ALFREDO Brunacci (1855-1936)

Alfredo Brunacci
22.2.1855 – 22.8.1936
"colombofilo"
sposato con Ida Bartolommeoni

Tempo fa trovai un articolo della Federazione Colombofila Italiana, nel quale si parlava di un certo Brunacci, colombofilo fiorentino.
Chiesi allora alla sig.ra Chiara Bisogni, vedova dell’avv. Berto Brunacci, se sapeva chi fosse questo Brunacci.
La risposta mi sorprese. Infatti quel Brunacci non era altri che il nonno del marito (vedere nominativo precedente) Berto, ovvero Alfredo Brunacci.
La sig.ra Chiara mi fece vedere anche un album fotografico in cui vi è una foto del giovane Alfredo.

Ma andiamo con ordine.
Inserisco qui di seguito, per primo, l’articolo che mi ha fatto "scoprire" dell’esistenza del "colombofilo" Brunacci:

http://www.colomboviaggiatore.it/pagine/storiareligione.htm

I colombi sono la prima specie di uccelli addomesticata dall’uomo: i primi antichi resti di colombaie risalgono ad oltre 3000 anni avanti Cristo.Conosciuti e apprezzati in Mesopotamia e nell’antico Egitto, oltre a rappresentare una fonte di cibo erano ritenuti animali sacri, simbolo di fecondità.Per i Greci e Romani il colombo era caro ad Afrodite, Venere, dea dell’amore.Nell’antichità Persiani, Assiri, Fenici ed Egiziani lo utilizzarono per trasmettere informazioni:per secoli fu il più veloce fra i mezzi di comunicazione. Cesare se ne servì durante la conquista della Gallia. Malgrado l’uso militare che nel tempo se ne farà, per molte religioni il colombo resta simbolo di pace e riconciliazione: nell’Antico Testamento, è una colomba ad annunciare a Noè la fine del diluvio.Per il Cristianesimo essa incarnerà lo Spirito Santo. Nelle tribù degli indiani d’America, il verso della colomba è di buon auspicio contro la siccità, per la sua somiglianza allo scroscio della pioggia.
Nel Medioevo in talune zone dell’Europa, solo agli aristocratici sarà consentito costruire colombaie e allevare colombi.Anche i Saraceni li utilizzeranno durante le Crociate.
Ma l’avvio del moderno sport colombofilo si avrà nel 1871, durante l’assedio di Parigi: circondati dalle truppe prussiane, i parigini comunicheranno con l’esterno della città solo attraverso messaggi affidati ai colombi.Durante le due Guerre Mondiali l’importanza bellica del colombo viaggiatore sarà ribadita: a molti, verrà addirittura conferita la medaglia al valor militare.
In Italia lo sport colombofilo ha radici molto antiche:Plinio racconta che, in epoca romana, a Modena era conosciuta una razza portamessaggi.Spetta proprio all’Emilia, attraverso i secoli il primato di abilità e passione, le razze allevate a Modena e Reggio Emilia in età medioevale furono cravattati e triganini; spesso incrociati col colombo selvatico, non offrivano garanzie di rientro oltre i cento chilometri.Nel 1878 una socità colombofila belga organizzò una gara da Parma, ma il maltempo non permise il rientro a molti colombi, che si rifugiarono nelle colombaie parmensi: era la svolta, anche se pochi colombi furono allevati in stato di purezza.Negli stessi anni un colombofilo fiorentino, il Brunacci, ottenne una coppia di viaggiatori belgi dal principe Demidoff. Qualche tempo dopo, nel 1875, Brunacci organizzò da Napoli un lancio per i suoi colombi: la notizia del rientro fece scalpore: a Firenze fu fondata la prima società colombofila, seguita da Modena, Reggio Emilia, Parma, Bologna. Nel 1902 vedrà la luce la Federazione Colombofila Italiana, che nel tempo conterà sempre più soci. Le vicende colombofile a cavallo fra i due conflitti mondiali si intrecciano, come già accennato, con quelle dell’esercito italiano, che dal 1935 raccoglierà colombi e colombofili sotto la propria tutela; un sodalizio interrotto solo ai giorni nostri, con l’abrogazione della legge 3086, e la Federazione approva infine lo Statuto che la configura come ente di "Pubblica Utilità" classificando il colombo viaggiatore tra gli animali di affezione.
Durante il lungo cammino attraverso il tempo che caratterizza la colombofila italiana, negli ultimi decenni si deve registrare che al dominio di una regione, l’Emilia, tradizionalmente legata al nostro sport; si affacciano realtà sportive ormai consolidate di Piemonte, Lombardia, Romagna e Campania, regioni emergenti, come la Sicilia, la Toscana, la Puglia e il Lazio: grazie alle centinaia di nuovi appassionati, fra tante ombre e problemi – ma altrettanto entusiasmo – lo sport colombofilo d’Italia si garantisce il viaggio più sicuro ed esaltante verso il nuovo millennio. 

