20 agosto 1823
muore Pio VII
“Se, per una parte Consalvi cominciava a riacquistare la salute, per l’altra quella del Santo Padre andava ogni giorno indebolendosi.
Addì 6 luglio, malgrado le raccomandazioni del Consalvi, il quale pregava, supplicava i camerieri a non abbandonar mai il loro padrone, senza che uno di essi gli fosse vicino, il Santo Padre cadde sul marmoreo pavimento.”
Ora siamo a luglio, ma l’Artaud racconta che a marzo “la salute del Cardinale Consalvi non ristabilivasi; pure si facea portare negli appartamenti del Santo Padre, col quale lavorava tre ore ogni giorno.
Addì 14 marzo si diede una piccola festa di famiglia al Quirinale, entrando in quel giorno il Santo Padre nel 24. mo anno del suo Pontificato.
Uno della Corte, avendo parlato a Consalvi di questa nuova data da inserirsi ne’ Brevi, “Ah! È lo stesso, rispose il Cardinale, il Papa ed io ce ne andiamo insieme!”
Il 20 agosto, cinque soli mesi dopo queste previsioni, Pio VII muore.
“Così morì il Sommo Pontefice, ci racconta l’Artaud, nell’età di anni 81 e giorni sei, dopo un regno di anni 23, mesi 5 e giorni 6.
L’Artaud racconta tutta la prassi post-mortem di un Papa: “Il Cardinale Pacca Camerlengo … il Cardinale Della Genga, vicario di Sua Santità …”.
Racconta anche che “secondo un’antica consuetudine, il Capo del Rione della Regola portavasi nelle pubbliche prigioni e metteva in libertà i carcerati, ch’erano 22, 18 uomini e 4 donne. (Naturalmente) si era presa nel giorno antecedente la precauzione di trasferire al Castello Sant’Angelo gli accusati di gravi delitti, di maniera che non v’erano in quelle prigioni che individui arrestati per leggeri colpe.”
“Il corpo del Santo Padre venne imbalsamato. Una folla immensa di gente copriva tutta la piazza di Monte-Cavallo ed alle ore 9 della mattina del susseguente giorno 22, il Papa venne trasportato in Vaticano.”
Sempre grazie all’Artaud, che aveva subito inviato le condoglianze al Cardinale, abbiamo nella risposta una testimonianza diretta di ciò che egli provava in quel momento:
“Ella ha ben ragione di credere ch’io debba sentire il più vivo dolore pel funesto avvenimento che tutti deploriamo; ella, che da tanti anni, conosce le intime relazioni che mi legavano a Pio VII. Le confesso che il dolore della sua perdita mi diventa ogni giorno più straziante. Fui per 24 anni testimone oculare di tanta sua bontà e delle esimie sue virtù!”
“Per Ercole Consalvi, commenta il Wichterich, scomparve l’amico migliore. L’espressione più esatta fu quella dell’Ambasciatore francese presso la Santa Sede, il Duca di Montmorency-Laval, che scrisse: «Vostra Eminenza ha perso un padre, un uomo che gli era amico da 24 anni. Risparmi la sua salute, si curi, cerchi di mitigare il suo dolore».
Nel suo Testamento del 1 agosto 1822, il Cardinale aveva lasciato detto:
“Considerando che sarebbe grandemente inconveniente che un Pontefice di così tanta fama, che ha così ben meritato dalla Chiesa e dallo Stato, come Pio VII, non abbia punto dopo la sua morte (possa Dio prolungare per molto tempo ancora i suoi giorni) un Sepolcro nella Basilica Vaticana, ho deciso di fargli erigere il monumento a mie spese nella suddetta basilica. A questo scopo, ho riunito una somma di 20.000 scudi romani.
Se dovessi morire prima di Sua Santità, come io desidero, il mio erede fiduciario avrà l’incarico di usare la somma fissata alla creazione di questo sepolcro, la cui esecuzione sarà opera dello scalpello del celebre marchese Canova, e, venendo egli meno, al celebre Cav. Thorwaldsen, e, se egli non potesse eseguirlo, ad uno dei migliori scultori di Roma.
Sul sepolcro dovrà essere incisa la seguente iscrizione:
POI VII, CHARAMONTIO, COESENATI, PONTIFICI MAXIMO,
HERCULES, CARDINALIS CONSALVI, ROMANUS,
AB ILLO CREATUS.
Il mausoleo avrà tre statue: sull’urna quella del Papa, ai due lati quelle delle due Virtù, la Forza e la Saggezza.”
Pio VII, invece, precede nella morte il Cardinale, il quale provvede egli stesso a far erigere in Vaticano dal Thorwaldsen ed a sue spese, il mausoleo in suo onore.
Ma anche qui vale, però, lo stesso dubbio precedentemente esposto nel capitolo sul Canova: perché, alla morte del Canova, il Cardinale non ha modificato il testamento (o “aggiunto”?) e perché nessuno finora si è mai accorto di quest’altra incongruenza?
Della malattia di Pio VII riporto in Appendice (A34) la relazione medica sugli ultimi suoi giorni, dalla caduta con rottura del femore, al “letto meccanico” inviato dal Re di Francia, citato anche dall’Artaud, al “purgante” come medicina contro la febbre, per arrivare ai “vescicanti” come altro rimedio che, come vedremo, verranno applicati anche al Cardinale.
Per quanto riguarda il “letto meccanico”, in un certo senso, dobbiamo ringraziare la malattia di Pio VII, se questa invenzione francese arrivò anche in Italia.
Al quel tempo era ministro di Luigi XVIII presso la Santa Sede il famoso Chateaubriand, il quale, come ci racconta l’Artaud, chiese al Re di inviare tale invenzione al Santo Padre.
“E, siccome l’infermo non poteva essere facilmente cambiato di posto nel suo letto, a motivo della frattura, Luigi XVIII, sulla domanda del nostro ambasciatore, inviò al Papa uno de’ quei letti meccanici di recentissima invenzione in Francia, che permettono di alzare un malato senza punto tormentarlo. Quando il signor Chateaubriand significò al Re questa domanda, quell’ottimo Principe s’occupò egli stesso di tutte le più minute disposizioni per la struttura e per l’invio del letto.
Addì 12 di agosto (1823) il popolo di Roma vide con sorpresa entrare per porta del popolo una carrozza spaccata in mezzo, cui erasi tolta tutta la parte destra per collocarvi il letto meccanico spedito al Papa.
Il corriere di gabinetto, incaricato nello stesso tempo di varii dispacci, era seduto nell’altra parte assai incomodamente.
Appena il malato fu posto su questo letto, sentì qualche sollievo. Ordinò che si dessero al corriere cento d’oppie d’oro, ed avendo chiesto un po’ di nutrimento, prese la sua solita cioccolata.”
La “cioccolata” è una costante anche nel testamento del Cardinale!