Pio XII e gli Ebrei

ROMA, venerdì, 20 aprile 2007 (ZENIT.org).

Ha suscitato molto clamore la dichiarazione rilasciata martedì dal Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, secondo cui il Pontefice Pio XII, il 25 ottobre 1943, firmò una circolare in cui chiedeva a tutti gli istituti religiosi di aprire le porte per accogliere gli ebrei perseguitati.

Questo documento smentisce in maniera definitiva la teoria di alcuni commentatori critici, i quali sostengono che i Vescovi, le religiose, i religiosi e i tantissimi cattolici che a rischio della propria vita salvarono gli ebrei dallo sterminio, lo fecero senza che l’allora Pontefice ne fosse minimamente a conoscenza.

In realtà, ancor prima di questa rivelazione, sono emerse innumerevoli prove di come l’intera opera di assistenza orchestrata dalla Chiesa cattolica nel tentativo di porre in salvo gli ebrei perseguitati fu decisa e ordinata dal Papa Pio XII in persona.

Il canonico di Assisi, monsignor Aldo Brunacci, ha raccontato e scritto in interviste e libri che “il terzo giovedì del settembre 1943, dopo la consueta riunione mensile del clero che aveva luogo nel Seminario Diocesano, il Vescovo mi chiamò in disparte nel vano antistante la cappella e mostrandomi una lettera della Segreteria di Stato mi disse: ‘Dobbiamo organizzarci per prestare aiuto ai perseguitati e soprattutto agli ebrei, questo è il volere del Santo Padre Pio XII. Il tutto va fatto con la massima riservatezza e prudenza. Nessuno, neppure tra i sacerdoti deve sapere la cosa”.

Brunacci, che, insieme al Vescovo di Assisi, monsignor Giuseppe Placido Nicolini, è stato riconosciuto come “Giusto tra le Nazioni” dallo Yad Vashem, ha sostenuto di aver visto la lettera inviata dalla Segreteria di Stato vaticana.

A conferma di ciò vi è anche la testimonianza che il professor Emilio Viterbi, docente dell’Università di Padova, un rifugiato ebreo ad Assisi, rilasciò il 6 gennaio del 1947, in occasione del settantesimo compleanno di monsignor Nicolini.

“Degli innumerevoli episodi che si potrebbero citare per illuminare sull’indefessa e santamente umanitaria azione che il Clero di Assisi ha compiuto a favore degli ebrei perseguitati sotto l’alta guida del suo Vescovo mons. Placido Nicolini che col più grande amore ed altissimo zelo ha così seguita la filantropica volontà  del Santo Padre”, disse in quell’occasione.

Il professor Viterbi raccontò che: “Durante l’ultimo periodo dell’occupazione tedesca il suo Vescovado era diventato asilo di un’infinità  di profughi e perseguitati, ciò nonostante quando mi recai da lui per chiedergli se, in estreme eventualità, avesse potuto ospitarmi assieme alla mia famiglia, egli con la sua grande semplicità e col suo sorriso bonario mi rispose: ‘Non ho di libere che la mia stanza da letto e lo studio, ma posso benissimo arrangiarmi a dormire in quest’ultimo. La stanza da letto è a vostra disposizione”.

Una storia simile la raccontò anche suor Ferdinanda dell’Istituto delle Suore di San Giuseppe di Chambry, a Roma. La religiosa rivelò che “fu il Pontefice Pio XII che ci ordinò di aprire le porte a tutti i perseguitati. Se non ci fosse stato l’ordine del Papa sarebbe stato impossibile mettere in salvo tanta gente”.

Il 17 marzo 1998 suor Ferdinanda ricevette dall’Ambasciata israeliana a Roma la medaglia di “Giusto tra le Nazioni” per aver contribuito alla salvezza di tanti ebrei durante l’occupazione nazista di Roma.

In quell’occasione per confermare le intenzioni di Pio XII, suor Ferdinanda mostrò una lettera del Cardinale Segretario di Stato Luigi Maglione inviata alla reverenda Madre Superiora il 17 gennaio 1944, in piena occupazione nazista.

Nella lettera il Segretario di Stato, a nome del Pontefice Pio XII e in riferimento ai tanti ebrei nascosti nell’Istituto, scrisse: “La Santità  Sua paternamente grata, implora perciò su cotesti così diletti figli le ineffabili ricompense della divina Misericordia, affinchè, abbreviati i giorni di tanto dolore, conceda ad essi il Signore un sereno, tranquillo e prospero avvenire”.

“Intanto, in segno di particolare benevolenza, la Santità Sua, riconoscente verso codeste dilette Suore di San Giuseppe di Chambry per l’opera di misericordia che esercitano con tanto cristiana comprensione, invia ad esse e ai cari rifugiati la confortatrice Benedizione Apostolica”, continuava la missiva.

Di come la Segreteria di Stato vaticana fosse in diretto contatto con i conventi che nascondevano gli ebrei, ha raccontato suor Maria Piromalli, dell’Istituto Pio X che si trova a Roma, in Piazza S. Pancrazio 44.

Nell’Istituto, fondato da don Guanella e gestito dalle Figlie di Santa Maria della Provvidenza, furono nascosti 44 ebrei tra uomini e donne.

Suor Maria Piromalli ricordò che Pio XII “ha lanciato un appello a tutti gli istituti religiosi di Roma per soccorrere gli ebrei” e aggiunse che ad avvertire il suo Istituto fu don Emilio Rossi.

Nell’opera dell’Archivio Segreto Vaticano, pubblicata nel 2004 con il titolo “Inter Arma Caritas. L’Ufficio Informazioni Vaticano istituito da Pio XII (1939-1947)”, risulta che don Emilio Rossi fosse il Segretario dell’Ufficio Informazioni per i prigionieri di guerra, della Segreteria di Stato, ovvero l’ufficio che si occupava dell’assistenza agli ebrei.