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2000 – Mostra su Anselm Feuerbach a Livorno

MOSTRA SU ANSELM FEUERBACH A LIVORNO NEL 2000
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Già 13 anni fu inaugurata in Italia una mostra su Anselm Feuerbach.
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Però non a Roma, bensì a Livorno!
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Del perchè di questa scelta, lo scrissero i promotori stessi della Mostra.
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Articolo che riporto qui di seguito: cliccare anche su: Feuerbach a Livorno.

UN TEDESCO A LIVORNO
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Lavorando su Pietro Parigi e le xilografie avevo incontrato Dürer.
E, attraverso quest’ultimo, INCONTRO Friederich Anselm Feuerbach.

Infatti il 4 gennaio 1880 Feuerbach muore nel suo appartamento presso l’hotel Luna di Venezia. La salma viene trasportata a Norimberga e le esequie hanno luogo il 12 gennaio nel cimitero di San Giovanni di Norimberga, dove trova riposo vicino al sepolcro di Albrecht Dürer.
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Nel suo vagabondare, l’artista soggiornerà a Livorno da metà agosto fino alla fine di settembre del 1856 in cura presso il medico tedesco Dr. Alarzt, già medico di fiducia di Papa Gregorio XVI .

–Amore a prima vista: è quello che legò Anselm Feuerbach all’Italia. Era il 29 maggio del 1855 quando il pittore tedesco vi giunse per la prima volta, assieme al poeta Joseph Victor Scheffel. La meta era Venezia. Lo scopo, per Feuerbach, era realizzare, come materiale di studio per l’Accademia e Scuola d’arte di Karlsrhue, copie di Tiziano e Veronese. Per Scheffel, invece, condurre degli studi nella Biblioteca di San Marco e nel Palazzo del Doge. Entrambi erano accomunati dal desiderio di nuove, più intense esperienze. E la borsa di studio offerta dal principe reggente di Baden fu un ‘ottima occasione per lasciare il Paese di origine, fino a quel momento avaro nel riconoscere il loro talento.

In opposizione al naturalismo pittorico dei suoi colleghi contemporanei, Feuerbach creava quadri pieni di pathos e ricchi di personaggi legati alla storia. Così, mentre altri si ispirano alla vita caotica della città o immortalavano momenti di vita domestica, o ancora, riproducevano una natura bucolica fatta di boschi e prati, lui si misurava con temi come la storia di Medea, di Ifigenia e il Simposio di Platone e si dedicava a un rinnovato studio e a una nuova percezione della natura " perché ", come affermava l’autore, "la natura va sentita". Il suo percorso artistico, iniziato con gli studi condotti all’Accademia di Dusseldorf e successivamente a quella di Anversa, già aveva soddisfatto il suo interesse per i fiamminghi e, poi, lo aveva portato a perfezionarsi nel ritrarre il nudo maschile che dipingeva, in modo quasi monumentale, su tele di grandi dimensioni. In seguito, al Louvre di Parigi, a tu per tu con le opere di grandi maestri, come Rembrandt, Tiziano, Veronese, ma anche dei contemporanei francesi Couture, Courbet e Delacroix, si dedica alla perenne ricerca della bellezza ideale che, a suo dire, si può raggiungere solo attraverso la rinascita dei fondamenti artistici dei maestri dell’antichità e del Rinascimento.

Con questo spirito lascia una Venezia provata, che lo aveva accolto soffocata dalla calura estiva e invasa dall’orrore del colera. Prosegue il suo itinerario italiano passando per Padova, Bologna e Firenze. Si bea dei capolavori dei grandi maestri e ammira, appropriandosene, i principi stilistici rinascimentali. Non copia più le opere dei grandi né, nei suoi lavori. Si rifà ad esse. Il periodo dello "studio" si è ormai trasformato in una trasposizione individuale e autonoma di quello che amava definire il suo "pensiero esatto". In una lettera scritta in quel periodo l’artista, infatti, dice: "Benedetta l’ora che mi fece diventare padrone della tecnica per poter adesso seguire esattamente il vagare dell’anima".

A Roma giunge il 1° ottobre del 1856; vi rimarrà fino al 1873. Diventa socio dell’Associazione artisti tedeschi a Roma, frequenta assiduamente il salotto, aperto agli artisti, del musicista tedesco Ludwig Landesberg e per lui realizza "Dante e le nobildonne di Ravenna", che sarà esposta a Roma, Berlino e Francoforte. Per Wedeking, console a Palermo per il Principato di Hannover, dipinge invece il "Coro di Bambini". I piccoli modelli sono presi dalla strada. Nel suo atelier li osserva mentre mangiano e bevono e traduce in schizzi i mille momenti diversi. Stranamente, a Roma, non era facile disporre di modelli e, quei pochi che lo facevano per professione, non riscuotevano l’interesse del pittore.

