre notizie riguardanti lo stesso l’argomento. Nel libro di Carlo Baldini (Spoleto, 24.12.1930), intitolato “La Galanteria nel Gran Mondo di Roma nel ‘700”, si parla esplicitamente delle conquiste femminili del nostro giovane Cardinale.
Il Baldini conferma i rapporti del Cardinale con la Braschi e la Porzia Patrizi, ma, stranamente, anche qualcosa di più. Ma dove ha preso queste informazioni? Saranno vere o è solo denigrazione?
Visto è che la bella Duchessa (parla di Costanza Braschi nata Falconieri), dopo il Monti (si riferisce al poeta trasteverino), sembra che ne aprisse poi qualche altra (parentesi), e, tra esse, una abbastanza nota col Gaddi, e poi un’altra non meno sospetta col Card. Ercole Consalvi (anche se in concorso, almeno apparente, di Donna Porzia Patrizia e, poi, della Marchesa Girolama Lepri)”.
Quindi, ricapitoliamo. Il nostro futuro Cardinale non avendo preso i voti, avrebbe potuto anche sposarsi. Esce dal Collegio e subito si innamora di una delle due sorelle Giustiniani, le quali, però, sono già promesse. Una diviene la principessa Isabella Ruspoli, mentre l’altra, Caterina, entra nella Casa Odescalchi con il titolo di Duchessa di Ceri.
Il Cardinale ricorda im modo particolare nelle sue Memorie la prima, la Isabella Ruspoli: “Assalita dal vajolo essendo gravida, dové lasciarvi la vita nella fresca età di circa 18 anni. Era uno specchio di virtù e tanto amabile quanto onesta e saggia. Dopo lo spazio di circa 28 anni, io sento la sua perdita oggi come quando avvenne.”
A questo punto, con il cuore a pezzi, il giovane Ercole Consalvi viene consolato dall’esperta Porzia Patrizi, iniziando una amicizia che praticamente non terminerà mai.
Ad un certo punto della sua vita è, in un certo senso, “costretto” ad avvicinarsi a Costanza Braschi, ma, egli è, a sua volta, avvicinato dalla Marchesa Girolama Lepri, bolognese e di Casa Serpieri, la quale, amante del Cardinale Ruffo, non ha una buona fama: “Quando tramontò la stella del Ruffo, pronta si volse al nuovo Astro, facendo tutto il possibile per divenire la Bien Aimée del Cav. Consalvi e sfruttarne il potere. E vi riuscì.” Questo afferma il Baldini!
Dando per scontato che sia vero quanto asserisce il Baldini, cosa che io dubito, esaminando il Testamento del Cardinale possiamo dedurre però che la Marchesa Lepri anche se così fosse, vi riuscì per pochissimo tempo. Il Cardinale era troppo intelligente per non liberarsi di un tale ingombro. Lo si deduce, appunto, dal Testamento, nel quale egli ricorda ed ordina delle Messe in memoria delle due sorelle Giustiniani, di Costanza Braschi e della Porzia Patrizi (che però non era ancora deceduta), ma nessuna in ricordo della Girolama Lepri.
Fatta questa analisi, riprendiamo il filo da dove l’abbiamo lasciato, e cioè dal momento dell’inizio della frequentazione di Casa Braschi. Sappiamo, a questo punto, che il nostro Cardinale, ricevuto il tanto desiderato “posto statale”, decide di incominciare a frequentare più assiduamente la Casa Braschi.
Non posso dire quanto grande piacere io ne provassi. Rendute al Papa le debite grazie, mi credei in dovere di professarne così a lui, che alla sua famiglia una eterna gratitudine.
Io mi trovava imbarazzatissimo per andare a contestarla al duca Braschi (Luigi Onesti Braschi) suo nipote. Ho detto di sopra che un eccesso di delicatezza mi aveva sempre fatto astenere dal frequentare la casa Braschi, temendo che potesse credersi che lo facessi per interesse dei miei avanzamenti.
Avendo conseguito con l’Uditorato di Rota tutto ciò che desideravo ed essendo risolutissimo di morire Uditor di Rota o di aspettare il corso naturale delle cose per divenirne il Decano e così passare al Cardinalato, considerai che il mio frequentare la casa Braschi diveniva oggetto di gratitudine e non più d’interesse.
Vinsi non senza molta sensibilità il ribrezzo che mi faceva il comparire in un luogo, dove non senza ragione mi si doveva vedere con poco piacere, tanto più che la casa Braschi aveva desiderato e chiesto invano quell’Uditorato di Rota per Mons. Serlupi suo parente.
Continuo a non capire come Papa Braschi abbia potuto rifiutare la carica al Serlupi suo parente.
Comunque il Cardinale era perfettamente consapevole di essere riuscito a “soffiare” il posto al Serlupi, tanto da notare che fu accolto con freddezza "non senza ragione".