1493 – 1559 Camillo Orsini “da Limentana”
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Abbiamo lasciato il piccolo Camillo Orsini a 10 anni, orfano del padre Paolo fatto strangolare dal Valentino il 18 dicembre del 1502, e con tutta la famiglia degli Orsini in disgrazia.
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Lo ritroviamo, però, in quel drammatico lunedì del 6 maggio del 1527 con tutta la sua famiglia a difesa della città di Roma dall’attacco degli imperiali di Carlo V, i cosiddetti “lanzichenecchi”. Esercito imperiale di cui egli stesso aveva fatto precedentemente parte.
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Lo ritroviamo, però, in quel drammatico lunedì del 6 maggio del 1527 con tutta la sua famiglia a difesa della città di Roma dall’attacco degli imperiali di Carlo V, i cosiddetti “lanzichenecchi”. Esercito imperiale di cui egli stesso aveva fatto precedentemente parte.
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Il comando generale della difesa di Roma era affidato a Lorenzo Orsini. Suo figlio Giampaolo ed il colonnello Gianantonio Orsini guidavano la cavalleria.
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Camillo Orsini comandava una riserva di circa mille uomini. Aveva già 35 anni ed era un valente comandante. Ma a niente valse il loro coraggio, la riserva del resto era composta da artigiani e negozianti che furono quasi tutti massacrati.
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Gli Imperiali conquistano di slancio nella mattinata Borgo e nel pomeriggio Trastevere. Le truppe tedesche al comando di Corrado di Bemelberg e Corrado Hess e quelle italiane al comando di Luigi Gonzaga attaccano a Ponte Sisto provocando un fuggi fuggi generale.
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Renzo Orsini, il comandante pontificio, tentò di riorganizzare la difesa, ma gli rimanevano soltanto duecento cavalieri, tra cui Gianantonio, Giampaolo, Valerio e Camillo Orsini. Le forze in campo sono sproporzionate. Uno dopo l’altro i cavalieri incominciano a cadere. I pochi superstiti tentano di raggiungere i loro palazzi (quello degli Orsini si trovava affacciato sul lato meridionale della piazza di Campo de’ Fiori nel Rione Parione, costruito sull’antico teatro di Pompeo).
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A mezzanotte i comandanti dell’esercito imperiale, per ricompensare i loro soldati della vittoria, diedero il via al terribile saccheggio in cui la razzia, gli stupri e le uccisioni di cittadini, di suore e di chiunque si opponeva andarono avanti per giorni e giorni.
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Camillo Orsini comandava una riserva di circa mille uomini. Aveva già 35 anni ed era un valente comandante. Ma a niente valse il loro coraggio, la riserva del resto era composta da artigiani e negozianti che furono quasi tutti massacrati.
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Gli Imperiali conquistano di slancio nella mattinata Borgo e nel pomeriggio Trastevere. Le truppe tedesche al comando di Corrado di Bemelberg e Corrado Hess e quelle italiane al comando di Luigi Gonzaga attaccano a Ponte Sisto provocando un fuggi fuggi generale.
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Renzo Orsini, il comandante pontificio, tentò di riorganizzare la difesa, ma gli rimanevano soltanto duecento cavalieri, tra cui Gianantonio, Giampaolo, Valerio e Camillo Orsini. Le forze in campo sono sproporzionate. Uno dopo l’altro i cavalieri incominciano a cadere. I pochi superstiti tentano di raggiungere i loro palazzi (quello degli Orsini si trovava affacciato sul lato meridionale della piazza di Campo de’ Fiori nel Rione Parione, costruito sull’antico teatro di Pompeo).
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A mezzanotte i comandanti dell’esercito imperiale, per ricompensare i loro soldati della vittoria, diedero il via al terribile saccheggio in cui la razzia, gli stupri e le uccisioni di cittadini, di suore e di chiunque si opponeva andarono avanti per giorni e giorni.
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Camillo Orsini riuscì a salvarsi. Egli ebbe una vita, come si vede, molto avventurosa, che lo plasmò come valente soldato, condottiero e persino “Governatore”. In altre parole un personaggio vero, ancora tutto da scoprire.
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Camillo Orsini riuscì a salvarsi. Egli ebbe una vita, come si vede, molto avventurosa, che lo plasmò come valente soldato, condottiero e persino “Governatore”. In altre parole un personaggio vero, ancora tutto da scoprire.
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Subito dopo la morte del padre, era stato inviato dai suoi parenti, timorosi per la sua vita, a Napoli, alla corte di Ferdinando il Cattolico. Qui rimase pochissimi anni, il tempo di sentirsi “adulto” e di andare all’avventura. A soli 16 anni era già comandante di una compagnia d’arma al seguito di Bartolomeo D’Alviano, con il quale combattè contro l’Imperatore Massimiliano.
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Nel libro “Nomentum, Lamentana, Mentana” di Salvatore Vicario, vi è una minuziosa ed esauriente ricostruzione della sua avventurosa vita fino alla sua morte, avvenuta il 24 aprile del 1559. Una ricostruzione molto utile per chi volesse (scuole ed Amministrazione) realizzare una ricerca esauriente così da valorizzare questo storico personaggio che diede a Mentana non solo gli “Statuti nomentani” e regole precise sugli “usi civici”, ma anche un Ospedale che gli sopravvisse per oltre due secoli.
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