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1801, il Concordato, PARTE II

15 luglio 1801
IL CONCORDATO
PARTE II
Ma torniamo al nostro Cardinale che ci tiene a mettere in risalto l’importanza del suo scritto sul Concordato, perché così:
potrà questo scritto servire di base per rigettare e confutare qualunque altro che contenesse cause e avvenimenti e fini, che fossero in opposizione con quelli qui riferiti e, finalmente, farà conoscere con quali direzioni e qual fede siasi dalle due parti proceduto.”
A Parigi, lo Spina ed il Caselli, dove si trovavano già dal novembre dell’anno precedente, non riuscivano a trovare un accordo con Napoleone, provocando quell’irato ultimatum a Pio VII. E chi ci va di mezzo?
Ce lo dice il Cardinale stesso:
In una Congregazione Generale di tutto il S. Collegio, si decise, col voto unanime di tutti i Cardinali, la mia partenza per Parigi dentro le 48 ore, per tentare di farvi un Concordato in cui la S. Sede avesse potuto convenire.”
Col voto unanime di tutti i Cardinali”. Ci tiene il Cardinale a rimarcare questo dettaglio, ma, soprattutto, qui ritroviamo il fratello Andrea, che nel frattempo aveva messo la testa a posto ed aveva rinunciato a sposare quella famosa ballerina di Modena per la quale aveva perso la testa (e tanti denari!).
Io partii nel prescritto termine accompagnato dal solo mio fratello Andrea, che, spinto da grande amore per me, volle soffrire i grandi incomodi di quel viaggio e dividerne con me i pericoli, facendomi anche da Segretario, piuttosto che abbandonarmi.”
Non è esatto, perché oltre al fratello Andrea vi erano naturalmente i suoi fedeli “famigli” che saranno sempre con lui e che verranno da lui ricordati nel suo testamento. Soprattutto il fido Luelli, che abbiamo già incontrato mentre accompagnava l’allora Mons. Consalvi alla Certosa di Firenze nella pericolosa visita notturna a Pio VI.
Il suo viaggio verso Parigi se fu trionfale nello Stato Pontificio, non lo fu, però, né a Bologna né nella Repubblica Cisalpina. Ce lo racconta bene il Wichterich:
A Bologna, ed in vari posti della Repubblica Cisalpina, l’accoglienza fu indegna: passarono 11 ore per il cambio dei cavalli di posta; anche nella Repubblica Cisalpina i «patrioti» si fecero un vanto di mancar di ogni riguardo verso i prelati.”
La parola «patrioti» è stata virgolettata dal Wichterich (che era un sacerdote).
Alli 6 giugno 1801 partii da Roma per Parigi col mio fratello Andrea, per farvi il Concordato.
Il 16 giugno il Cardinale scrive da Lione allo zio Girolamo:
Eccole due righe da Lione, dove sono giunto questa sera, e ne riparto dimani, per essere in 3 giorni in Parigi, andando giorno e notte. Ho passato il Mont Cenys con rischio, facendo tormenta, che è un vento fortissimo, il quale talvolta getta a terra l’uomo e il mulo che lo porta. Faceva ancora la neve, onde credei di morire intirizzito: il patimento insomma fu grande. Di salute stiamo bene amendue”.
Non capisco come siano potute sfuggire queste lettere agli storici! Il 30 giugno, sempre da Parigi, scrive di nuovo allo zio:
Le scrivo due righe di qui, dove mi trovo da 10 giorni. La mia salute è ottima. Sono stato qui assai ben ricevuto, e trattato con tutta la cortesia, e decenza.
Godo che la personalità non possa nuocere all’affare, sentendo dire che ho avuto la fortuna di non dispiacere.
L’affare si sta trattando. Voglia il cielo che si possano conciliare le difficoltà che vi si incontrano, e concludere felicemente secondo i comuni desiderii. Da tal conclusione dipenderà l’epoca della mia partenza.
Intanto io vivo qui la vita che conviene al mio Stato, lasciando godere al mio fratello dei divertimenti, che qui sovrabbondano.
Non legga ad altri le mie lettere, perché possono essere mal riferite, anche senza malizia, e quindi nascerebbero delle voci da compromettermi ingiustamente.
Grande Andrea! Pensa sempre e solo a divertirsi! Il Cardinale, invece, è esattamente l’opposto: “io vivo qui la vita che conviene al mio Stato”.
Ai 20 o 21 giugno giunsi a Parigi, dove ai 15 luglio fu concluso e sottoscritto il Concordato.
Ai 23 di luglio 1801, se non erro, partii da Parigi per Roma, dove giunsi ai 6 agosto, recandovi il Concordato per la ratifica del Papa, la quale fu poi spedita a Parigi prima che spirassero i 40 giorni secondo il convenuto.”
Ora, come abbiamo appena letto, i 5 giorni dell’ultimatum concessi da Napoleone a Pio VII, alla fine sono diventati circa due mesi. Il viaggio Roma-Parigi si è portato via ben 15 giorni, ma 25 ce ne sono voluti per limare e definire l’atto del Concordato. Neanche ha fatto in tempo, il Cardinale, ad ottenere le due cariche del Cardinalato e di Segretario di Stato, che già si attirava i primi guai. Far attendere Napoleone con ulteriori 25 giorni di trattative non gli è servito sicuramente ad accattivarsi la sua simpatia. Al resto, cioè a peggiorare la situazione nei suoi confronti, ci penseranno due personaggi che tutti hanno conosciuto sui libri di scuola: il Talleyrand ed il Cardinale Fesch, fratello di Letizia, madre di Napoleone.