Scrissi alla Federazione Colombofila Italiana, ma non mi seppero dire niente sul "Brunacci". Neanche il nome!

Fu a questo punto che chiesi lumi alla sigr.ra Bisogni Chiara.
La quale mi diede varie informazioni, tra cui come sbocciò in lui la passione per i colombi e della strettissima amicizia che Alfredo ebbe con un certo Alessandro Ghigi, bolognese, il quale alla sua morte ha lasciato la sua Villa al Comune di Bologna e dove Alfredo era benvenuto ospite.

Passa del tempo e trovo, sempre su internet, un altro articolo, dove, questa volta si parla esplicitamente di Alfredo Brunacci. 
Autore: proprio il sopradetto Alessandro Ghigi.

Riporto qui di seguito le parti dell’articolo dove viene citato Alfredo Brunacci, mentre lo si piò leggere in forma integrale in pdf:
FEDERAZIONE COLOMBOFILA ITALIANA
CENNI STORICI SULL’USO DEI COLOMBI PORTA MESSAGGI (VIAGGIATORI)
BREVE STORIA DELLA FEDERAZIONE COLOMBOFILA ITALIANA (fino al 1950)
L’IMPIEGO DEI COLOMBI NEL SERVIZIO MILITARE ITALIANO
estratto dal libro
(edizioni R.E.D.A anno 1950)
a cura di Fausto Martignoni, consigliere Federale F.C.I.
CENNI STORICI SULL’USO DEI COLOMBI PORTA MESSAGGI
Prime gare di velocità e prime società all’estero (pag. 336).
 
La consuetudine di far tornare da notevoli distanze i colombi viaggiatori e di indire fra loro gare di velocità, sembra che abbia avuto inizio nel Belgio fino dal 1818, nel quale anno ebbe luogo una gara da Francoforte sul Meno ad Herve su di un percorso di 250 chilometri. Il giuoco dei colombi viaggiatori assunse in Belgio tale intensità che, nel mese di aprile del 1882, soltanto in provincia di Liegi furono lanciati 463.750 colombi.
In Francia, dopo il 1871, sorsero una ventina dì società: a Parigi si aggiunsero a “La Speranza”, il “Messaggero dell’assedio” e la “Società Colombofila”.
I tedeschi approfittarono degli insegnamenti tratti durante l’assedio di Parigi e, a Colonia, nel 1881 fu fondata la società “Columbia” con più di 200 soci.
Altre società sorsero nelle principali città dell’impero germanico, compresa Berlino, e numerosi giornali di colombicoltura e colombofilia contribuirono a sviluppare la passione per l’allevamento del colombo Viaggiatore e per le gare di volo.
Anche i paesi che non erano stati coinvolti nella guerra franco-prussiana del 1870, si dedicarono all’allevamento del Viaggiatore belga: così l’Olanda, l’Inghilterra, l’Austria, la Spagna e la Russia.
 