Fu un vero colpo di fortuna quando, casualmente, si imbatté in Anna Risi. Moglie di un calzolaio di Trastevere, diventò, per cinque anni, la modella, la musa e l’amata compagna del pittore. In lei, l’artista aveva finalmente trovato la personificazione dei suoi ideali di bellezza. La ritrae in mille modi, affidandole, di volta in volta, il ruolo di Madonna ("Maria col Bambino tra gli angeli musicanti", Dresda, Staatliche Kunstsammlugen) o quello, profano, di una baccante ("
Nanna come baccante", Kultusministeriums,Stoccard) sovrapponendo alle interpretazioni idealizzate quelle di una sensualità quasi erotica. Feuerbach mette in scena rappresentazioni in cui nulla è lasciato al caso. Per la sua modella è lui che disegna abiti e gioielli e sarti e orefici li realizzano fedelmente. Persino le cornici sono costruite secondo i suoi ferrei desideri.

E’ in questo periodo che, come scrive Jurgen Ecker (curatore della mostra e del catalogo e detentore di un dottorato di ricerca sul tema "Anselm Feuerbach. Catalogo critico dei dipinti, schizzi e studi in olio"), l’artista giunge a "un’ elaborazione di un colore personale. Un colore che perde progressivamente lucentezza e diventa sempre più freddo mentre la luce tenue mira a superare le figure e la loro corporalità".
Di tanto in tanto Feuerbach torna in Germania, ma è l’Italia, ormai, il suo paese prediletto. Ed è a Venezia che, nel 1880, muore d’infarto.
Nel frattempo, le sue opere spiccano ormai nei musei pubblici d’Europa, sulle pareti di ville borghesi e nei saloni di mecenati della cultura.

E oggi, per la prima volta, dopo oltre un secolo, tornano in Italia.

Per celebrare e contraccambiare un amore tutto italiano.
Grazie all’antologica che Livorno gli dedica, nelle sale di Villa Mimbelli, fino al 3 dicembre 2000. Oltre sessanta lavori, tra dipinti e disegni, raccontano l’arte del pittore tedesco.

In altre parole, a Livorno Anselm Feuerbach soggiornò un mese e mezzo e lì lo ricordano con una mostra!
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A Roma, dove soggiornò alcuni anni e dove rese famose 2 donne romane, lo ricordano e … basta!

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Segue un altro articolo, riguardante questa mostra di Livorno, preso dal sito http://www.encanta.it/arte_Feuerbach.html:
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Anselm Feuerbach e l’Italia 

Le splendide opere del pittore tedesco in mostra a Livorno.

Nell’ambientazione ideale di Villa Mimbelli, Anselm Feuerbach, il grande pittore tedesco dell’Ottocento che cercava l’armonia tra la Classicità, la grande tradizione del Rinascimento italiano ed una nuova percezione estetica della natura, "ritorna" a Livorno. Nella città dove il clima e le cure dell’amico medico gli restituirono la salute, riscopriamo il pittore che amò fortemente l’Italia, dove si concluse la sua complessa evoluzione artistica, la sua vita dedicata ad armonizzare esteticamente la Storia e il Mito, matrice comune della nostra cultura coi nuovi fermenti artistici europei. Anselm Feuerbach è una delle personalità artistiche eminenti del XIX secolo. Nella storia dell’arte è considerato colui che completò il classicismo tedesco arricchendolo, al tempo, stesso con strumenti del realismo.
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Con il suo linguaggio figurativo ricco di pathos e le sue monumentali figure, che comunque contraddistinguono solo una parte della sua opera, egli si pone in netto contrasto con il Naturalismo pittorico dei suoi contemporanei. Già ai suoi tempi Feuerbach ebbe una posizione dominante tra quegli artisti che esercitavano una ripresa dei principi stilistici degli Antichi e del Rinascimento attraverso un rinnovato studio della natura. Egli era in perpetua ricerca e aveva lavorato per anni alla realizzazione della armonizzazione di natura e arte nelle sue opere. Secondo Feuerbach, così come secondo Goethe a suo tempo, l’opera d’arte non doveva rappresentare né una mimesi né un’immagine o un’immediata raffigurazione della natura, bensì la rappresentazione delle idee percepibili. Il mondo reale, la natura sono da considerare lo strumento per esprimere il mondo spirituale dell’artista; l’opera d’arte non doveva essere rappresentazione ma creazione e poesia.  L’oggetto della sua arte era sempre l’uomo, non così com’è, ma come potrebbe essere.
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Al termine del suo percorso di studi a Düsseldorf, Monaco, Anversa e Parigi Feuerbach si ritiene un pittore moderno, purtuttavia, non rimane a lungo in Germania. Mentre altri dipingevano la vita pulsante delle città e delle loro stazioni, delle loro industrie, aspetti di vita domestica, feste popolari, allegri avventori di osterie, prati, boschi e campi di papaveri, si affermò il suo interesse per la storia. Volle affrontare e ricreare temi come le vicende di Medea, di Ifigenia, il Simposio di Platone e la battaglia delle Amazzoni. Dove avrebbe potuto farlo al meglio? Nel 1929 Carl Neumann, in occasione di una commemorazione all’Università di Heidelberg, pronunciò la frase: "Sentiva esattamente ciò che lo separava dalla sua epoca, ma anche che Roma non era il luogo adatto per una qualsiasi arte moderna". Aveva realizzato le sue grandi opere, la grande pittura storica per i musei pubblici, e i quadri di medie e piccole dimensioni per le ville borghesi ed i saloni dei mecenati della cultura. Molte di queste sono oggi appese alle pareti dei musei. Lì ci si può immaginare di vedere ancora le opere nei luoghi cui erano originariamente destinate.
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"Anselm Feuerbach e l’Italia" è la prima esposizione monografica di Feuerbach in Italia. Il suo aspetto principale consiste nella poesia della sua creazione e in una diversa percezione estetica dell’opera d’arte, ambientata negli spazi di vita quotidiana di una villa dell’alta borghesia come Villa Mimbelli. La mostra è stata realizzata grazie ai generosi prestiti di istituzioni pubbliche, musei, gallerie d’arte e collezioni private.
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Organizzazione: Comune di Livorno e ICIT (Istituto Culturale Italo Tedesco) Livorno, a cura del prof. Jurgen Ecker.
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Ho comprato su eBay il Catalogo di questa Mostra, che deve ancora arrivarmi, dove spero di poter trovare, finalmente, un articolo del prof. Jurgen Ecker.


