IL GIOCO DEL SIBILLONE

Alberto Fiorani mi chiede cosa sia il Gioco del Sibillone, nel quale Francesco Brunacci così tanto eccelleva.
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L’Accademia della Crusca ce ne da la spiegazione:
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IL GIOCO DEL SIBELLONE
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ACCADEMICI
D I
ANTON MARIA S A L V I N I
GENTILUOMO FIORENTINO
Lettore di Lettere Greche nello Studio di Firenze
e Accademico della Crusca.
Sopra alcuni dubbj proposti nell’Accademia degli Apatisti
TOMO SECONDO.
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VENEZIA,
APPRESSO ANGELO PASINELLI.
In Merceria all’ Insegna della Scienza
CON LICENZA DE’ SUPERIORI , E PRIVILEGIO.
MDCCXXXV.
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Sopra il giuoco del Sibillone
(pag. 415)
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Io non posso mai ripensare senza tenerezza insieme, e venerazione dell’animo mio a quel buon vecchio institutore chiarissimo di questa famosa Accademia, la quale, ancorché possegga un titolo severo, qual si converrebbe alla Stoica Scuola, d’Apatisti, o vogliam dire di uomini senza passione, pure è la fede delle amenità, delle gentilezze, e delle grazie più fiorite, che l’eloquenza, e la poesia porgere ci possano.
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Molti begli usi egli pose per far risplendere, e vivere questa Accademia, che egli decorò ancora del nome d’Università; poiché non volle, che sterili talora, e infruttuosi versi semplicemente vi germogliassero, ma maturi , e sensati discorsi in ogni arte ben nata, ed in ogni più ragguardevole facoltade, e scienza.
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Il proporre quistioni d’ogni ragione da chi regge il supremo carico d’Apatista, e lo sciogliersene da chicchessia gl’intrigati nodi per tutto l’anno continuamente, non è certo impresa da pigliare a gabbo, ma capace d’infinite, erudite, e dotte riflessioni, e campo amplissimo, e giocondissimo, per lo quale i virtuosi, e spiritosi ingegni possano tuttora spaziare, e esercitarsi, dopo le quali considerazioni, che non poco contribuirono all’aumento del sapere, e a perfezionare il giudicio, una varia, e vaga, ed utile ancora ricreazione s’appressa di poetici componimenti, a’ quali per avventura si sente tratta, e più naturalmente commossa, ed inspirata la giovane età, vigorosa, ingegnosa, e al poetico furore acconcissima.
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Ma perché le serie prose, e le studiate rime, cotanto qui frequentate, qualche più sensibile , e vivo atteggiamento avessero, e gli accademici nostri continuati esercizj non mancassero di qualche giocondo, e dilettevole frammesso, che col diletto insieme mescolata alcuna utilità ne porgesse, inventò ne’ tempi carnovaleschi un ingegnoso erudito giuoco, nel quale sollazzevolmente l’Accademia tutta passando il tempo, dalla noja, e dal rincrescimento, che contrarre si puote dalle troppo oltre spinte fatiche, si ristorasse.
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I nostri antichi, seguendo l’uso de’ Saturnali, ne’ quali giorni l’aurea semplicità del regno di Saturno con una innocente libertà si rinnovellava, una particella dell’anno, appunto in quel tempo, ch’egli comparisse più nuvoloso, e mesto, allo scherzo. al genio, al passatempo, per così dir, consacrarono, sapendo guanto maldurevole sia, e poco opportuna una ostinata attenzione al serio, ed al lavoro, e per esperienza conoscendo, come l’animo umano, dando una breve sosta alle fatiche, si rifaccia, e si consoli; i nostri Apatisti non ebbero l’animo armato di così rigida tempra, che la comune usanza in qualche parte non seguitassero, ne alcuna rimessione degli studj, e onesta rilassatezza ammettessero.
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A quello oggetto , come agevolmente si ravvisa, fu nesso in campo il piacevol giuoco del Sibillone, nel quale è lecito a ognuno l’interrogare il fanciullo, che fa da Sibilla, e secondo la risposta brevissima d’una sola parola, gettata in mezzo, come un oracolo, e quasi forte divina, gl’interpreti a ciò destinati, materia hanno larghissima, e fecondissima di far pompa de loro ingegni nell’acutamente indovinare la mente dell’oracolo, e dicifrarne i misterj; il quale cose dice preziosissime, e quel che é mirabile, sotto la vile scorza di basse, e comuni voci rinvolte.
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Grande sagacità ci vuole alla tenue traccia d’una parola andare subodorando, e cacciando la verità, traendola per sino dalla sua tana, che più bella preda all’umano ingegno esser non puote.
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Ha da trovare l’interprete, colto in un subito da nuova, e strana , ed inaspettata risposta, tra cose dissimili la similitudine, tralle sproporzionate la convenienza, e tralle distaccatissime, e lontane tra loro, l’attaccamento, e la vicinanza; la quale operazione più volte fatta, ammaestra il pensiero, ed addestra a concepire poetiche immagini, a legare, ed unire le cose per formare il bello, e’l maraviglioso de’ componimenti.
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Tre cose dee insieme accordare, e fare, che l’una all’altra corrispondentemente consuoni: il dubbio dell’interrogante, la risposta oscura del sapientissimo Oracolo, e la dichiarazione di quella.
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Lo scioglimento ha da aggiustarsi sulla dubitazione e da una sola voce trarsi fuora, e ciò che da Livio, grande autore della romana storia, d’un valente capitano fu detto; ch’egli era solito oblata casu fledere ad consilium, si può dire dell’accorto, e giudicioso interpetre dell’Apatistica Sibilla, che quella nuda parola, che, a caso dalla Sibilla pronunziata, gli si presenta, trae a mistero, e falla giocare in suo prò a seconda de’ lumi suoi.


Ho letto anche che in questo gioco le liti erano però frequenti, con accuse reciproche di trarre volontariamente in inganno l’interrogante, con l’intento di fargli fare brutta figura.