Introduzione del colombo Viaggiatore in Italia.
In Italia, prima della importazione del Viaggiatore belga, le due razze caratteristiche italiane, il Triganino di Modena e il Cravattato di Reggio Emilia, servivano abbastanza bene per viaggi a distanze non molto grandi e così pure i viaggiatori di Parma, i quali derivano forse da incroci variamente compiuti fra le due razze ora menzionate ed il Torraiuolo. Secondo quanto ebbe a scrivere PIERO MANZINI di Modena, uno dei più valenti colombicoltori italiani che onorò me, giovinetto, della sua amicizia, nelle province del Ducato di Modena, si comunicavano i numeri estratti ai lotto, da città a città, a mezzo di colombi Triganini.
Il primo ad allevare in Italia colombi Viaggiatori di razza Belga puro sangue, fu il mio indimenticabile amico, ALFREDO BRUNACCI di Firenze nell’anno 1875.
Il principe DEMIDOFF aveva fatto venire dal Belgio parecchie migliaia di colombi Viaggiatori da”servire in un grandioso tiro internazionale. Il giovane BRUNACCI, appassionatissimo colombicoltore, ebbe in dono un colombo ferito ad un’ala e riuscì ad accoppiarlo con altro scampato al tiro. La coppia riprodusse in maniera incoraggiante e, fin dal successivo anno 1876, il BRUNACCI lanciò con buon successo tre paia di giovani Viaggiatori dalle vicine città della Toscana,
Nel 1877 egli fece, a sue spese e dandone notizia ai giornali, una lanciata da Napoli, la quale fece grande impressione nel pubblico e procurò al BRUNACCI e alla sua colombaia, visite di giornalisti, di autorità ed anche del tenente GIUSEPPE MALAGOLI . Questi, nel suo libro, del quale citerà vari brani, non fa mai il nome del BRUNACCI, ma la priorità degli esperimenti coi colombi Viaggiatori in Italia spetta a lui e non ad altri, come del resto ne fa fede anche GIULIO CESARE GIACHETTI nella sua “ Monografia dei Piccioni domestici” a pag. 290.
Prime società colombofile italiane. (pag. 338)
La prima società colombofila d’Italia, sorse a Firenze nel 1877 ad iniziativa del Rag. ITALO FORTINI, cui si assodarono il modenese PIETRO MANZINI, il rag. GIULIO CESARE GIACHETTI, ALFREDO BRUNACCI ed altri che io non ho conosciuto. Fra questi ultimi va citato AUGUSTO GONIN di Torino, direttore del periodico « La vita di campagna e, che fu eletto presidente. Il primo nucleo sociale fu costituito da 50 soci e, nell’aprile 1878, già ne annoverava 80.
La società istituì una colombaia sociale nella torre del palazzo Vecchietti, demolita alla fine del secolo scorso, per lo sventramento del centro di Firenze.
La colombaia fu popolata da colombi di pura razza Belga, donati in parte dal LA PERRE DE ROO, da G. B. SELLA e dal BRUNACCI e fu posta sotto la direzione di PIETRO MANZINI.
Ma lo statuto sociale conteneva un grave peccato di origine, quello di promettere dividendi ai soci.
Utili non vi furono i soci che non erano colombicoltori appassionati e che superavano già i 200, se ne andarono, i colombi furono venduti a privati amatori e la società fu sciolta il 6 febbraio 1880.
 
Ricostituzione della Società colombofila fiorentina.
Nel 1887, avendo il Ministero della Guerra prescritto che i colonibieri appartenenti alla medesima città, dovessero scegliere un presidente per poter concorrere alla gara governatiya, i fiorentini designarono il Rag. GIULIO CESARE GIACHETTI, il quale si adoperò per la ricostituzione della società, la qual cosa avvenne il 30 maggio 1888. Di questa ricostituzione ebbe gran merito GINO CAIANI noto ornitofilo, che fu un vero mecenate della società: le offerse la sede in due decorosissime sale al pian terreno della sua abitazione in Via Ricasoli 37 e, nominato cassiere, provvedeva a fin d’anno a far pareggiare il bilancio, coll’intervento di un anonimo, che la sua modestia e ritrosia gli vietava di svelare in sè stesso.
Erano gli anni in cui studiavo nel Collegio della Badia Fiesolana e quando uscivo talvolta con il BRUNACCI e quando più tardi tornavo spesso a Firenze per trovare mio fratello, la sede della Colombofila fiorentina era una delle nostre mete obbligate.

Ed in ultimo, ho trovato anche un libro del prof. Alessandro Ghigi, nel quale vi è il necrologio da lui scritto in memoria del suo indimenticabile amico Alfredo.
Questo libro, purtroppo, l’ho dovuto comprare per poter entrare in possesso del necrologio. 
Mi è costato una ragguardevole cifra, ma ora non so proprio cosa farne, visto che vi sono altri necrologi di persone sì importanti, ma non utili a questo sito.

