Elezione di Papa Chiaramonti, ovvero Pio VII

L’ELEZIONE DI PAPA CHIARAMONTI
Ci pensa il suo amico Artaud a completare quello che lui non ci dice. Certo il Cardinale non poteva prevedere che il suo amico Artaud un giorno avrebbe scritto un libro sugli avvenimenti dell’epoca, in particolare sul Conclave, raccogliendo tutti i documenti allora conosciuti e pubblicandoli nel libro “Storia di Pio VII” prima ancora dell’uscita delle sue “Memorie”. Le quali, a loro volta, pur essendo già state scritte, erano sconosciute a tutti e quindi allo stesso Artaud. Un bell’intreccio che ci permette però, fortunatamente per noi, di ricostruire gli avvenimenti in modo, direi, abbastanza esatto e completo.
Così il Cardinale, senza timore di essere smentito, dato che aveva ordinato al suo erede fiduciario, e successivi, che le “Memorie” dovevano essere pubblicate solo dopo 40 anni dalla sua morte, quando tutti i protagonisti non sarebbero stati più presenti, può permettersi di dire:
Molto meno niun Cardinale poté dire che, o direttamente o indirettamente, in tutti quelli tre mesi e mezzo, io dicessi o facessi dire a qualunque di loro una sola parola sul mio conto.
L’Artaud, come vedremo, smenitsce il Cardinale e ci racconta, con documenti alla mano, che il Cardinale fece molto di più! Prese, o gli fu espressamente chiesta, la parola, così da poter manovrare le elezioni secondo il desiderio del suo “gruppo”.
Tutto questo lui, però, lo omette nelle sue “Memorie” e ce lo racconta con una semplice frase:
Finalmente dopo tre mesi e mezzo convennero gli elettori nella persona del Card. Chiaramonti, a cui andarono a baciar la mano nella sera dei 13 marzo, per indi eleggerlo nello scrutinio della seguente mattina.”
Detto così, sembra quasi di leggere il solito comunicato. Invece questa frase del Cardinale ci dice che gli elettori “convennero” su un candidato comune la sera precedente alla elezione ufficiale. Non siamo abituati a che si dica apertamente che i Papi vengano eletti in base ad accordi prettamente “umani o politici”. Il Cardinale invece ce lo dice chiaramente ed in modo manifesto!
Ed ecco come l’Artaud, ripeto “amico in vita del Cardinale” e con documenti alla mano, ci racconta i fatti. In questo suo scritto l’Artaud chiama il futuro Cardinale “l’ingegnoso prelato”. Ce ne dà una immagine, che credo nessun altro Segretario di Stato abbia mai avuto nella storia dei Papi. E’ interessante notare che gli storici, a posteriori, paragonano il nostro Cardinale, per quanto riguarda “l’influenza” esercitata su Pio VII, alle figure dei Mazzarino e dei Richelieu per quanto riguarda le loro influenze avute nei confronti dei Re di Francia. E’ un paragone a prima vista sicuramente eccessivo, ma che poi, come vedremo in seguito, ha comunque una sua verità.
L’Artaud ci dà anche i nomi dei 35 Cardinali convenuti a Venezia. Ne mancavano 11 non intervenuti ed uno, l’ex Cardinale Antici, aveva dato le dimissioni poco prima a Pio VI. Sì, proprio così! Antici aveva dato le dimissioni! Si vede che una volta si davano le dimissioni!
Al Conclave di Venezia Antici aveva fatto un tentativo di rientrare, subito però respinto dai 35 Cardinali presenti, i cui nomi, oltre al Chiaramonti futuro Papa Pio VII, all’Albani Cardinale Decano, a Filippo Carandini, zio di Ercole Consalvi e, naturalmente al Cardinale di York, erano i seguenti: Antonelli, Valenti Gonzaga, Caraffa di Trajetto, Zelada, Calcagnini, Mattei, Archetti, Giuseppe ed Antonio Doria, Livizzani, Borgia (ancora?!?), Caprara, Vincenti, Maury, Pignatelli, Roverella, Della Somaglia (che un giorno sostituirà sotto Leone XII il nostro Segretario di Stato), Braschi (nipote di Pio VI), Flangini, Rinuccini, Honorati, Giovanetti, Gerdil, Martiniana, Hertzan de Harras, Bellisomi, Lorenzana, Busca, Dugnani, de Pretis e Fabrizio Ruffo (il tristemente famoso Cardinale della Controrivoluzione Napoletana!). Gli altri 11, che non poterono intervenire, erano: Sentmanat, Mendoza, Gallo, La Rochefoucault, Rohan, Montmorency-Laval, Frankenberg, Migazzi, Batbyany, Ranuzzi e Zurlo.
Bonaparte erasi portato colla sua fortuna e colla sua gloria in Egitto”, così inizia l’Artaud il suo racconto sul Conclave. Continua raccontando delle due fazioni che si erano subito formate, quella del Braschi che proponeva a Papa il Cardinale Bellisomi e quella dell’Antonelli che proponeva il Cardinale Mattei.
Chiaramonti, Albani e York, si presume quindi anche il Carandini, votavano per il Bellisomi. Per circa due mesi il Bellisomi ebbe 22 voti dal partito del Braschi e il Mattei continuò ad avere i suoi 13 voti dal partito dell’Antonelli. Ne servivano 24 per essere eletti.
Furono fatte tra le altre ipotesi quella del Gerdil, a cui, però il Cardinale Hertzan pose il veto. Finché, stanchi per le lunghe trattative e desiderosi di chiudere, due Cardinali del partito dell’Antonelli si dichiarano disposti a votare il Bellisomi, ma, sempre il Cardinale Hertzan, questa volta in un malaguarato eccesso di zelo nei confronti dell’Imperatore di Germania, chiede che venga rimandata l’elezione del Bellisomi a dopo la comunicazione al suo Imperatore, padrone di casa. Non dimentichiamo che Venezia apparteneva, allora, all’Austria.
Così viene fatto e viene inviato un corriere all’Imperatore, ma nel frattempo, mentre si aspettava la risposta, il Bellisomi perde di nuovo i due voti ed anche altri Cardinali si raffreddano. Chissà cosa avrà mai combinato il Bellisomi! Sicuro della sua elezione, deve aver parlato un po’ troppo ed aver anticipato i suoi progetti.
In questo stato di cose, i capi delle fazioni erano più che mai screditati. Era quindi necessario che altri personaggi, i quali sin qui si erano contentati di far le parti d’osservatori, cercassero di suggerire scelte convenienti.”
Uno strano modo per far entrare in scena il Consalvi. L’Artaud non ci spiega come sia stato possibile che “l’ingegnoso prelato” abbia potuto prendere la parola e dare dei giudizi sulle varie candidature.