“Se io avessi voluto unire in qualunque piccola misura gli ufficii di quelli che potevano giovarmi presso il Papa, io potevo fare dei passi di gigante, come si fecero da più d’uno di quelli che erano stati miei compagni nella Accademia Ecclesiastica, e da altri prelati miei simili.
Ma oltre il mio proprio naturale alienissimo dal domandare e molto più dal fare la corte a chicchessia per i miei avanzamenti, io avevo avuto in questo genere un troppo buon maestro nella persona del mio tutore il Card. Negroni.
Egli dunque, e per massima e per prova di fatto in se medesimo, fin dai primi tempi mi aveva sempre, fra le altre buone massime che incessantemente mi inculcava (io pago questo tributo di gratitudine alla di lui memoria), specialmente inculcata anche questa, cioè di non dimandar nulla, ne fare la corte per avanzarmi, ma di procurare che un diligente adempimento dei miei doveri e una buona riputazione ne rimovessero ogni ostacolo.”
Dice esattamente "di quelli che potevano giovarmi presso il Papa, io potevo fare passi da gigante". Di chi parla? Molto probabilmente del Card. di York, da cui fu, comunque, continuamente aiutato. Lo vedremo molto bene in seguito.
Ed ecco l’affondo: "come si fecero da più d’uno di quelli che erano stati miei compagni nella Accademia Ecclesiastica, e da altri prelati miei simili."
Tenendo presente che egli darà ordine di pubblicare le sue "Memorie" soltando dopo 40 anni dalla sua morte, questa sua precisazione senza contraddittorio è una bella vendetta premedidata e, quindi, pregustata!
Di questi incisi ne troveremo altri nelle sue "Memorie"!