Riporto qui di seguito il necrologio, con delle note aggiunte dal sottoscritto per spiegare meglio quanto vi racconta il prof. Alessandro Ghigi.
NECROLOGIO
in memoria di Alfredo Brunacci
dall’opera omnia: “Commemorazioni, 1936” di ALESSANDRO GHIGI,
 
ALFREDO BRUNACCI è spirato a Firenze, dopo lunga e dolorosa malattia, il 22 agosto 1936 in età di 81 anni, portati con giovanile energia fino al dicembre dello scorso anno.
L’avicoltura (1) italiana ha perduto uno dei più appassionati, dei più competenti, dei più simpatici suoi cultori: molti ricordano il contributo apprezzatissimo che egli dava nelle esposizioni avicole come giurato.
La maggiore benemerenza di lui, generalmente ignorata, è che egli è stato il fondatore dello sport colombofilo in Italia.
Nel 1880 il Principe Demidoff (2) aveva fatto venire a Firenze buon numero di colombi viaggiatori belgi per una partita di tiro a volo. Il giovane Brunacci che già era noto come appassionato colombicultore, potè entrare in possesso di una coppia di colombi che erano stati leggermente feriti al tiro. Si moltiplicarono ed egli, nel 1882, sotto il controllo e l’egida del quotidiano fiorentino il “Fieramosca” (3) fece il primo esperimento di lanciata da Napoli, conseguendo, tra la meraviglia generale, il più grande successo.
La colombaia Brunacci fu, per ordine del Ministero della Guerra, visitata dal Malagoli (4), noto colombicultore modenese; da quella lanciata e da questa visita nacquero le colombaie militari; contemporaneamente sorse la Società colombofila fiorentina che ebbe nel Brunacci il principale organizzatore.
Fu direttore del tiro a volo alle Cascine, da lui così ben tenuto con spirito esclusivamente sportivo, che nessun professionista riuscì mai a soppiantarlo in Firenze.
Un’altra passione, forse più potente di quella dell’avicoltura fu, pel Brunacci, l’uccellagione, che egli esercitava mediante prodina (5) e che lo faceva rinunciare a qualsiasi altro impegno durante l’autunno.
Abilissimo nell’appastare gli uccelli (6), finì col conservare richiami in voliera e questa si popolò poco per volta anche di una miriade di uccelli esotici che nidificavano; egli è stato, fra il 1890 ed il 1896, uno dei primi e maggiori allevatori italiani di ondulati (7).
Poi allevò fagiani, mentre curava polli di razze pregiate presso i contadini del vicinato: negli ultimi anni risorse in lui l’antica passione, quella dei piccioni..
Figlio di un egregio funzionario delle Ferrovie, seguì le orme paterne, raggiungendo il grado di Segretario alla Direzione della Società Adriatica.
Quando lo Stato assunse la gestione di tutte le reti e successivamente portò la direzione generale del movimento e traffico a Roma, il Brunacci fu con ogni insistenza pregato ad accettare il trasferimento nella capitale, dove avrebbe potuto raggiungere uno dei gradi più elevati. Ma la sua Firenze, il tiro a volo e la tesa (8) lo trattennero dall’accettare ed egli preferì di rimanere nella direzione compartimentale della sua città.
Pensionato nel 1915, riassunse volontariamente il servizio durante lo sciopero ferroviario del 1920 (9) e non isdegnò la funzione di capotreno.
Molte istituzioni fiorentine di beneficenza si giovarono dell’opera sua.
Ha insegnato a molti ad amare ed allevare uccelli; moltissimi ne ha allevati egli stesso, ma non ha mai scritto un rigo sui periodici di Avicultura.
La sua scomparsa ha lasciato un gran vuoto nella sua famiglia, alla quale la Redazione di questa Rivista (10) porge le più accorate condoglianze, e negli amici che gli volevano un gran bene.
ALESSANDRO GHIGI (11)

 