Ed un’altro ancora, preso dall’Archivio online del Corriere della Sera:
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CORRIERE DELLA SERA
1 AGOSTO 2000
di Borgese Giulia
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In mostra a Livorno le opere dell’ artista tedesco
che si innamorò del nostro Paese
e non tornò mai più a casa.
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IL NIPOTE DI FEUERBACH
CHE DIPINSE L’ ITALIA

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E’ questa la prima mostra in Italia del pittore
Anselm Feuerbach (1829-1880), che è per così dire un tedesco-italiano perché, dopo gli studi a Friburgo, a Düsseldorf e a Parigi, passò il più lungo periodo della sua vita di pittore, dal 1855 in poi, in Italia.
Cominciò con Venezia, dove era stato inviato dall’Accademia di Karlsruhe a eseguire copie di Tiziano e Veronese ad uso didattico per gli studenti di quella scuola d’arte; poi andò a Roma, tra le montagne del Trentino, a Napoli e Pompei e anche a Livorno, dove arrivò per curarsi al clima del Tirreno, e infine ancora a Venezia dove morì di infarto, nel suo appartamento all’hotel Luna.
E’ proprio Livorno che ospita questa esposizione, curata dallo storico Jürgen Ecker, al museo civico «Giovanni Fattori», sistemato nel 1994 nella ottocentesca villa Mimbelli. Circa sessanta opere tra dipinti e disegni, tutti provenienti dalla Germania, permettono di ripercorrere l’attività di questo pittore considerato tra i maggiori dell’ Ottocento tedesco. E per molti sarà una scoperta, quest’opera di grande eleganza raffigurativa, così pervasa dalla letteratura e dal paesaggio italiani e influenzata dal nostro Rinascimento, nonché da una raffinata cultura classica. Dovuta quest’ ultima all’influenza del padre che fu un grande archeologo e dello zio, il famoso filosofo Ludwig Feuerbach, che il nipote chiamava «einen Priester der Vernunft» (un sacerdote della ragione).
Nel suo lavoro, l’artista si dedica a ritratti soprattutto femminili – in cui ritorna il volto della prediletta modella italiana, Anna Risi detta Nanna, romana di Trastevere, conosciuta nel 1861 -, alle scene di genere e ai soggetti storici e mitologici come le vicende di Medea e di Ifigenia, la battaglia delle Amazzoni, il simposio di Platone, i Romani della decadenza.
Sono presenti in mostra anche alcune libere copie dai capolavori di grandi maestri, come il Concerto campestre o temi tratti dalla letteratura come Scena teatrale da Amleto, Laura nel parco di Vaucluse o il disegno preparatorio per Paolo e Francesca.
Il bel volto di Nanna ritorna come baccante e come madonna, come Virginia, Dama delle Camelie e incarnazione della Poesia: grande importanza, in questi dipinti molto decorativi, vien data alla posa, alle vesti e ai tessuti, ai gioielli e agli accessori: Feuerbach disegnava tutto personalmente e faceva eseguire da artigiani, sarti e gioiellieri.
Ecker nel catalogo scrive: «Questo artista nella storia dell’ arte è considerato colui che completò il classicismo tedesco arricchendolo, al tempo stesso, con strumenti del realismo. Con il suo linguaggio figurativo ricco di pathos e le sue monumentali figure, che peraltro contraddistinguono solo una parte della sua opera, egli si pone in netto contrasto con il naturalismo pittorico dei suoi contemporanei… Il mondo reale, la natura sono da considerare lo strumento per esprimere il mondo spirituale dell’artista; l’opera d’ arte non deve essere rappresentazione ma creazione e poesia».
La mostra: «Anselm Feuerbach e l’Italia», fino al 3 dicembre a Livorno, al Museo Civico «Giovanni Fattori» a villa Mimbelli.
Borgese Giulia