1) L’avicoltura, branca della zootecnica, è la pratica riguardante l’allevamento degli uccelli e gli aspetti culturali che ne derivano. L’avicoltura è intrapresa dall’uomo per diversi motivi: l’uso degli uccelli per ricavarne carne, uova e piume, la conservazione delle specie in pericolo di estinzione, l’allevamento di uccelli da compagnia od ornamentali.
3) non esiste più. Lo cercherò in archivio.
La prima Società, Colombofila Fiorentina, sorta in Firenze nel 1878, fece provare dal direttore tecnico Pietro Manzini la razza triganina nella propria colombaia di via degli Strozzi, ma sei mesi dopo, riusciti negativi gli esperimenti, l’abbandonava del tutto, sostituendola coi piccioni viaggiatori del Belgio. — Io ricordo che questa sfortunata prova dette origine a qualche scherzo per parte di taluni burloni ; un sonetto in vernacolo comparso in quei giorni, terminava così:
« Bucinan che ci sian degli avvocati,
Mi potesse vienire un accidente,
S’ in’ fra un mese e piccioni è un son pelati! »
5) La prodina è uno strumento di cattura a reti orizzontali e si presenta come un parallelogramma, dove 2 reti orizzontali sollecitate si chiudono su se stesse, “coprendo gli uccelli” una volta attirati a posarsi. Il tutto funziona grazie a un sistema di tensioni e leve con ancoraggi al terreno.
6) Appastare: avvezzare un uccello, tenuto in schiavitù o ingabbiato, a nutrirsi, ossia a non rifiutar il cibo, come fanno spesso per qualche tempo.
7) L’ondulato è essenzialmente un uccello granivoro, quindi la base della sua alimentazione deve essere costituita da semi miscelati in giusta misura.
8) non so cosa sia “la tesa”.
10) estratto dalla Rivista di Avicultura n. 9 – Settembre 1936-XIV.
 
11) Alessandro Ghigi, bolognese, grandissimo amico di Alfredo:
http://www.storiaefuturo.com/it/numero_4/articoli/1_memoria-alessandro-ghigi-rettore-bologna~33.html
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Nel 1894 qualcuno scrive sulla Rivista Italiana di Scienze citando Alfredo Brunacci ed i suoi risultati scientifici appena ottenuti nella "decorsa estate".

 
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RIVISTA ITALIANA DI SCIENZE NATURALI E BOLLETTINO DEL NATURALISTA COLLETTORE, ALLEVATORE, COLTIVATORE.
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Uccelli esotici in schiavitù e loro riproduzione.
Una questione importante che ha fornito tema a dotte e scientifiche discussioni fra gli studiosi di cose ornitologiche, è sempre stata la riproduzione degli uccelli esotici, imperocché il cambiamento del clima e del cibo rendevano, e tuttavia rendono difficile, la riproduzione di varie specie dei gentili uccelletti fra noi.
Credo quindi importante il fare notare come nelle voliere dei signori Alfredo Brunacci in Firenze, Alessandro Chigi in Bologna e Italo Mazzon a Villafranca Padovana, abbia avuto felice risultato la riproduzione di varie specie di augelletti, sia australiani, sia americani o d’africa, e per citarne qualcuna, dirò come il Mazzon abbia potuto crescere i Padda Orizivora, il Chigi dei bellissimi Platicervus eximius, ed infine il Brunacci, mercè pazienti cure e assidue premure, ha avuto la soddisfazione di ottenere la decorsa estate, una fertile riproduzione dei Melopsittacus undulatus dei Padda oryzirova grigi e bianchi, così pure dei Amadina fasciata, dei piccoli Mandarini rossi e isabella e delle lunette, ed a furia di grandi precauzioni, riuscì pure ad ottenere la riproduzione dei Bengalli, ma i figli di questi vissero solo pochi giorni.
La splendida voliera del Brunacci situata nella bella e aereata via del ponte, ha in questi giorni fornito piacevole tema a dotte conversazioni, non ultima per importanza, quella alla quale assistei, fra gli egregi e dotti ornitologi sigg. cav. G.C. Giachetti e Gino Caiani, ed anzi è in seguito a quella, che mi venne il desiderio, che adesso soddisfo, di rendere pubblici i risultati scientifici e pazienti dei signori Brunacci, Chigi e Mazzon.
Firenze, febbraio 94. G. De P.